CAPITOLO XLIV

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Margaret, dopo essersi ripresa un paio di giorni a casa dopo lo svenimento, era tornata a lavorare. Nonostante il medico avesse confermato, però, che ora era apposto, lei si sentiva prosciugata. Prosciugata da dentro.

Il padre era tornato a casa, la madre era tornata felice e pimpante e tutto era come prima. O, almeno, solo in apparenza.

Perché lei era cambiata.

Ora, mentre lavorava, puliva, si muoveva di qua e di là, non era più spinta da quello che la manteneva in forze prima, Perché ora non c'era più Ron Friedrich. Alle volte, le mattine, ancora si sorprendeva a guardare verso le scale attendendo che lui comparisse. Quando si accorgeva di quanto era stupida quell'azione, riprendeva le sue mansioni ma con un senso di vuoto che non la abbandonava più.

Una parte di lei se n'era andata insieme a Ron Friedrich.

Aveva sentito che lui era in prigione e questo, nonostante credesse che lui se lo meritasse, le lasciava un dolore soffocato dentro, che sembrava sul punto di esplodere da un momento all'altro. E un paio di volte, durante quella settimana e mezzo in cui lui era dentro, esplose davvero quel dolore, lasciandola tramortita, senza più lacrime e senza più fiato, senza più forza ed energia.

Si ripeteva che lui la aveva ingannata, la aveva usata. Ma non bastava, perché ora non ne era più molto sicura. E se lui, davvero, non avesse saputo niente? E se davvero lui non avesse saputo che lei era figlia di Mark Antony Weber? E poi, in fondo, nonostante il fatto che ciò che luomo stava facendo non era del tutto umile, che lo faceva per soldi e corrompendo le autorità, si poteva constatare che stava svolgendo un compito oggettivamente, come se ne svolge un altro. Perché qualcuno gli aveva ordinato di agire in quel modo; lui, di sua iniziativa, non lo avrebbe mai fatto. Anche se non era una giustificazione, per quanto ne fosse convinta non riusciva ad abbandonare l'idea che Ron era cambiato e che era un altro uomo. Un uomo migliore. E quel volto quando le aveva riferito queste cose era troppo sincero. Era sincero.

La rabbia immediata che era scaturita appena era venuta a sapere che dietro la rovina del padre c'era proprio Ron se n'era andata, dissipata lentamente al contrario di come era venuta, ma aveva tracciato dietro di sé solo feroce turbamento che consumava la sua anima di giorno in giorno. Più volte aveva pensato di andarlo a trovare in cella ma una volta lì che cosa gli avrebbe detto? Che lo aveva perdonato? No, perché non lo aveva perdonato. Oppure che ci aveva ripensato a quello che era successo? Questo sì, però era comunque troppo poco. In più, quel suo gesto era di per sé sintomo che qualcosa, nei sentimenti di lei, era cambiato, e Margaret ancora non desiderava far trapelare questo suo cambiamento.

Un giorno, alla locanda, sentì parlare un paio di uomini presso il bancone proprio di Ron Friedrich. Si appostò a pochi passi, mettendosi ad asciugare i bicchieri, e li ascoltò.

-Ah sì, penso che ormai non sia più dentro- disse uno e lei sussultò. Ron non era più dentro?

-Ah no?- fece quell'altro.

-Mi sembra, ma non sono sicuro, che lo abbiano tirato fuori in qualche modo, giusto ieri, mi pare.-

-Ma dai!-

-Sì certo, e che presto se ne ritornerà a Madrid, penso. Ormai qui a Capo Laguna non ha più niente da fare.-

Margaret era rimasta scioccata da quelle parole e mentre se ne tornava a casa, quel pomeriggio, continuava a rifletterci.

Ron Friedrich era uscito di prigione.

Per quanto era ancora arrabbiata con lui, sentire quella notizia la rasserenò e si rese ben presto conto che era proprio il fatto che lui fosse in cella che la faceva stare così male, perché subito dopo la notizia era tornata a stare un po' meglio.

Ci sono sempre stataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora