Capitolo 9

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Mark'pov
Il dolore che invadeva la mia testa mi fece svegliare. Carlotta dormiva beatamente al mio fianco. Sul comodino alla mia destra c'erano delle aspirine. Ne mandai giù qualcuna e contattai la società per informali che non sarei andato ad allenarmi.
-"Buongiorno."- disse Jessica sventolandomi davanti il pacchetto delle sigarette vuoto.
-"Buongiorno un cazzo."- dissi alzandomi dal letto sbadigliando.
-"Mark!"- disse seguendomi in bagno. -"Sicuramente non vuole stare con te."- proseguì.
-"Chiudi quella cazzo di bocca."- urlai.
-"Non ti permettere a parlarmi così!"- urlò.
-"Parlo come cazzo mi pare!"-
-"Non con me. Calmati!"- disse tirandomi uno schiaffo.
-"Ma che cazzo fai?"- urlai prima di sentire un pianto.
Spostai leggermente la testa di lato e vidi Carlotta che si asciugava le lacrime nella manica destra del suo pigiama rosa mentre con l'altra stringeva il peluche a forma di unicorno che le avevo regalato quando aveva un anno.
-"Sh..."- dissi inginocchiandomi davanti a lei. -"Va tutto bene."- dissi accarezzandola.
-"Perché state urlando?"- disse singhiozzando.
-"Niente principessa. È tutto a posto..."- dissi stringendola a me.
La presi in braccio ed andai a cercare, nella cabina armadio, il ragazzo che le aveva comprato Hope il giorno prima.
Appena diedi la busta a Carly, si tranquillizzò e la scartò velocemente. Era un peluche di Stitch.

-"Grazie zio!"- disse abbracciandomi

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-"Grazie zio!"- disse abbracciandomi.
-"Te l'ha regalato Hope, vuoi ringraziarla?"- dissi prendendo il telefono.
-"Siii."-
Le mandammo una registrazione su WhatsApp.
Rispose subito.
"Non puoi farmi pena usando una tua nipote."
"Ci possiamo vedere?" Le scrissi.
Visualizzò il messaggio e non rispose.
La chiamai.
Rispose ma non disse niente.
-"Hope, non fare la bambina e vediamoci per parlare."- dissi.
Nessuna risposta.
-"Hope!"- e giù con la prima bestemmia.
-"Non bestemmiare."- disse impassibile.
-"Scusa ma mi manchi..."- dissi passandomi una mano tra i capelli.
Mi chiuse la chiamata così. Senza un motivo.
Lanciai il telefono a terra e lo lasciai lì.

I giorni passavano e lei non era con me. Carly e Jessica tornarono a Madrid.
Decisi di seguire Hope all'Università quando non avevo allenamenti.
Occhiali scuri, felpone con il cappuccio, scarpe sportive e jeans.
Non mi vide mai ma io la vedevo sempre. Sguardo basso e sorriso spento. Mi sembrava di essere tornato al liceo.
Non mi avvicinai. Non volevo fare scenate.

Durante uno di quei pomeriggio andai a fare la spesa.
Mi avvicinai a prendere la cioccolata calda e qualcuno mi sfiorò la mano.
-"Scusa."- disse.
Quella voce mi sembrò familiare.
-"Tranquilla."- dissi voltandomi e facendole l'occhiolino.
Mi sbagliai. Non avevo mai visto quella ragazza.
Occhi verdi, capelli biondi e la pelle candida.
-"Prendila tu!"- disse indicandomi la confezione della cioccolata calda.
-"Se ti va puoi venire da me. Con questo tempaccio ci vuole una bella cioccolata calda."-
-"Nemmeno ti conosco."- disse stringendosi nelle spalle.
-"Piacere Mark."- dissi facendole l'occhiolino.
-"Karol."- disse sorridendo.
-"Perfetto. Ora ci conosciamo. Vieni con me?"- dissi.
Alzò le spalle.
-"Magari questa sera. Ora devo tornare all'università."-
-"Ti accompagno."- dissi.
Annuì.
Salimmo in macchina.
Frequentava la stessa università di Hope.
Il tragitto fino all'università fu abbastanza tranquillo. Le poggiai la mano sulla coscia un paio di volte e lei mi scompigliò i capelli.
Parcheggiai davanti all'ingresso.
Karol afferrò la sua borsa e, dopo essere scesa dalla mia auto, si avvicinò al mio finestrino.
-"Quindi ci vediamo questa sera?"- disse piegandosi in modo che io potessi vedere la scollatura.
-"Certo."- dissi facendole l'occhiolino.
Si chinò ancora di più e mi schioccò un bacio sulla guancia.
In quel momento vidi che Hope ci stava guardando.
Ed il modo in cui mi guardava non prometteva niente di buono.
Karol si avvicinò alle sue amiche ed Hope si avvicinò alla macchina.
-"Cosa ci fai con quella?"-disse indicando Karol.
-"Sali."-
Si sedette al posto del passeggero e non disse niente.
-"Allora, che vuoi?"- dissi.
-"Perché eri con quella?"- disse mantenendo la calma.
-"Non sono fatti tuoi."-
-"Invece si, cazzo."- urlò.
-"Non urlare. Io faccio quello che cazzo mi pare. Non posso starti sempre dietro per soddisfare i tuoi capricci da bambina viziata."-
Appena finii questa frase mi arrivò uno schiaffo.
-"Sei tu il bambino viziato."- urlò scendendo dalla macchina e sbattendo lo sportello.
Sbuffai e tornai a casa.
Il tempo sembrava non passare mai così decidi di farmi una passeggiata al centro.

Mi ritrovai davanti ad una gioielleria.
C'era un anello spettacolare.
Lo vedevo bene nella mano di...Hope.
Cazzo, lei era il mio pensiero fisso. Sarebbe stato inutile fare finta di niente, ignorare i miei pensieri. Lei era sempre lì. Camminava senza sosta nella mia mente ed a me piaceva vederla lì. Dio, quanto mi piaceva. Lei. Nelle sue contraddizioni, nei suoi giorni no, nei suoi sorrisi spontanei, nel momento in cui metteva su il broncio, nelle sue imperfezioni che si incastravano nelle mie, alla perfezione.
Sono stato un coglione. Un grandissimo stronzo. La faccio solo soffrire. Sempre.
Allora decisi di starle accanto da lontano.
Le mandavo dei fiori a casa, dei gioielli, dei libri. Tutto ciò che pensavo potesse piacerle lo compravo e glielo mandavo. E lei sembrava apprezzare quei piccoli gesti. Lo vedevo quando postava le foto su Instagram o su snapchat felicissima.
A volte la seguivo all'università ma senza farmi vedere da Karol. Non volevo far spezzare ancora di più il cuore di Hope.
Lo volevo tutto intero il suo cuore, volevo la sua felicità e tutto, così, sarebbe andato per il meglio.
E volevo che anche il mio cuore restasse integro. Senza scheggiarsi o spezzarsi completamene ma ciò che vogliamo è sempre diverso da ciò che accade.

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