35. Irrazionale

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Dopo quella notte, tutto sembrava soltanto continuare a sgretolarsi.
Erano passate settimane, un mese intero e più, Harry era diventato sempre più taciturno, sempre più distante, non parlava con nessuno, con me apriva a stento bocca, spariva intere giornate e quando poi la sera passava a casa mia, o io andavo a casa sua, non si degnava a darmi una spiegazione, ma si limitava a scuotere le spalle, o a rispondermi in modo seccato quando provavo ad insistere. Quando poi iniziavamo a discutere, ed io odiavo assolutamente litigare con lui, soprattutto perché dopo la morte di suo fratello sapevo quanto si sentisse angosciato tutto il tempo e per certo un litigio con me non lo aiutava, alzavo bandiera bianca e mi arrendevo, accantonando qualsiasi tipo di frustrazione o rabbia, cercando di rimediare e fare pace. Finivamo allora tra le coperte di un qualunque letto, a baciarci e a dormire insieme abbracciati per l'intera notte. Il giorno dopo le cose non cambiavano ed io mi ritrovavo ad affrontare la stessa routine, ad accumulare ansia e nervosismo fino ad avere male allo stomaco, costretta poi dall'impossibilità di poter dare sfogo allo stress che mi tormentava quando Harry non c'era e nemmeno rispondeva al cellulare.
Aveva smesso persino d'andare al suo studio. L'aveva svuotato, buttando ogni quadro senza pensarci troppo, rifiutando qualsiasi ordine ricevuto negli ultimi giorni da parte di chi, ovviamente, non conosceva la sua situazione momentanea, chiudendo le porte di quel posto e non mettendoci più piede durante il corso delle settimane.
Quel giorno, come succedeva ormai da un po', mi svegliai di colpo e per niente rilassata. Il fatto era che dormivo ormai, sì e no, quattro ore e nonostante arrivassi sfinita sul letto, nel momento in cui Harry mi abbracciava e si lasciava cullare, perché era ormai solo sotto le coperte ed in piena notte che mi permetteva di stargli così vicino e dargli un po' di conforto, mentre io lo guardavo, che una sensazione spiacevole di incompletezza e paura mi avvolgeva, rubandomi ogni traccia di stanchezza e sonno. Era come se avessi una brutta sensazione, come se il pensiero che Harry potesse nascondermi qualcosa, sparendo e non facendosi vivo per tutto quel tempo, mi consumasse.
Le persiane della mia stanza erano leggermente aperte, lasciando passare qualche flebile raggio di sole, frenato comunque dalle tende. Mi guardai attorno, notando i miei vestiti appoggiati ordinatamente sulla sedia e quelli che Harry si era tolto buttati invece sul pavimento.
Spostai lo sguardo su di lui, che si era praticamente steso su di me, abbassandosi per appoggiare la testa sul mio petto, facendosi spazio con le gambe tra le mie e con le braccia ricoprendo il mio bacino. Non era una posizione poi così comoda per me, ma quando succedeva che si addormentava in quel modo, non riuscivo mai a chiedergli di spostarsi, la sua espressione rilassata ed addormentata mi frenava per paura di svegliarlo ed interrompere quella sua momentanea tranquillità.
Passai, dopo attimi di titubanza, la mano tra i suoi capelli. Mi faceva ancora un po' strano vederlo con quel taglio e non avere più quella lunga chioma riccia in cui passarci le dita, ma non potevo negare quanto quella nuova capigliatura gli donasse; i suoi lineamenti erano più visibili, il suo bellissimo viso più scoperto; era assolutamente bellissimo.
Si mosse leggermente, sfregando una gamba tra le mie, ma continuando a dormire mentre io continuavo ad accarezzare i suoi capelli. Solo dopo un po' sospirò profondamente, facendomi capire che si era svegliato, ma restando comunque nella stessa posizione, senza permettermi allora di poterlo guardare negli occhi.
Scesi con una mano sulle sue spalle, accarezzandolo, per poi passare i polpastrelli delle dita sul suo viso, delicatamente e dolcemente, sperando che cogliesse quel mio gesto come un invito a guardarmi. Rimase per altri minuti a fissare dritto davanti a se, ma alla fine alzò la testa e mi guardò negli occhi. Non gli dissi nulla, ma mi concessi pochi minuti per guardarlo e sentirmi tremendamente triste, quando notai come i suoi occhi fossero tanto rossi e le sue iridi così spente, molto lontani dagli occhi limpidi e brillanti di cui mi ero follemente innamorata.
Portai le mani sulle sue braccia, stringendo le dita e attirandolo a me e nonostante io non avessi la forza necessaria per spostarlo, lui capì il mio intento e si sollevò per distendersi al mio fianco con il viso finalmente all'altezza del mio. Chiuse gli occhi e sospirò quando lo abbracciai, sfregando la punta del naso sul suo, accennando un sorriso quando lui strinse le dita sui miei fianchi. Allungai una mano sotto le coperte per afferrare quella che aveva stretto la mia pelle, l'alzai, giocandoci e facendo combaciare le nostre dita, sotto il suo sguardo curioso e la sua bocca silenziosa; l'unica risposta che ottenni a quelle mie attenzioni furono le sue dita a stringere le mie.
Eppure erano quelli i momenti che amavo, quelli che probabilmente più di ogni altra cosa in quelle settimane mi mancavano. Il silenzio piacevole, le carezze, gli abbracci... i baci.
"Posso baciarti?" Chiesi, inaspettatamente.
Quasi come se nell'ultimo periodo dovessi ricevere il permesso per baciarlo.
Avvicinò il viso al mio ed in una risposta silenziosa fece combaciare le nostre bocche. Il cuore in gola che mi scoppiava. Fu breve, delicato, leggero, ma bastava più di qualsiasi altro bacio.
"Vorrei poter restare così per sempre." Sussurrai con gli occhi chiusi e la fronte appoggiata sulla sua.
Sapevo che i suoi occhi invece mi stavano scrutando ed in qualche modo stessero cercando di combattere qualsiasi tipo di lotta il suo cuore si trovava ad affrontare costantemente da un po' di tempo a quella parte. Alla fine, quasi come se si fosse arreso, si alzò dal letto, senza dirmi più nulla e sparendo dietro la porta del bagno.
Il lato più oscuro, quello più buio e triste della sua anima, aveva appena vinto quella battaglia.

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora