3. Ti avrei guardato in modo diverso

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Ci sono le coincidenze, ci sono le casualità e poi ci sono volte in cui le coincidenze non coincidono e le casualità non sono poi così tanto un caso.
Ci sono volte in cui per soddisfare i nostri bisogni, per placare i nostri desideri, bisogna smettere di abbandonarsi al caso e darsi un po' più da fare.
Ci sono cose che se le vuoi te le devi prendere, senza aspettare che niente ti renda il gioco più facile.
Questo l'avevo imparato crescendo.
A volte bisogna rischiare, a volte bisogna credere e sperare, altre volte ancora bisogna agire.
Ed io in quei giorni non avevo smesso un attimo di pensare ai suoi occhi, a quelli di Harry, a chiedermi per quale ragione si fosse avvicinato tanto a me e ancora per quale ragione io avessi avuto un tale e spietato interesse per quello sguardo, per quei suoi modi di fare.
Mi aveva ammaliata, stregata, catturata.
Ed io non credevo al fato, o al karma, o al destino, ma credevo a quello che vedevo, a quello che sentivo. Sentivo il cuore battere, l'anima urlare, la mia mente ammirare.
Harry, il giovane artista dagli occhi verdi e l'aspetto accattivante, aveva attirato il mio interesse più di quanto un ragazzo generalmente era in grado di fare.
Che poi, non conoscevo chi fosse, quale fosse il suo cognome, quali fossero le cose che amava, quelle che odiava. Ma non sembrava importarmi; ero così presa da qualcuno di cui non conoscevo nemmeno una virgola.
Mi chiedevo come fosse possibile uscire e desiderare d'incontrarlo, solo per parlarci ancora e guardarlo negli occhi, ascoltare la sua voce.
A volte la mente è strana, a volte siamo attratti da quello che non conosciamo, perché il mistero ha più fascino di quanto potrebbe sembrare; a volte siamo attratti da quello che, a nostra insaputa, potrebbe soltanto distruggerci.

Amanda in cucina stava preparando qualcosa per pranzo, quando in realtà lei era una pessima cuoca e finiva sempre per bruciare qualcosa; io la guardavo appoggiata al bancone e preoccupata per quello che le sue mani stavano pasticciando; Erick se la rideva, mentre divorava un pacco intero di biscotti.
Mi fulminò con lo sguardo quando mi avvicinai a lui rubandogliene uno, io risi, rivolgendogli un'occhiolino.
Era passata meno di una settimana fa quando Amanda e Liam erano tornati insieme, ma lei splendeva e brillava come nulla fosse successo. Ma era ovvio, evidente, che quella rottura non sarebbe durata e che sarebbero tornati ad amarsi più di prima. Sorrideva luminosa, mentre tagliava le verdure e canticchiava una canzone che passava per la radio.
"Sai Scar, che l'artista non fa altro che chiedere di te?"
Stavo punzecchiando Erick con le dita, divertita dalla sua espressione infastidita, quando la voce di Amanda mi distrasse.
Abbandonai i polsi di Erick, guardando la bionda, con le sopracciglia alzate ed un'aria confusa sul viso.
"Come?" Domandai.
"Harry," temporeggiò, rivolgendomi uno sguardo accattivante ed imbarazzante, "chiede continuamente di te." Concluse.
Una strana sensazione avvolse il mio corpo, il mio cuore fremette, le mie mani tremarono, soltanto ad udire il suo nome.
Non ero mai stata lontanamente attratta in quel modo da una persona, non sapevo, non conoscevo; tutte le mie erano state soltanto banali cotte da ragazzina. Per questa ragione mi domandai per quale motivo a sentir pronunciare il suo nome il mio cuore avesse preso a battere tanto forte.
Inconsciamente sorrisi.
"Che intendi?" Domandai incerta.
"Me l'ha detto Liam, chiede di quello che fai, vuol sapere chi sei."
Mi avvicinai a lei, appoggiando le mani sul ripiano del bancone il legno, Amanda mi sorrise.
Mi conosceva talmente bene da capire che i miei sorrisi di quel momento non erano semplici sorrisi.
Giocai con le venature in legno del ripiano, lei smise di tagliare.
"Credo che gli piaci." Mormorò, "ho visto come ti guarda."
Balbettai parole a caso, timida per ciò che lei aveva detto.
Non mi era mai successo. Solitamente capitava che qualche ragazzo si voltava a guardarmi più di quanto era concesso, ma non ero mai stata il tipo da sentirsi troppo a disagio, o da sentirsi infastidita. In realtà non mi importava mai, continuavo sempre per la mia strada e non prestavo attenzione a nessuno.
Ma con lui era stato diverso. Era bastato un solo suo sguardo perché io arrossissi, erano bastate quelle poche parole di Amanda perché io perdessi ca concezione di ciò che attorno a me accadeva.
"La guarda forse anche troppo." Borbottò Erick, con fastidio.
Lo guardai aggrottando le sopracciglia, infastidita dalle sue parole. Era una strana sensazione, come se non sopportassi l'idea che Erick giudicasse quel ragazzo.
Scossi il capo.
"Cosa vuoi saperne tu, Erick." Disse Amanda.
Gesticolò con la mano, non badando ai borbottii di Erick.
"Certo, forse non è bellissimo, ma ha il suo fascino." Mi strizzò un occhio.
Amanda era sempre stata un amate dei ragazzi dall'aspetto dolce e tranquillo, i ragazzi troppo misteriosi non erano mai stati il suo forte; per questa ragione si era istantaneamente innamorata di Liam.
Liam era estremamente dolce, dal sorriso caldo e dagli occhi grandi e lucidi, era sempre molto pacato e tranquillo, stava lontano dai problemi.
Io comunque apprezzavo l'aspetto di Harry, anche più del dovuto.
"Per me è molto bello." Sussurrai.
E nel confessare ciò che io pensavo di Harry abbassai gli occhi sulle mie mani, mentre gli occhi di entrambi i ragazzi in quella stanza si posavano sul mio viso.
"Harry ti piace!" Strillò Amanda.
Io scossi il capo, sorridendo e spostandomi nervosamente i capelli dal viso. Mi piaceva, che apprezzassi il suo bell'aspetto non c'erano dubbi, ma ero sempre stata timida nel confessare o ammettere determinate cose, anche a me stessa.
Erick mi guardava cupo in viso, io rimasi pochi istanti a fissarlo, poi abbassai per l'ennesima volta il viso, sospirando.
Lui non si sarebbe mai rassegnato ed io avrei sempre avuto il peso di spezzargli il cuore.
"Facciamo una cosa." Proposte Amanda, "oggi chiedo a Liam di andare a cenare con una pizza e gli dico di farlo venire."
La guardai in fretta, scuotendo il capo, rossa paonazza in viso.
L'idea di rivederlo mi aveva fatto tremare le mani.
"No." Affermai.
Amanda sorrise, annuendo con la testa.
Non mi avrebbe dato ascolto, non l'avrebbe mai fatto.
Mi attraversò nella mente l'immagine di quei due occhi verdi; infondo sapevo di volerlo vedere, di volerlo conoscere forse tanto quanto lui voleva conoscere me.
Mi arresi alle sue proteste, acconsentendo alla sua richiesta con un cenno del capo.
La sola idea di rivederlo mi fece tremare il cuore.
E per l'intero pomeriggio la mia mente non fece altro che cercare di ricordale la sensazione dei suoi occhi sulla mia pelle, o il suono della sua voce, o ancora la bellezza disarmante del suo volto, mentre aspettavo ansiosamente il momento in cui l'avrei rivisto e tutte quelle sensazioni sarebbero diventate reali.
Era qualcosa che non avevo mai testato, non mi ero mai sentita in quel modo: ansiosa, preoccupata, nervosa.
Quel tanto bel ragazzo aveva un effetto sul mio corpo e sulla mia mente che mi disarmava, mi confondeva.
Per questa ragione quando Liam ed Amanda suonarono al campanello di casa mia, le gambe mi tremarono.
Ringraziai il cielo per aver deciso di non indossare dei tacchi che, nonostante io adoravo indossarli, erano un dolore corporeo che quella sera non sarei stata in grado di sopportare.
Amanda mi afferrò a braccetto, avvicinandosi al mio orecchio.
"Sei pronta?" Sussurrò.
Sorrisi timidamente, abbassando lo sguardo e non dandole risposta.
Non ero mai stata il tipo da prostrarmi troppo, ero sempre stata una ragazza riservata e silenziosa, adoravo da morire passare interi pomeriggi da sola a scrivere infinite parole sul mio taccuino, adoravo guardare il cielo la notte, fissare la luna e le stelle, ammirare splendidi tramonti e centinaia di albe. Mia madre diceva sempre che così non avrei mai trovato marito, ma io ero un'amante delle poche parole dette con le labbra e delle centinaia dette con gli occhi.
Non sapevo ancora comprendere ciò che gli occhi di Harry dicevano, ma sapevo che i suoi occhi, se capiti, avevano miliardi di sentimenti da confessare, segreti da celare, amore da svelare.
Quando arrivammo al parcheggio del locale dove Liam aveva prenotato un tavolo per noi, il mio cuore stava per scoppiare.
Amanda mi guardava dallo specchietto retrovisore, sorridendomi per infondermi maggior sicurezza.
Erick aspettava seduto su di una panchina, con il cappuccio della sua felpa alzato a coprirgli il capo dal leggero vento gelido che soffiava; mi sorrise quando scesi dall'auto, alzandosi e rivolgendosi a me.
"Ehi." Mormorò, affiancandomi.
"Ciao." Sorrisi.
Erick non ebbe il tempo necessario d'aprire le labbra e pronunciare altra parola, perché un'auto nera si accostò davanti l'auto di Liam.
Era lui, era lui bello come pochi, o nessuno.
Scese dalla vettura, con così tanta eleganza e disinvoltura da metterti in soggezione e farti sentire inferiore.
Chiuse l'auto, rivolgendosi a noi, che un per uno eravamo rimasti piantati a guardarlo.
Indossava perfettamente un maglione color bordeaux, sotto un giacca nera ed in pelle, un solito jeans nero fasciava perfettamente le sue gambe; io mi concessi più tempo per ammirarlo e pensare a quanto il suo aspetto fosse disarmante.
E non so se succede solo a me, non so se fai questo effetto soltanto alla mia mente ed al mio cuore, ma mi sento così terribilmente attratta dal tuo corpo, dal tuo aspetto e dai tuoi occhi.
Rivolse un sorriso a Liam, avvicinandosi a lui e ad Amanda; si scambiarono un saluto ed un'amichevole pacca sulla spalla.
Li guardai, posizionata da parte insieme ad Erick, in silenzio, prima che lo sguardo di Harry si spostasse dal volto di Liam e si posasse sul mio.
Tremai quando sul suo viso si aprì un sorriso a me rivolto.
Non badò alle parole di Liam, allontanandosi da lui ed, invece, avvicinandosi a me, che ancora affiancata da Erick, lo guardavo rapita.
"Scarlett." Disse, quando mi fu vicino.
Gli sorrisi, annuendo.
"Ehi." Lo salutai.
"Non sapevo ci fossi anche tu."
Si portò il pacchetto di sigarette, che scendendo dall'auto aveva tenuto tra le dita, dentro la tasca del suo giubbotto.
Gli sorrisi, a corto di fiato, mentre lui si muoveva sotto il mio sguardo e spostava via i suoi capelli dalla fronte.
"Ne sono contento." Mormorò.
Aprii le labbra, desiderando di esprimere in parole il piacere che anch'io possedevo di rivederlo, ma un colpo di tosse al mio fianco ci distrasse.
Erick aveva richiamato l'attenzione su di lui, che fino ad allora era stato ignorato da entrambi.
Harry si voltò a guardarlo.
"Non ci siamo ancora presentati," gli sorrise, "io sono Harry."
Gli porse una mano, che Erick strinse, rispondendo con il suo nome.
Mi ritrovai a guardarli entrambi stringersi la mano. Erano ovviamente due persone completamente differenti.
Erick aveva anche lui il suo bell'aspetto, era un ragazzo alto, abbastanza robusto, dai capelli corti e gli occhi scuri; Harry era tutt'altra cosa.
Ma Erick non possedeva lo sguardo di Harry; non era questione di occhi, perché Harry aveva saputo catturare abbastanza attenzione da parte mia con una sola occhiata, qualcosa che Erick in sedici anni non era riuscito a fare.
Non passò a nessuno inosservata l'occhiata intrisa di astio che Erick rivolse ad Harry.
Quest'ultimo abbandonò la presa sulla mano di Erick, rivolgendosi ancora a me.
"Tutto bene, Scarlett?" Domandò.
Annuii, aprendo le mie labbra in un sorriso.
Liam allora disse che forse era arrivato il momento d'entrare ed Harry in silenzio mi affiancò, continuando a guardarmi e seguendo il mio passo lento.
Camminavamo lentamente e tranquillamente verso la pizzeria, io e lui eravamo rimasti indietro, mentre il resto del gruppo proseguiva, scherzando e schiamazzando animatamente.
"Dovremo trovarti una ragazza Erick, magari diventi meno scorbutico!" Disse Liam, ridendo.
"Sta zitto." Borbottò Erick, guardandomi.
Io deglutii, abbassando il capo.
Odiavo stare in quella situazione, odiavo essere il soggetto di tormento di Erick, ma l'amore non è mai semplice e al cuore, sfortunatamente, non si può comandare.
Con la coda dell'occhio guardai Harry: scalciava i sassi sull'asfalto, il naso rosso dal freddo, le labbra screpolate.
E mi bastò tanto così, poco, per dimenticare dove ero, con chi ero, perché c'era lui che mi aveva tolto il respiro.
Avvolta da chissà quale frenesia, mi alzai sulle punte dei piedi, poggiando una mano sulla spalla di Harry, poi le labbra sul suo orecchio; parole sussurrate uscirono dalle mie labbra.
"Sono contenta anch'io, comunque."
Non dimenticherò mai il sorriso che sul volto di Harry si dipinse.

La cena era stata tranquilla, fatta da tante risate con l'intero gruppo e tanti di quegli sguardi con Harry che avevano colorato le mie guance di un rosso vivace ed imbarazzante.
Sotto gli occhi attenti e contrari di Erick e sotto quelli maliziosi di Amanda, aveva poggiato delicatamente la sua mano sulla mia schiena per spingermi all'interno del locale, prima di permettermi di sedermi e a ruota seguirmi al mio fianco.
Scoprii quella sera che ad ogni modo Harry era un ragazzo dalle poche parole, era intervenuto dei vari discorsi davvero pochissime e contate volte; stava più fermo sul suo posto ad osservarci uno per uno, a cercare di capirci ed interpretarci. Io a volte voltavo gli occhi ed incontravo i suoi, belli da morire.
E nessuno diceva niente mentre ci guardavamo, il mondo si annullava.
Adesso ci ritrovavamo l'uno di fianco all'altro a passeggiare sul marciapiede, in silenzio.
Dopo la cena aveva domandato al mio orecchio se mi andavano due passi ed io con il cuore in gola avevo annuito, ritrovandomi poi con il suo corpo alto e slanciato al mio fianco e le mani tremanti.
L'aria gelida che pungeva i nostri visi, Londra quella notte era glaciale, glaciale così come i suoi occhi nello stesso istante in cui si voltarono a guardarmi, a catturarmi, a gelarmi.
Mi portai i capelli dietro le orecchie, guardandolo di sottecchi, lui con le mani tastò le tasche del suo giubbotto, prima di tirare fuori il pacchetto di sigarette e portarsene una alle labbra.
Aspirò a fondo, lasciando poi il fumo uscire dalle sue labbra in grigie nuvole.
Lo guardai attratta dal modo in cui le sue guance si scavavano quando aspirava la nicotina, o come il suo pomo d'Adamo si evidenziava quando alzava il capo verso il cielo e lasciava uscire il fumo.
"Allora tu conosci Liam?" Domandai.
Annuì, continuando a camminare lentamente.
"Da quando avevo sedici anni." Rispose.
Mormorai una conferma e spinta dalla curiosità continuai con le mie domande.
"Quanti anni hai?"
Harry sorrise, forse per il mio incurabile desiderio di conoscere.
"Ventiquattro."
Annuii per l'ennesima volta, questa volta rivolgendogli un sorriso.
Le sue labbra si piegarono verso l'alto ed io non potei fare a meno di pensare a quanto diamine era bello.
"Quindi tu ed Erick non state insieme?"
Scossi il capo, aggrottando la fronte.
Erick era rimasto al locale, ma la sua occhiata gelante non era passata inosservata ai miei occhi, né tantomeno a quelli di Harry.
"Eppure continua a guardarti come se fossi la donna della sua vita." Scherzò.
Gli lanciai un'occhiata, vedendolo sorridere.
"Erick è come un fratello, per me."
"Ma tu non lo sei per lui." Constatò.
L'ascoltai mentre continuava a parlare.
"A lui piaci, non è vero?"
Ma io non risposi, abbassai soltanto il volto, rivolgendo gli occhi alla punta delle mie scarpe, non volendo parlare di quell'argomento. Era comunque un argomento privato ed Erick meritava abbastanza rispetto da non parlare dei suoi sentimenti con chiunque, nonostante Harry per me non sembrava essere chiunque.
Eppure il ragazzo dagli occhi verdi capì, non facendo più alcuna domanda.
"Perché non m'hai detto d'essere tu l'artista?" Domandai allora io, cambiando argomento.
Mi guardò con la coda dell'occhio, proseguendo coi suoi passi.
"Sarebbe cambiato qualcosa?"
"Ti avrei guardato in modo diverso." Sussurrai.
Mi guardò dritto negli occhi, come a cercare d'interpretare le mie parole.
Spostò la sigaretta dalle sue labbra, incastrandola tra le dita, scuotendo la cenere di troppo.
"Cosa intendi dire?" Domandò.
Deglutii, fermandomi.
"Ti avrei guardato come si guarda ogni singolo quadro in quella mostra: con ammirazione, con meraviglia, cercando di capire quello che sei, quello che in silenzio dici."
Rimase pochi istante immobile con gli occhi nei miei, prima di parlare.
"Il silenzio nasconde sempre mille tormenti. Vorresti conoscere anche quelli?"
"Vorrei conoscere te." Soffiai in un sussurro.
E solo l'istante dopo compresi ciò che le mie labbra avevano appena pronunciato, avvampando di colpo.
Il mio volto rosso e sul suo viso un bellissimo sorriso.
Con la punta delle dita accarezzò la mia guancia in un modo impercettibile.
Fermi, immobili, sull'asfalto e le tue dita sfiorano in questo modo così delicato e puro il mio viso, e la mia pelle s'inonda di brividi, tu mi sorridi.
"Esci con me." Sussurrò.
Rabbrividii, sorridendo, senza più parole, mentre annuivo.

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Buonasera!
Eccoci con l'ennesimo capitolo e l'ennesima gif da pianto.
Vorrei solo potervi far vedere le note del mio cellulare, piene zeppe di pensieri notturni per questa storia.
Ma a poco a poco vedrete qui riportato ogni cosa; spero possa piacervi, ce la sto mettendo tutta sul serio.
Inoltre ho visto che siete comunque numerosi a seguire questo nuovo inizio e mi fa un botto piacere.
Grazie davvero.
Vi aspetto come sempre con voti e commenti.
Un abbraccio, endless love. xx

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora