CAPITOLO XXXI

19 2 0
                                    

Il buio la travolse appena solcò l'uscio della galleria di celle del secondo piano. Dovette battere gli occhi più volte per abituarsi alla poca luce, e quando lo fece scorse subito una fila di guardie, ognuna davanti a qualche prigione. I loro cappelli, le loro divise, che le infondevano, un tempo, tanta sicurezza, ora erano solo sinonimo di dolore e paura.

L'ufficiale che aveva condotto Margaret e Agnes fin sopra le guidò ancora più dentro; la ragazza si strinse lo scialle sulle spalle (fortunatamente si era ricordata, all'ultimo momento, di afferrarlo prima di correre fuori dalla locanda) e si guardò intorno impaurita. I rumori erano di qualche detenuto che borbottava qualcosa di incomprensibile e lei si immaginò dei vecchi barboni dietro le nere sbarre. I muri neri sembravano essere sul punto di caderle addosso da un momento all'altro mentre le torce appese non facevano altro che rendere l'atmosfera ancora più tetra.

L'ufficiale si fermò subito alla prima cella e la aprì. Margaret lo raggiunse insieme alla madre e sgranò gli occhi nel vedere il padre dentro.

Suo padre era in prigione.

Osservò la brandina e il piccolo tavolo, sudici oggetti che parevano ironicamente voler rendere vivibile un luogo invivibile, e poi lui, l'uomo che era suo padre, accasciato contro il muro, per terra, con la testa affondata tra le gambe ritirate verso il petto. Non sembrava neanche lui.

Sentì un magone gigantesco mentre Agnes urlava:-Antony!- Il suo grido rimbombò tra le pareti ammuffite.

L'uomo alzò la testa lentamente, come se si fosse solo in quel momento accorto della loro presenza, e accolse senza reazioni l'abbraccio disperato della moglie. Margaret era immobilizzata all'entrata della cella, con gli occhi fermi e fissi sul volto cereo e apparentemente atarassico del padre.

Agnes prese a palpargli il volto come era sua abitudine, piangente. Gli chiese come stava, che c'erano stati dei disguidi, delle incomprensioni, equivoci, che sarebbe uscito presto. Lui rimaneva immobile, ancora, senza reagire. Per un attimo perse lo sguardo chissà dove, sembrando un vegetale. Quella visione era straziante.

-Antony per l'amor del cielo dimmi qualcosa- lo supplicò Agnes disperata. Quando la ragazza vide l'uomo ancora immobile, si riscosse.

-Padre- disse avvicinandosi. Si addentrò nella cella e raggiunse i suoi genitori. Si accucciò accanto a loro e mise una mano sulla guancia dell'uomo. -Padre- disse, stavolta più decisa -non rimarrete qui a lungo.- Si schiarì la voce, il magone improvvisamente scomparso aveva lasciato dietro di sé una scia di rabbia che si trasformò in sicurezza e determinazione. Non doveva andare così. E non sarebbe andata così.

-Noi siamo qui ora, ci senti?- Lui la guardò e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Non era atarassico. Era solo maledettamente disperato.

-È colpa mia- mormorò con voce arrocchita.

-No- lo interruppe subito Margaret, scuotendo con vigore la testa -no, ma a questo ci pensiamo dopo. Ora è il momento di pensare lucidamente sul da farsi, non dobbiamo scoraggiarci.-

-Colpa mia- ripeté lui fiocamente.

-No, colpa di questa gente che ha buttato dentro la persona più onesta di questo mondo- ribatté lei -ma-

-Mi hanno denunciato.-

Lei si interruppe e lanciò un'occhiata interrogativa alla madre, che però sembrava confusa almeno quanto lei.

-Come?- fece Agnes, una ruga profonda le si formò tra le sopracciglia.

-Qualcuno mi ha denunciato.-

-Come fai ad esserne così sicuro?-

Lui si alzò pesantemente e le due donne si scostarono, poi si alzarono anche loro. Tutti e tre si sedettero sul bordo della brandina. Antony iniziò a parlare guardandosi le mani. -Non sono finito dentro per il malcontento popolare o i disagi che sto portando in giro tra la popolazione. No, ma per colpa di un farabutto che mi ha denunciato. E non hanno neanche avuto la stupida faccia di dirmi chi è!-

-Padre, calmatevi, vi prego- lo supplicò la figlia accarezzandogli il polso.

-Glielo avrà detto quel maledetto porco, certo-

-Chi?-

-Quello che mi ha denunciato. Io ho il diritto di sapere chi è stato, ma non me lo hanno voluto dire, sicuramente è stato chiesto loro di tenere la bocca chiusa. Magari pure sotto compenso.-

-No, non facciamo conclusioni affrettate padre-

-Quindi sarà stato un uomo ricco, un uomo che ha soldi da sganciare e che si diverte a vedermi rovinato dentro questo inferno!-

-Antony smettila- disse pacatamente Agnes.

-Adesso smettiamola di pensarci e guardiamo al futuro- dichiarò Margaret -chiediamo al fratello del curato, che è avvocato, di difenderci. Sarà disposto a farlo, don Gregorio è nostro amico.-

-Non abbiamo abbastanza soldi.- L'uomo guardò a terra sorridendo tristemente.

-Sì che ce li abbiamo- rispose Margaret.

-Ma quelli sono per la scuola di Luke!- proruppe Antony alzandosi. Batté un pugno sul muro, poi si voltò di nuovo verso di loro, il volto solcato dalle occhiaie. -Come mandiamo Luke a scuola senza soldi? È impossibile trovare una difesa decente! E rimarrò qua dentro per il resto della mia vita!-

-No!- Margaret si alzò e lo fissò trafelata. Aveva il fiato corto ma parlò con forza lo stesso. -Non ditelo nemmeno! I soldi di Luke li troveremo, ora sto lavorando apposta, no? Ma adesso non è il momento di pensare a questo! A Luke mancano ancora due anni prima di finire e il tempo gioca a nostro favore per racimolare la somma necessaria. Intanto il problema sei tu e ora lo risolviamo!-

Fissò il viso del padre, dilaniato da quella situazione, e si impose a se stessa di fare tutto ciò che era in suo potere per non mollare anche lei.

Ci sono sempre stataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora