CAPITOLO XXXII

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Aprì la finestra e socchiuse gli occhi alla ventata fresca che lo investì smuovendo le tende.

Cosa significava quel vento? In città non aveva mai sentito una folata così intensa.

Guardò il cielo, ma non sembrava promettere pioggia... no no, si disse, quel cielo tanto innocente significava solo una cosa: pioggia.

Ron allungò la vista lontano, verso il monte che si ergeva laggiù in tutta la sua imponenza. Non si era mai soffermato a osservare con quella attenzione il paesaggio e si rese conto che, tutto sommato, poteva essere anche accettabile. Bello non ancora, non volle spingersi fino a tanto. Bello era il panorama di Madrid, soprattutto quando calava il buio, oppure quello di Barcellona.

Notò in lontananza delle nuvolette grigie che stavano lentamente abbracciando il picco del monte.

-Stavolta non mi imbrogli, tempo montanaro- disse ad alta voce, soddisfatto. Il problema però era un altro: cosa faceva se fuori pioveva?

Beh, poteva mettersi una volta tanto a studiare un piano contro quel maledettissimo Mark Weber. Il pensiero di dover concludere la sua missione era sempre dietro l'angolo e lo disturbava silenzioso in continuazione. Prima lo portava a termine, prima sarebbe tornato tranquillo e, soprattutto, tornato a Madrid.

Si sedette alla scrivania ma qualcosa attirò il suo sguardo.

Vide un biglietto bianco che spuntava dalla fessura della porta dingresso. Corrugò la fronte: cos'era?

Si alzò e lo prese. Era ripiegato su se stesso solo una volta e si intravedevano delle scritte. Lo aprì e lesse:

Noi siamo alla casa nel bosco. Ci raggiungi? Nicholàs e Gordon

Strano, pensò, non era il loro modo di comunicare. Conoscendoli avrebbero fatto una specie di irruzione nella sua camera costringendolo ad alzarsi.

Oppure, rifletté, si erano resi conto che era particolarmente stanco e non avevano voluto disturbarlo. Infatti il giorno prima aveva gironzolato per tutti i paesi, controllando che Weber non avesse prenotato un discorso da qualche altra parte. Aveva scoperto solo quella sera che Weber non avrebbe potuto prenotare, al momento, per ragioni ovvie. Fatica sprecata, ma pur sempre fatica. Era tornato tardi alla sera e la notte aveva dormito sonni poco tranquilli, e quella mattina era ancora un po' intirizzito. Solo dopo un ulteriore riposo pomeridiano lo aveva fatto riprendere bene. Quell'aria di Capo Laguna, continuava a ripetersi, gli era fatale.

Dunque i suoi due amici si erano resi conto che era stanco e gli avevano scritto quel messaggio.

Si grattò il mento liscio. Ci stava.

Decise di andarli a trovare, ma al contempo prese con sé i documenti su Mark Weber; doveva ancora studiare il piano finale. Il grosso era fatto, ma adesso tutto il popolo doveva essere dall'altra parte completamente, non solo nell'incertezza come effettivamente, in quel momento, era.

Uscì ricordandosi, stavolta, anche di prendere l'ombrello. Le nuvole erano ancora lontane, forse sarebbe riuscito a raggiungere la casetta senza bagnarsi.

Attraversò velocemente il paese e, dopo circa dieci minuti, iniziò a intraprendere la strada sterrata; la sua mente si ostinava a concentrarsi sulla questione Mark Weber per evitare di pensare ad altro. Tipo a Margaret? Tipo a...

No no, Mark Weber, Mark Weber...

D'un tratto sentì un dolore improvviso alla schiena e si trovò per terra con la ghiaia sulla faccia.

"Ma cosa..." riuscì a pensare prima di venire afferrato per le braccia da qualcuno.

Fu costretto ad alzarsi e si vide di fronte un tipo mai visto prima. Aveva un cappello calato sugli occhi e un sorriso beffardo stampato sulla tonda faccia. La sigaretta gli fumava tra i denti.

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