CAPITOLO XL

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-Ccome?-

Margaret sentì improvvisamente la bocca secca e guardò Ron come stordita. Lui alzò per un istante gli occhi verso di lei, per poi abbassarli di nuovo. -Sono stato io a denunciare tuo padre.-

La ragazza iniziò a respirare più affannosamente. -E perché, scusa?-

-La storia è lunga. Mi hanno ordinato di liberarmi in qualche modo, senza ucciderlo, di Mark Weber, perché stava iniziando a diventare pericoloso. Io ho accettato l'incarico e sono arrivato a Capo Laguna. Ho cominciato a costruire un piano per cercare il modo migliore di far smettere Weber di polemizzare contro i potenti, e alla fine mi sono spinto a chiedere che facessero girare una voce.- Si fermò un attimo. Margaret lo fissò attraverso la vista annebbiata, incapace di rendersi conto pienamente, in quel momento, di quello che lui stava dicendo.

-La voce era questa- proseguì l'uomo in tono arrocchito -che Mark Weber non volesse agire per il bene comune e dei più poveri, ma per diventare a sua volta uno dei capitalisti.-

-Ccosa?- Margaret si portò una mano sulla bocca e sgranò gli occhi. Lacrime amare cominciarono a segarle le guance. -Questa sciocchezza sei stata tu a diffonderla?-

-Sì, grazie ai Sanchez. Li ho pagati perché lo facessero.-

La ragazza iniziò a singhiozzare con più foga ma lui continuò. Non poteva fermarsi ora. Lei doveva sapere la verità, tutta la verità. -Ho aspettato un po' e ho notato che Weber stava vacillando, ma per farlo cadere ci voleva ben altro. Così mi sono deciso a denunciarlo, approfittando dell'importanza che riveste la mia persona. Sono andato alla caserma e poi ho chiesto che non si sapesse che ero stato io a fare la denuncia. Così rimanevo in posizione neutrale e dunque, di conseguenza, avvantaggiata.- Sospirò. -Ti giuro che non sapevo che che tu eri figlia dell'uomo che stavo facendo cadere miseramente. Se lo avessi saputo...-

-Non lo avresti fatto?- Margaret lo interruppe e lui alzò gli occhi. Quella semplice azione, alzare gli occhi, gli parve maledettamente faticosa, come se le palpebre fossero dun tratto diventate pesanti, incapaci di alzarsi per guardare lei.

-Non lo avrei fatto- disse.

-E tu credi che questa sia una giustificazione?- Ora il tono di voce della ragazza era ancora strozzato dal pianto ma Ron avvertì che era incrinata anche da qualcos'altro. Dalla rabbia. Che stava salendo sempre più.

-No, ma...-

-Ma niente!- urlò lei alzandosi di botto. L'uomo si alzò a sua volta, conscio che ciò che più temeva era diventato macabra realtà. -Margaret, ti prego...-

-No!- gridò di nuovo la ragazza. -Come hai potuto?- Scoppiò a piangere forte. -Come hai potuto!!- La sua voce era rotta dai violenti singhiozzi e lui la guardò distrutto. Sapeva che sarebbe andata così, cosa credeva? E la cosa che faceva più male era che lei aveva ragione, pienamente.

-Mi hai usata!- Margaret deglutì un paio di volte il magone che però si ostinava ad attanagliarle la gola. -Mi hai sfruttata per tutto questo tempo.-

-No! Ti assicuro che...-

-Non ti credo!- Iniziò a battere forte i pugni contro il petto di Ron che la lasciò fare. Se lo meritava quel dolore.

-Non ti credo più, ormai- proseguì lei fermandosi e facendo un passo indietro. Nelle sue iridi color dell'oceano infuocava la collera.
-Come hai potuto farmi questo? Sei un miserabile! Un maledetto cafone che fa del male alla gente solo per guadagnarci!-

Lui rimase zitto; su questo non poteva certo replicare.

-Come faccio io ora a crederti?- proseguì lei. -E se anche tu fossi sincero nel dire che non sapevi niente prima di fare queste cose orribili, io non potrei comunque perdonarti.- Lo superò di slancio e afferrò la sua borsa vicino alla porta. Fissò Ron con occhi furiosi, amareggiati, annientati dal dolore. -Non potrei comunque perdonare l'uomo che ha portato la mia famiglia sull'orlo del collasso, che ha buttato mio padre dietro le sbarre mentre rischia la galera a vita se non, peggio, la garrota. Non potrò mai amare l'uomo che ha distrutto la mia vita.-

Aprì la porta ma prima di andarsene si fermò ancora una volta e parlò senza voltarsi verso di lui. -Non saresti mai dovuto venire a Capo Laguna. Non saresti dovuto venire. Così io non mi innamoravo di te, verme.- Detto questo se ne andò facendo sbattere la porta.

Ron fissò a lungo in quella direzione, chiedendosi come avesse fatto, la sua vita, a precipitare nel baratro così improvvisamente.

Ci sono sempre stataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora