Era però passata; la sensazione degli occhi dello sconosciuto dal così bell'aspetto, sul mio corpo, era svanita.
A giorni di distacco, sembrava soltanto uno sbiadito ricordo di una sensazione strana, mai provata.
E le parole sul mio taccuino erano il ricordo più vivido di quell'istante che io possedessi. In realtà, non perché non volessi, ma non riuscivo a ricordare bene quegli occhi e forse sarà stata per questa ragione che poi quello sguardo era svanito dalla mia mente.
Inoltre, tra il lavoro, i miei genitori che pungevano perché io iniziassi a concretizzare l'idea del mio futuro ed il tentativo invano di confortare il cuore di Amanda lacerato dalla sua rottura con Liam, la mia mente si era distratta.
Il lavoro, in libreria, occupava gran parte del mio tempo libero e nonostante fosse un lavoro che amavo, dopo un po' stancavo e certe volte stentavo a tenere gli occhi aperti.
Avevo poi espresso ai miei genitori il mio desiderio di voler scrivere un libro tutto mio e loro ne erano stati così felici. Eppure, nel momento in cui mi sedevo e decidevo che era iniziato il momento di dare vita a quell'idea, finivo per scrivere tutt'altro. Non era così semplice, forse perché, in fin dei conti, non c'era nulla su cui potermi basare, di cui poter effettivamente scrivere.
Ed infine c'era stato il pianto disperato di Amanda il giorno in cui, dopo un rumoroso litigio con Liam, era corsa da me ed aveva confessato della sua rottura e della sua paura che ogni cosa che con lui aveva costruito, fosse per sempre finita. Odiavo vederla in quello stato, come in quegli ultimi giorni. Era distante, sempre con la testa da tutt'altra parte, a volte la trovavo in bilico alle lacrime; lei non riusciva a stare senza Liam, ma questo la evitava in ogni modo.
A volte, forse, essere tanto compatibili, non porta a buon fine.
Ad ogni modo, Erick aveva pensato ad un modo per farli incontrare e parlare.Seduti sul divano di casa mia, io ed Erick guardavamo un film. Ma nessuno dei due prestava veramente attenzione alle immagini che il televisore rifletteva.
Eravamo preoccupati per Amanda, che aveva preferito restare a casa piuttosto che guardare un film con noi, e generalmente la maratona di film era qualcosa che non si perdeva. Spesso, trascinava Liam con se, e forse fu esattamente per questa ragione che preferì restare a casa.
Ogni cosa le ricordava di loro due insieme.
Mi appoggiai al cuscino, giocando con il telecomando.
Sia io che Erick restammo in silenzio, persi nei nostri pensieri, fin quando lui non aprì bocca.
"Ti ricordi che Liam aveva detto di un'altra mostra d'arte?"
Lo guardai, annuendo.
"Perché non ci portiamo Amanda? Magari si rivedono e finalmente parlano un po'." Propose.
Mi morsi il labbro inferiore, pensando un attimo alla sua proposta.
"Pensi che sia una buona idea?" Domandai, incerta.
Non sapevo quanto Liam avrebbe gradito la presenza di Amanda; lei sicuramente non si sarebbe tirata indietro, pur di parlargli.
Tra i due, forse, la più razionale e la più innamorata era lei.
Per quanto fossero compatibili, a volte, Liam sapeva essere un tipo molto rancoroso; motivo di ogni loro raro litigio.
"Certo che lo è." Affermò Erick.
Io annuii, sussurrando una conferma.
Tornammo a guardare il film, fin quando il sole non calò ed io non chiusi gli occhi addormentandomi rannicchiata sul divano.
Due occhi verdi sbiaditi di uno sconosciuto sognai fino al mattino.
Ma capita che un sogno non lo ricordi e ti sforzi da impazzire per cercare di capire cosa la tua mente ha proiettato durante tutta la notte, tanto da farti battere così forte il cuore e da lasciar aleggiare sulla tua pelle ogni emozione.
Ed io mi svegliai con quella strana sensazione addosso, di due occhi tanto belli sulla mia pelle, ma non riuscii mai a ricordarli, a rivederli tra le immagini di quel sogno.
Frustrata, mi spostai sul divano, dov'ero rimasta per tutta la notte, notando Erick seduto sulla poltrona e con gli occhi ancora chiusi.
Restava spesso a dormire a casa mia, per i miei genitori non era mai un problema; conoscevano Erick tanto da considerarlo un figlio. E tante volte, io stessa, guardandolo negli occhi gli chiedevo di restare, perché da quando i suoi genitori erano morti, potevo soltanto immaginare quanto si sentisse solo.
Forse non avrei mai amato questo ragazzo, ma non avrei mai potuto negargli il mio affetto perché io, con Amanda ed i miei genitori, eravamo l'unica famiglia che gli restava, in cui rifugiarsi dai problemi.
Spostai le coperte dal mio corpo, sedendomi sul divano e sfregandomi gli occhi con i pugni chiusi. Sbadigliai mentre mi alzavo dal divano e mi chinavo verso di Erick, per svegliarlo.
Mossi delicatamente il suo braccio.
"Erick." Chiamai il suo nome in un sussurro.
I suoi occhi lentamente si aprirono, mettendo a fuoco la mia figura.
"Ehi." Sussurrò con voce assonnata.
L'ombra di un sorriso sul suo viso.
Mi morsi il labbro, allontanandomi dal suo corpo.
I miei genitori erano seduti al tavolo in cucina, mio padre con una tazza di caffè, mia madre con una di latte. Sorrisi, dando loro il buongiorno, seguita poi da Erick, che si accomodò al fianco di mio padre; io li guardai, appoggiata allo stipite della porta, ancora una strana sensazione tra le ossa.
Come se il mio corpo percepisse che preso il suo sguardo ancora su di esso si sarebbe posato.
Per giorni quella sensazione era stata distante, quasi dimenticata, ma quel sogno sfuggito aveva ricordato inconsciamente al mio corpo cosa si provava ad avere quegli occhi tanto belli sulla pelle.
Ad ogni modo, io non capii e distrassi la mia mente con pensieri differenti, non curandomi di quello strano senso sul corpo.
Passerà ancora, pensai.
Lo facevo spesso: non mi curavo di ciò che turbava, o confondeva la mia mente. E spesso questo, non mi agevolava.
"Avete dormito bene, ragazzi?" Domandò dolcemente mia madre.
Io annuii soltanto, Erick rispose.
Continuarono la loro colazione parlottando dei programmi delle loro giornate, io tastai una fetta di pane con un goccio di marmellata, persa tra immagini di ricordi sbiaditi.
Mi piaceva ricordare.
Ricordare emozioni, sensazioni, desideri, momenti. Anche senza un motivo ben preciso, c'erano cose, azioni, che mi portavano a ricordare.
Come quel momento, in cucina con Erick e i miei, a ricordare tutte quelle volte in cui mia madre da bambini ci aveva preparato la colazione.
Erick si alzò dalla sedia, avvicinandosi a me.
"Chiami Amanda per dirle della mostra? È oggi pomeriggio, lo sai?" Mormorò.
Con il capo accennai un sì.
Mi seguì in salotto, afferrai il mio cellulare, cliccando sul nome di Amanda.
Non tardò a rispondere.
"Scarlett?"
La sua voce era bassa, raschiata da chissà quante lacrime, spezzata da chissà quale dolore.
Aggrottai la fronte, mangiandomi le unghie.
"Io ed Erick volevamo andare alla mostra d'arte, ti va?" Domandai, dolcemente.
Amanda tardò a rispondere. Riuscivo a sentire il suo respiro irregolare, sicuramente dettato dall'angoscia e dal timore di poter rivedere l'uomo che amava.
"Ma ci sarà anche Liam." Sussurrò.
"Lo so." Sussurrai anch'io.
Attimi di silenzi coprirono ancora quel tempo, prima che Amanda aprisse di nuovo la bocca e parlasse.
"Non vorrà vedermi, Scar." Disse in un fiato.
E dalla sua voce traspariva ogni singola goccia di dolore, ogni paura, il suo terrore di perdere Liam, che era sempre stato la sua parte migliore.
Amanda una volta mi disse che con lui riusciva a sentirsi completa; aveva trovato il suo posto giusto nel mondo: al suo fianco.
Io allora mi domandai se anch'io un giorno avrei conosciuto questo tipo d'amore, se anch'io mi sarei sentita alla stessa maniera.
Perché a pensarci, a me sembrava una cosa così assurda.
"Ma tu provaci, o non lo saprai mai." La incoraggiai.
Sospirò.
"Va bene." Acconsentì.
Sapevo fosse un po' scettica di questa decisione, ma andava fatto.
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Di Vetro [HS]
FanfictionTi guardo dormire e mi chiedo come hai fatto ad arrivare fino a questo punto; mi chiedo ancora com'è stato possibile spezzare il tuo cuore fino a portarti a tanto. Forse sei di vetro: appari così forte, ma ti distruggi al primo impatto. ___ Stato: c...