La locanda sorgeva ai piedi della collinetta che ospitava l'albergo dei tre, sempre di fronte al mare. Attorno ad essa si affollavano le abitazioni, tutte perlopiù piccole case con giardino.
Ron osservò l'insegna con su scritto "Locanda della Volpe" leggermente storta, il colore sui muri decisamente da ripassare e i vetri delle finestre opachi. Era una locanda vecchia, si capiva che il sale proveniente dal mare la aveva logorata, tuttavia sorgeva in un buon posto, era frequentata e si intuiva che con una buona ristrutturazione, che era comunque nei piani del signor Maxwell, sarebbe diventata bella.
Si avvicinò all'entrata notando subito che c'era molta gente; era appena iniziata la stagione estiva, molte persone giravano in ciabatte da spiaggia e ombrelloni sottobraccio. Era difficile pensare che stava andando in fallimento.
Quel via vai generale non gli dava fastidio, era abituato al clima attivo e vivace di Madrid. Il signor Clark, che stava camminando davanti a lui, accelerò il passo per entrare ma Ron gli gridò: -Aspettate!- Lui si fermò e si voltò incuriosito mentre l'uomo lo raggiungeva. -Non credo sia una buona idea entrare tutti insieme.-
Anche Margaret si unì al gruppo.
-Perché no?- chiese il signor Clark aggrottando la fronte.
-Si capirebbero subito le nostre intenzioni, e per il momento non è vantaggioso dimostrarle così repentinamente. Non dobbiamo dare nell'occhio, soltanto osservare un po' in giro e capire qual è il momento giusto per agire.-
-Cioè per andare a parlare al proprietario.-
-Esattamente. Parlargli adesso sarebbe, oltre che sconveniente, anche inutile. Non lo vedete? È tutto occupato.-
Il signor Clark e Margaret allungarono gli occhi verso l'interno della locanda; l'uomo annuì mentre lei si avvicinò a Ron e gli chiese: -È quello dietro il bancone con la camicia rossa?-
-No, quello è il fratello che di tanto in tanto dà una mano; è quello accanto con il grembiule bianco.-
Margaret lo individuò: aveva un paio di occhiali tondi e trasparenti appoggiati sul grosso naso aquilino e i baffi e i capelli bianchi. -Si dà da fare- osservò la ragazza allungando il collo oltre la spalla di Ron per vedere meglio. Lui percepì la sua vicinanza e fece qualche passo indietro. Ora andava meglio.
-Avete ragione- riconobbe il signor Clark aggiustandosi il papillon. -Ora limitiamoci ad osservare.-
-Io entrerei- disse la ragazza e Ron le lanciò unocchiata storta. Da quando in qua era lei a decidere?
-No- negò subito, più perché aveva proposto lei l'idea che per altro -facciamo quello che ha detto il signor Clark, guardiamo da qui e basta. Non è prudente farsi notare oggi, lui si ricorderebbe di noi e domani, a rivederci, capirebbe perché oggi siamo entrati.-
Il movimento di persone continuava intorno a loro.
-C'è molta gente- osservò il signor Clark.
-Non fatevi distrarre dalle apparenze, questa locanda sta degenerando- replicò Ron appoggiandosi su una gamba.
-La avete studiata prima di venire qui?-
-Diciamo che non ci voleva un genio per capirlo.-
-E come...- Il signor Clark si interruppe guardando oltre Ron, che si voltò. Il giovane vide Margaret accanto a un bambino che stava piangendo con un grosso peluche in mano. Non doveva avere più di quattro anni e indossava una maglietta arancione sotto le bretelle. Lei si piegò sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza, e quando gli parlò la sua voce era tenera e il suo sorriso rassicurante.
-Ehi, tesoro, perché piangi?- Allungò una mano e sfiorò amichevolmente il nasino del piccolo; lui sembrava rapito dalla ragazza e la fissava con grandi occhi. Aveva smesso di piangere.
Ron notò una donna, probabilmente la madre, assistere alla scena con espressione stanca. -Vuole portare Ted al mare, ma io continuo a dirgli di no e non mi ascolta.-
Margaret aveva momentaneamente alzato gli occhi verso di lei per poi riabbassarli sul bambino carichi di dolcezza. -Tesoro, sai perché la mamma non vuole Ted al mare? È semplice. Ted si sporcherà con la sabbia e il sale lo rovinerà. Diventerà un peluche sporco e vecchio presto, e tu non vuoi che Ted diventi brutto vero?-
Il piccolo scosse la testa con convinzione e il volto della ragazza si accese con un sorriso. -Allora lo lasciamo a casa, d'accordo? Ted ti aspetterà e poi andrete a dormire insieme.-
Il bambino fece di sì con la testa, poi tornò verso la madre e le porse il peluche. La donna guardò Margaret. -Grazie, non riuscivo proprio.-
Lei si alzò e si lisciò la gonna. -È tutto apposto.-
Ron vide la madre e il figlioletto allontanarsi, poi spostò lo sguardo sulla ragazza e notò il tenero sorriso con cui guardava il bambino trotterellare via. Quando furono abbastanza lontani, lei parve rendersi conto di colpo che i suoi due accompagnatori la stavano fissando. Ron tolse gli occhi immediatamente e si infilò le mani in tasca di nuovo, guardando in giro ma pensando a come lei aveva appena trattato il bambino che faceva i capricci. Sotto la facciata decisa e il tono autoritario che usava con lui aveva colto una sorprendente tenerezza che, doveva ammetterlo, era incredibile.
Inspirò l'aria marina per distrarsi e ritornare lucido e si obbligò a dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
-Bel posto.-
Non era il massimo delle genialità, se ne rese conto anche lui, ma al momento davvero non gli veniva in mente affermazione più intelligente.
-Che dite, signor Friedrich, torniamo stasera? Ci sarà meno gente.- Ron ringraziò mentalmente il signor Clark per avergli dato uno spunto su cui distrarsi e rispose: -Sì, alla sera ci sarà poca gente perché non c'è più il movimento per andare al mare.-
Roteò la testa sul collo. -La locanda sarà nostra.-
Ron esitò ancora nella sua stanza. Sapeva che la cena era già iniziata da già un quarto d'ora, mancavano infatti quindici minuti alle venti, tuttavia non aveva voglia di scendere a cenare con il signor Friedrich e Margaret. Cioè, e la cameriera.
Si obbligò a chiamarla così, cameriera, per le stesse ragioni che aveva concluso anche qualche ora prima; tuttavia, senza riuscire a coglierne il motivo, continuava ora a identificarla attraverso quel nome. Forse perché non la vedeva più come una semplice cameriera, dato che la stava vedendo tutti i giorni a praticamente tutte le ore, oppure perché quel nome sembrava calzarle a pennello...
Tentò di non pensare a lei, ma la sua mente continuava, volente o nolente, a vibrare su quelle corde. L'immagine della ragazza che sorride al bambino piangente insisteva a comparirgli davanti agli occhi come il ritornello di una canzone, e non riusciva a togliersela.
Aveva dimostrato una capacità di trattare i bambini fenomenale e una dolcezza che mai aveva visto prima in lei. Era nascosta oppure era stato lui a non vederla?
Si rese conto suo malgrado che questo aveva solleticato la sua curiosità.
Al tempo stesso, però, si accorse che la piega del viaggio stava prendendo la via decisamente sbagliata.
Aveva proposto la cameriera per un unico scopo: fargliela pagare. Pagare per tutti gli affronti che gli aveva mostrato e le risposte. Lui era un uomo di città laureato e lei osava rispondergli con quel tono? Come si permetteva?
Mentre pensava a queste cose fissando il baldacchino, sdraiato sul suo letto, sentì improvvisamente bussare alla porta e sussultò. Chi diavolo era?
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Ci sono sempre stata
RomanceLui è un uomo colto, astuto e ironico, capace di tenere sotto controllo qualsiasi situazione. Gli è stata affidata un'importante missione, che non può e non deve fallire. Ma le cose iniziano drasticamente a cambiare quando il suo compito viene a sco...