4. Stravolgi la mia quiete

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Mi piaceva.
La sensazione dei suoi occhi sulla mia pelle, non era più estranea, non mi intimoriva più, ma era qualcosa, che standogli vicino, avevo iniziato ad apprezzare.
I suoi occhi provocavano una bruciante sensazione allo stomaco e nonostante potesse sembrare a primo impatto fastidiosa, non appena passava, era come se ne sentissi la mancanza.
Mi chiudeva lo stomaco, mi faceva tremare le gambe, ma quando poi lui era distante ed ogni simile sensazione di placava, riuscivo soltanto ad immaginare il momento in cui mi sarei sentita così ancora una volta.
Mi piaceva da impazzire, così quanto mi piaceva Harry.
Il mio interesse nei suoi confronti non lo rivelavo ancora, lo tenevo nascosto nella mia mente, tra i miei desideri più nascosti, lontano da Amanda, lontano da Erick; come se nasconderlo potesse un po' alleviare quella paura che avevo e non ammettevo di innamorarmi di qualcuno e di lasciarmi totalmente andare.
Ma in silenzio passavo tanto di quel tempo a pensarlo e a ricordarlo.
Un silenzio che agli occhi di mia madre non era passato affatto inosservato e di conseguenza più volte mi aveva domandato il motivo di tanto tacere, di tanti pensieri e tanti sorrisi soffocati.
Io sviavo sempre il discorso, timida per i miei sentimenti ed i miei interessi.
Ma mia madre mi conosceva più di chiunque altro e sapeva, forse anche meglio di quanto concepissi io, che ogni mio atteggiamento portava un nome.
Conoscere Harry era forse stata l'emozione più devastante nella mia vita.
Ma non sapevo bene come comportami, cosa dire, o cosa fare; ed Harry era sempre così pacato, così calmo, così silenzioso.
Passava il nostro tempo insieme a guardarmi, ma non muoveva mai un passo, non pronunciava quasi mai alcuna parola se non perché io lo obbligassi quasi con le mie tante domande, ma mi guardava e cercava nei miei occhi ogni cosa che io al mondo nascondevo.
Chiunque nasconde dei segreti, ma io mi sento così spoglia e così nuda difronte quel tuo sguardo.
Dopo la cena non ci eravamo più rivisti, né tantomeno sentiti. Non ci eravamo scambiati alcun numero di cellulare, nessun indirizzo, lui aveva soltanto rivolto un invito a cena per quel pomeriggio dopo una settimana, ma senza aggiungere altro.
Harry era fatto così: odiava programmare, odiava tutto quello che c'era di predefinito, diceva che le cose non vanno mai come ci aspettiamo ed è per questo che non ha alcun senso aspettare qualcosa che poi forse non arriverà; ma io dovevo ancora imparare a conoscerlo.
"Harry è...particolare." Aveva detto Liam in quei giorni, "devi imparare a capirlo."
Ed un po' le sue parole mi avevano intimorita, perché cosa in me quel ragazzo avrebbe apprezzato?
Non conoscevo il suo passato, poco sapevo del suo presente ed i suoi silenzi erano così infinitamente tanti.
Il poco tempo che avevamo passato insieme prima del nostro appuntamento era stato ricco di parole taciute e respiri mancati.
Eppure, nello stesso istante in cui i nostri occhi s'incontravano, tutte quelle dannate volte, sentivo come se i suoi occhi avessero così tanto da dire, così tanto da urlare, anche troppo, fino a non farsi sentire.
Ma la certezza che di lui avrei voluto conoscere ogni sfaccettatura era sempre più concreta.

In casa mia c'era silenzio, i miei genitori erano usciti per una sorta di cena romantica, io ero rimasta da sola ad aspettare che Harry arrivasse.
In realtà, ai miei non avevo confessato di avere un appuntamento con un ragazzo, ma di passare soltanto un'altra delle solite serate tra amiche con Amanda.
Generalmente odiavo mentire, soprattutto a loro che in me avevano sempre e comunque riposto così tanta fiducia; ma non mi andava nemmeno di confessare di quell'appuntamento, considerando il fatto che in cose simili ero sempre stata piuttosto riservata.
Ripassai un'ultima volta il mascara, sbattendo le ciglia per farlo asciugare.
Avevo puntato sul semplice, scegliendo un semplice paio di jeans, abbinati ad un top nero e ad un giubbotto in pelle bordeaux. Non ero mai stata il tipo da troppi gioielli o cose luccicanti, il mio interesse cascava sempre su ciò che era più semplice e meno estroso.
Suonarono al campanello proprio quando riposai il rossetto in borsa; corsi ad aprire la porta ed Harry, bello da morire, mi sorrise.
Anche lui aveva affidato il suo abbigliamento al casual, indossando perfettamente un paio di jeans neri, che più volte gli avevo visto indossare, ed una camicia nera con dei fiori rossi.
Gli sorrisi, bagnandomi le labbra con la lingua, mentre la mia mente era ancora incastrata tra tutta la bellezza che i miei occhi avevano ammirato ed il cercare invano un modo per respirare.
"Ciao." Disse.
Ma la mia mente completamente scoppiò, quando si chinò, poggiando in un modo tanto delicato le labbra sulla mia guancia sinistra. Indugiò sulla mia pelle con le labbra, con la mano toccò il mio braccio.
"Sono in ritardo?" Domandò quando fu lontano dal mio volto.
Scossi il capo.
La pelle del mio volto bruciava dopo il tocco delle sue labbra e sentivo ancora il suo dolce profumo indugiarmi addosso.
"Mi ha dato Liam le indicazioni e come navigatore non è il massimo." Ridacchiò.
Risi, annuendo.
Poi mi porse un braccio, permettendomi di allacciare il mio al suo, camminando fianco a fianco fino alla sua auto.
Harry possedeva una grande auto nera ed elegante, in ottime condizioni; immaginai fosse innamorato della sua auto così come succede ad ogni uomo.
Salii su di essa, guardandomi attorno e beandomi del suo fresco profumo, che dentro la vettura, era più forte.
Una cosa che negli uomini avrei sempre apprezzato era il buon odore e certamente Harry ne aveva uno che ti mandava in tilt.
Il silenzio tra entrambi calò, mentre lui guidava ed io lo guardavo ammaliata.
E non c'è ragione per cui i miei occhi, ad oggi, debbano smettere di guardarti.
E anche se, forse, la ragione c'è, io non riesco a vederla.
Con le mani sul grembo, seguivo con gli occhi i suoi movimenti; Harry si portò una mano tra i capelli, una sul volante, gli occhi puntati sulla strada.
Il suo profilo era perfetto, i suoi lineamenti, le sue labbra erano perfette.
E per un attimo mi attraversò la mente un pensiero del tutto inaspettato: il sapore delle sue labbra a me sconosciuto, ma che avrei volentieri conosciuto.
Pochi ragazzi avevo baciato in vita mia, ma perfino le sue labbra erano tanto affascinanti da desiderarle sulle mie, da desiderare di tastarle e gustarle.
Arrossii, quando m'immaginai di poterlo baciare in quell'esatto istante.
Abbassai il viso sulle mie mani, cercando di nascondere il rossore sulle mie guance ai suoi occhi, Harry continuò a guidare.
La strada era trafficata, le auto affollavano l'asfalto, tante altri pedoni i marciapiedi, le luci illuminavano ogni angolo e tutto quello era un così perfetto spettacolo.
Harry si voltò a guardami, mentre restavamo fermi davanti al rosso in semaforo.
Allungò una mano e con le dita sfiorò tanto delicatamente il mio viso che riuscii a stento a sentire il suo tocco.
Ma era lì, sulla mia pelle, sofisticato ed assolutamente delicato.
Appoggiata al sedile del passeggero non proferii parola, nessuno dei due lo fece, gustando soltanto entrambi quel breve momento, quel leggero contatto.
Si allontanò quando un clacson alle nostre spalle suonò, avvertendoci di proseguire; per il resto del tragitto io lo guardai, lui mi rivolse differenti occhiate.
Il locale dove Harry mi portò era elegante, con luci appese e classiche canzoni in sottofondo.
Non fu un appuntamento di molte parole, entrambi sembravamo sempre troppo presi a guardarci e a sorriderci piuttosto che dirci qualcosa.
Sarà che i tuoi occhi, quando lo fanno, quando mi guardano, mi dicono infinite di quelle parole.
Ma fu quando ci ritrovammo a passeggiare sul marciapiede, che desiderai poter ascoltarlo parlare.
"Quindi tu fai l'artista nella vita?" Domandai.
Harry stava fumando una sigaretta, perciò, la spostò dalle sue labbra, portandola tra le dita, buttando fuori il fumo.
"Quel che basta per sopravvivere." Rispose.
Sorrisi, lui riprese a fumare.
Il suo corpo slanciato camminava lento al mio fianco; io apparivo così fragile e piccola accanto alle sue spalle larghe ed alle sue gambe lunghe.
Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"E tu? Cosa fai per vivere?"
Gli occhi mi brillarono; amavo parlare di ciò che mi faceva sentire viva.
"Lavoro in una biblioteca, ma sto scrivendo un libro, o almeno ci provo." Sorrisi e lui ricambiò, rivolgendomi un'occhiata curiosa.
"Un libro? Ti va di parlarmene?" Disse, entusiasta.
Annuii, contenta.
E così gli parlai delle mie idee, dei miei personaggi, di tutta quella storia che tenevo incastrata nella mente e che volevo così tanto incidere con le parole su di mille e più pagine.
Avevo finalmente trovato qualcuno con cui parlare di quel mio piccolo progetto.
Parlarne con altri non era così semplice. I miei genitori erano soltanto troppi entusiasti della mia idee per capire cosa davvero avrei voluto trasmettere con quel progetto; Amanda era troppo presa dalla sua storia con Liam, con la mente altrove, per riuscire ad ascoltarmi anche più di un paio di minuti; Erick era semplicemente troppo annoiato da cose simili, l'arte, la scrittura, per comprendere le mie idee.
Ma Harry no. Harry era stato attento, interessato, partecipe di ogni mio sogno; con tante domande da pormi e tanti sorrisi sulle labbra da rivolgermi.
Forse lui capiva meglio di chiunque altro cosa significava possedere una passione, uno scopo da raggiungere, a cui dedicarsi con tutti se stessi.
"Cos'è per te l'arte, Harry?" Allora gli domandai.
Mi sorrise; riuscivo a vedere dall'espressione sul suo viso quanto fosse su di giri all'idea di rispondere a quella domanda.
"L'arte per me è la meraviglia, è le mille parole che non riesci a dire, le mille emozioni che non riesci a capire, ma che ti riempiono e tu ti senti così pieno che necessiti così infinitamente tanto un modo per alleggerirti; in quei casi a me non resta che afferrare un pennello e colorare, disegnare, farlo fino a sentirmi migliore. L'arte per me è tutto, un rifugio quando niente più mi resta per proseguire."
Rimasi a bocca asciutta, dinanzi quegli occhi lucenti, dopo ciascuna di quelle parole. Aveva detto tutto quello con così passione, con così amore.
"La tua ragione per sopravvivere è l'arte." Affermai in un sussurro.
Ricordai quando mi parlò dell'uomo dagli occhi spenti e tristi sul dipinto, di come questo stesse cercando un motivo per continuare. Capii che per Harry era quello il suo motivo, quello che gli permetteva di sorridere quando il mondo faceva un po' più paura.
Annuì, confermando i miei pensieri, ma senza aggiungere altro.
"Da quanto scrivi, Scarlett?" Chiese.
"Da quando avevo quindici anni."
Ci fermammo davanti una panchina, Harry mi fece cenno col capo prima di sedersi, io lo seguii, accomodandomi al suo fianco.
Davanti a noi si apriva uno spettacolo magnifico. Londra era illuminata da un miliardo di luci, il London Eye, ammirato dai nostri occhi, così lontano, le strade adesso un po' meno trafficate, ma i pedoni sempre affollati e felici.
Harry giocò con l'accendino, facendo nascere la fiamma e facendola morire istanti dopo.
I suoi occhi erano concentrati su quella piccola fiamma, mentre i miei erano incentrati sul suo viso. Ma la mia mente era altrove; la mia mente era tra le sue parole, la mia mente era tra gli imbarazzanti pensieri destati dal suo bell'aspetto, la mia mente era tra le sue labbra, la mia mente era tra i suoi sorrisi.
Mi domandai come fosse possibile desiderare di baciare qualcuno in quel modo, quando di quel qualcuno conosci così poco, se non quasi niente.
Ma la mente umana è questa, a volte è strana, altre volte niente affatto razionale.
"Tu da quanto dipingi, Harry?" Domandai allora io, rivolgendogli la stessa domanda che lui pochi minuti prima aveva rivolto a me.
Mi lanciò uno sguardo, prima di riportarlo sull'accendino tra le sue mani.
"Sin da quand'ero bambino." Mi rispose, "come ti ho già detto, dipingere mi aiuta a capire chi sono e a fuggire dal mondo." Aggiunse, con voce bassa.
"E chi sei, Harry?" Pronunciai il suo nome in un sussurro.
Ma lo sguardo che mi rivolse gelò i miei arti e tremai, fremetti, ispirai.
Mi guardò come a dirmi tutto, come a dirmi ogni segreto, a svelarmi ogni funzione.
Mi guardò dritto negli occhi fino a trapassarmi il cuore, prima di parlare.
"Non lo so Scarlett, devo ancora capirlo." Affermò.
Perché Harry era mille cose in quel mondo, mille cose che io avrei soltanto dovuto scoprire.
Harry era questo, prima che diventasse il niente.
Pensai alle parole di Liam quel pomeriggio: Harry io dovevo imparare a capirlo.
Deglutii, ma non abbassai mai gli occhi dai suoi.
Si avvicinò al mio corpo, lasciando sfiorare le nostre gambe, riposò l'accendino nella tasca del suo cappotto ed infine schiuse le labbra, parlando.
Il permesso di sentire ciò che le sue labbra stavano per pronunciare ce l'avevamo soltanto noi e nessun altro.
"Vuoi sapere chi tu sei per me, Scarlett?" Sussurrò.
Il suo fiato batté sul mio viso e solo allora mi accorsi di quanto fossimo vicini; annuii col capo, in modo impercettibile.
"Sei una ragazza tanto intelligente quanto bella, che davanti a se ha una carriera brillante totalmente meritata, ma che adesso sta sprecando il suo tempo qui con me che, davanti a questa perfetta ragazza, mi sento così stupido."
Sorrise.
Il calore che irradiava il suo corpo arrivò dritto al mio quando afferrai il suo braccio, sorridendo e scuotendo il capo.
"Non sono affatto perfetta."
Lo sei tu, con quel tuo sorriso, con quei tuoi occhi e con quelle tue parole, che mi incantano e mi sento ancora una quindicenne perdutamente attratta dal ragazzo più bello che abbia mai visto.
Harry mi sorrise ancora.
"Lo sei." Rispose, annuendo.
Guardò nei miei occhi, continuando a sorridere; io feci lo stesso.
E la gente intorno a noi passa, ci guarda, chissà cosa pensa.
Il cielo piano piano diventa più buio, le stelle più luminose, la luna più grande; il sole non c'è più.
Ma adesso ci sei tu, che fai luce.
Sorridevamo senza dire nulla, senza fare nulla.
Sembravamo incantati.
E chissà se per tutti è così, chissà se succede a tutti di guardare tanto qualcuno negli occhi e trovare una ragione per sorridere in questi, una ragione per desiderare di non allontanarsene mai.
"E sento che sei ciò che stravolgerà la mia quiete, ma non mi importa." Mormorò, dopo infiniti minuti di silenzio.
Harry possedeva sempre quella sconvolgente capacità di lasciarmi senza fiato.
Abbassai il viso, puntando gli occhi sulle nostre gambe tanto vicine da toccarsi.
"Ti sbagli ancora, Harry. Non conosci nulla di me. Io non sono tutto questo, non sono così come credi, non ho nulla di sensazionale." Mormorai.
"Sì, invece. Non mi serve conoscere altro di te per sapere che per me, tutto quello che c'è di sensazionale lo sei tu."
E a me bastano queste tue parole per essere qualcosa; qualcosa abbastanza per essere importante.
Risi, mentre lo guardavo sorridere. Quel bellissimo sorriso rivolto a me, che mi fece scoppiare il cuore.
"Allora, aiutami a capire chi sono io."
Alzai gli occhi, cercando di capire se le sue parole fossero serie ed i suoi occhi me lo stavano urlando che non voleva altro se non essere aiutato per capire ciò che lui era.
Annuii, alimentando il suo sorriso, così come il mio.
Ti guarderò di più, allora. Ti guarderò negli occhi e forse mi perderò, ma lo farò. Perché ti voglio, perché voglio davvero poter sapere chi sei, perché voglio poter davvero restare al tuo fianco; ma questa volta, lasciando anche i nostri cuori la possibilità di toccarsi.

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Buonasera!
Era da una vita che volevo aggiornare e finalmente ci sono riuscita!
La scuola inizia a farsi sentire ed io devo ancora trovare un modo per gestire il mio tempo.
Ad ogni modo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Vi aspetto nei commenti!
Endless love! :)xx

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora