16. Senza stancarsi mai

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Silenzio.
Il silenzio era l'unica cosa udibile in quell'istante.
Era il nostro silenzio però.
Era un silenzio mischiato al rumore di un'immensa città che stava per prepararsi per notte, delle vetture che sfrecciavano sull'asfalto, del leggero chiacchiericcio di tanta gente che ad ogni modo affronta la sua vita.
E noi che restavano a bocca chiusa, ad ammirare il cielo che diventava prima giallo, poi arancio, poi rosso, un miscuglio stupefacente di colori caldi e freddi, ed infine il blu.
C'eravamo spostati dal suo studio alla terrazza, lasciando quel dipinto macchiato di rosso simile al sangue, ad asciugarsi.
Sentivo il corpo di Harry concedermi un po' del suo calore, mentre dolcemente cingeva le mie spalle con un braccio ed io appoggiavo la testa sul suo petto.
E poi, sentivo il suo profumo pizzicarmi le narici, ma io continuavo comunque a stringermi al suo petto, quasi come se di quell'odore non potessi farne a meno.
Dopo un po' mi concesse di posare le mie gambe tra le sue; diceva d'adorare da morire il modo in cui il mio corpo si modellava ed incastrava in un modo tanto perfetto con il suo.
Sembravamo quasi quei due fatidici pezzi di puzzle, persi e poi ritrovati, i pezzi mancanti, ma perfetti.
Non avrei mai creduto che tutto quello fosse possibile.
Non avrei mai creduto che abituarsi tanto alla presenza di una persona rendeva quasi impossibile l'esistenza senza; non avrei mai creduto davvero alle farfalle nello stomaco, o al corpo caldo ma le mani comunque tremanti, prima d'incontrare Harry; tutte queste erano sensazioni che non mi sarei mai immaginata fossero così violente da provare.
Quando stavo con lui mi sentivo come se un uragano carico di emozioni mi stesse per avvolgere e mi stesse per rubare qualsiasi forma di tranquillità.
Eppure non riuscivo a sentirmi priva di qualcosa, anzi, sentivo soltanto che Harry colmava più vuoti di quanti io realmente fossi a conoscenza di possedere.
C'erano cose che prima non avrei mai creduto importanti; Harry era una di queste, diventato improvvisamente l'unica cosa essenziale.
Altre volte ancora, a pensarci, mi stupivo di come lui era stato in grado di garantirsi il centro del mio cuore e della mia mente in così poco tempo, con quanta facilità c'era riuscito.
Ed infine, mi chiedevo se io per lui costituivo la stessa sostanza fondamentale.
Giocai con i ciondoli della collana che portava al collo, tracciandone distrattamente con la punta delle dita i dettagli.
Harry fissava il cielo, altre volte s'impuntava a fissare me. I suoi occhi segnavano il mio corpo, così come le sue mani impavide e per niente timide, avide della mia pelle nuda: cercavano, in ogni modo, di tenere un contatto anche con piccoli lembi della mia pelle scoperta; adorava poggiare le mani sui miei fianchi e disegnare figure astratte sul mio ventre con le sue dita affusolate.
Il suo tocco l'avrei sentito sulla pelle anche dopo anni senza nemmeno sfiorarci. Era il suo: delicato, ma anche caparbio, ruvido e soprattutto caldo; soltanto il suo.
Sospirai, pervasa dalla quiete, sfregando le guance sul suo collo; Harry inspirò profondamente, stringendo la presa sul mio corpo, poi ruppe quel silenzio.
"Sono stato adottato all'età di quattro anni."
Spostai il viso dal suo collo, alzando gli occhi verso il suo che però rimase a fissare il cielo mentre mi svelava uno dei suoi segreti.
Annuii; non c'era altro che dovessi dire, mi stava aprendo il suo cuore, mi stava finalmente mostrando il suo turbamento, ed io l'avrei ascoltato, raccolto ogni frammento del suo esistere e creato infine un bellissimo quadro, fatto forse anche di incubi ed orrori, ma assolutamente ed indiscussamente perfetto.
"O meglio, io e mio fratello siamo stati adottati."
Cercò esitante la mia mano, quasi avesse paura di non potersi più mettere quel contatto, ma io audacemente strinsi la sua.
"Abbiamo perso i nostri genitori in uno stupido e fottuto incidente stradale. Non ricordo molto di loro e quei pochi e rari ricordi che conservo sono stati sbiaditi dal tempo. Nick aveva otto anni, ricorda molto più di me."
L'ascoltai in silenzio, guardando le nostre dita legate e strette in una presa che niente avrebbe mai spezzato.
"Forse è per questo che lui non riesce mai davvero a trovare pace." Sospirò.
Solo allora alzai il viso, al suono della sua voce incrinata, devastata da ciò che tutti i giorni devastava il fratello: la mancanza di coloro che sarebbero dovuti essere le fondamenta della vita di due bambini.
Circondai il suo collo con le braccia, allungando il viso per poggiare le labbra sulla sua guancia sinistra e poi baciare il suo collo, la punta del naso e lievemente la sua bocca. Chiuse gli occhi, assaporando quei contatti; cercavo in quel modo di alleviare un po' di quell'angoscia che pervadeva la sua mente.
"Mi dispiace." Sussurrai e lui aprì gli occhi.
Le sue iridi verdi s'impuntarono sul mio viso, nei miei occhi, pregandomi per un po' di sollievo.
Con le dita strinsi i capelli alla base della sua nuca e lo attirai al mio corpo lasciando che vi si adagiasse sopra e trovasse quel conforto che necessitava da anni.
"Adesso avete trovato qualcuno che vi vuole bene però, no?" Gli dissi, facendo riferimento ai suoi genitori adottivi.
Con il suo corpo ancora aggrappato al mio ed il suo capo appoggiato sul mio petto, deglutì.
"Non abbiamo mai avuto un buon rapporto con i nostri genitori adottivi." Temporeggiò, "sono sempre stati troppo concentrati sulla fama, sul denaro e sul successo, per badare davvero a noi."
Immagini di due ragazzini desiderosi di un affetto a loro negato mi sfiorarono i pensieri. Mi sentivo come se quel dispiacere stesse per avvolgere anche me, come se le sue sofferenze fossero anche le mie.
"A volte penso che ci abbiano adottati soltanto perché non potevano avere dei figli ed era fondamentale per loro avere qualcuno che portasse avanti il nome di famiglia."
Giocavo con i suoi ricci, continuando ad immaginare cosa si potesse provare ad essere al suo posto.
Io avevo sempre avuto uno splendido rapporto con i miei genitori, mi avevano sempre dato e concesso tutto dentro ogni limite, non avevano mai permesso che nulla mi mancasse, mi avevano cresciuta ed amata senza nessun freno. Ed io avevo sempre apprezzato ogni loro sforzo purché io riuscissi a laurearmi e a portare a termine i miei sogni, purché io fossi davvero felice. Grazie a loro lo ero davvero e sempre stata.
Ad ogni modo, mi concentrai ancora sulla voce di Harry.
"Immagini quanto potessero essere contenti loro d'adottare due fratelli, d'avere un primo genito che da grande prendesse il posto di lavoro di mio padre. Ma mio fratello non ha mai voluto prendere il suo posto, non ha mai voluto essere come lui."
"Perché?" Domandai.
"Perché non ha mai sopportato l'idea che qualcuno che non fosse il nostro vero padre potesse imporgli delle regole ed obbligarlo ad essere ciò che lui non voleva diventare."
Avevo conosciuto Nick come una persona tanto allegra e disponibile, preoccupata per il fratello minore ed affezionata a quest'ultimo in un modo che faceva invidia. Non avrei mai immaginato ognuno di quei singoli problemi soltanto guardandoli.
"Che lavoro fa tuo...padre?" Tentennai nel pronunciare quell'ultima parola.
"L'avvocato."
Non conoscevo i suoi genitori adottivi, non li avevo mai nemmeno visti, eppure mi sentivo come se avessi già un'idea completa di ciò che erano. Molti pregano per avere un figlio a cui concedere tanto di quell'affetto e disprezzavo un po' il fatto che loro fossero invece riusciti ad averne ben due, ma non erano invece mai stati in grado di concedere loro abbastanza amore da farli sentire al sicuro e non con il bisogno di fuggire dalle mura di quella che sarebbe dovuta essere la loro unica casa. Harry sembrava considerare più un luogo sicuro e tranquillo, il suo studio.
"A te non ha mai chiesto di diventarlo?"
"No, io, per mia fortuna, sono un pittore, ho la mia di fama, il mio di successo, molte persone mi conoscono e mi elogiano, molte altre tengono i miei quadri nelle loro bellissime e sofisticate dimore. Non dipingo per questo, che sia chiaro, dipingo perché è l'unica cosa che a volte mi fa stare bene. E loro sembrano essere ossessionati dal fatto che mio fratello non voglia diventare un avvocato."
Annuii, comprensiva. Avevo visto con i miei stessi occhi quanto successo, tra le persone, i quadri di Harry riscuotessero, molto probabilmente i suoi genitori di questo erano fieri: un figlio che, in un modo, era riuscito a far spargere il suo nome tra la gente, proprio come desideravano.
"Se litigo con loro è perché continuano a far pressione su di Nick e non lo sopporto; lui per me c'è sempre stato ed io vorrò sempre esserci per lui."
Sospirò un'ultima volta prima di parlare ancora, "altre volte sono fermamente convinto che per mio fratello chiamarli "mamma" e "papà" è solo un disperato tentativo di ricucire quella parte di lui che con la morte dei nostri genitori gli è stata strappata."
Fu lì che smettemmo di parlare.
Harry con gli occhi chiusi, cullato dalle mie mani e dalle mie carezze, che cercavano invano di proteggerlo dalla violenza delle sue mancanze.
Il suo corpo teneva caldo il mio, il mio cuore cercava di riscaldare il suo.
Abbracciati, lontani dal mondo e da qualsiasi forma di dolore; io cercavo un rimedio per lui, lui cercava un rimedio per suo fratello.
Solo allora compresi finalmente il legame che teneva ben saldi insieme i due fratelli.
Harry era per Nick, così come Nick era per Harry, l'unico ricordo vivo della loro famiglia felice.

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora