24. Famiglia

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Non avevo alcuna tregua.
Nella mia testa frullavano talmente tanti di quei pensieri, che rischiavo seriamente di impazzire. Ma erano passati tre giorni ed io ed Harry non ci eravamo ancora visti. L'ultima volta c'eravamo salutati con un bacio che sapeva tanto di desiderio di non lasciarsi mai, ma poi nessun'altra notizia.
Mi sembrava essere tornati indietro, lui era sparito ancora.
Diversi messaggi da parte mia gli erano stati inviati, da un "mi manchi", ad un semplice "ci vediamo questa sera?" dettato dalla voglia e dalla necessità di rivederlo.
Comunque nessuna risposta mi fu data e la mia determinazione andò scemando, lasciando spazio alla rabbia.
Mi sembrava assurdo, dopo tutto quel tempo insieme e con tutta quell'apparente sintonia, non riuscivo a crederci. Tutte quelle frasi, tutte quelle parole, tutti quei baci e le notti intere passate a fare l'amore. Tutto cancellato malamente dal suo essere a volte infantile ed egoista.
Forse, tra i due, quella che avrebbe concesso la vita per l'altro sarei sempre stata io.
Frustrata, lanciai la borsa sul letto e sbattei il cellulare sulla scrivania. Ancora una volta non rispose alla mia chiamata.
"Vaffanculo, vaffanculo!" Strillai, passandomi le mani tra i capelli.
Avevo confessato ad Erick della mia pseudo e stupida conoscenza con Harry, pur di non perderlo e dimostrargli che a quel qualcosa che lui pensava ci fosse tra di noi, io ci credevo con tutta me stessa, io ci tenevo da matti. Ma Harry aveva deciso di punto in bianco di comportarsi come uno stupido bambino e smettere di prendere in considerazione la mia esistenza, senza darmi una ragione valida.
Cazzo Harry, non puoi sparire; io impazzisco se non ti vedo, se non ti sento, se non so che stai bene.
Qualcuno bussò alla porta della mia camera, staccandomi dai miei pensieri.
"Scarlett, tutto okay?"
La voce di mia madre era calma e gentile; riuscivo ad immaginare la sua espressione preoccupata dalle mie urla, poi il suo sorriso pronto a consolarmi.
Come una bambina arrabbiata, in cerca di conforto, corsi ad aprire la porta e a stringere il fragile corpo di mia madre tra le braccia. Piagnucolai sulla sua spalla, odorando il suo bellissimo profumo.
"Perché non può semplicemente andare tutto bene?" Cantilenai.
Sprofondai il volto nel collo di mia madre, lasciando che quel calore tanto familiare mi consolasse e sciogliesse i miei nervi. Lei era sempre stata la migliore medicina per il mio cattivo stato d'animo.
Accarezzò i miei capelli con le sue mani rovinate dal tempo, con le sue mani da donna e da madre che da bambina mi avevano sempre raccolta ed accolta.
"Che succede?" Domandò.
Ma io non risposi. Lasciai andare il suo corpo, scuotendo le spalle. Avevo voglia di piangere, ma il mio orgoglio ed il rancore me lo impedivano.
"Un ragazzo?" Indagò ancora.
Mi morsi il labbro inferiore, insicura de parlarle o meno di lui. Conosceva Harry e sapeva anche ci fosse qualcosa tra me e lui, ma non c'era mai stata veramente l'occasione di approfondire l'argomento.
Alla fine sospirai.
"Sì, uno stupido e schifosamente bel ragazzo. Con quei capelli così lunghi e così morbidi che si ritrova; per non parlare dei suoi occhi, mamma, sono così verdi e così intensi. Il suo sorriso... Dio, lo odio." Mi tirai indietro i capelli, blaterando, "è uno stupido, mamma, uno stupido."
Mia madre trattenne un sorriso, legando le nostre mani. Mi guardava con dolcezza, i suoi occhi brillavano d'affetto nei miei confronti: la sua bambina dal cuore in subbuglio a causa di un ragazzo, che questa volta aveva smesso d'essere una stupida cotta adolescenziale.
"Basta, io adesso gli mando un messaggio per l'ultima volta, se risponde bene, altrimenti non voglio più sentirlo o vederlo." Sbottai, "giusto, mamma?" Chiesi appoggio.
Lei annuì e mi sorrise.
Non indagò oltre, sapeva bene che non avrebbe ricevuto le informazioni che desiderava, che sulla mia vita sentimentale ero sempre stata piuttosto riservata. Era già tanto che le avessi detto che la causa delle mie volgari imprecazioni era un ragazzo. E sapeva che comunque me la sarei cavata da sola; riponeva molta fiducia in me.
Ritornai in camera mia e lei ritornò al suo da fare; recuperai il cellulare dalla scrivania, giurando che quello era l'ultimo messaggio che gli avrei inviato, se non avrebbe risposto nemmeno a quello, qualunque cosa ci fosse tra di noi, sarebbe cessata all'istante.

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora