18. Sulla pelle

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Harry continuava a ridere e sembrava essere diventato così di buon umore. Aveva quasi bruciato la cena per ben due volte e rideva della sua incapacità; e quel suono era così coinvolgente, che mi ritrovai a ridere anch'io a crepapelle.
L'atmosfera cupa dopo l'incontro con sua madre si era dissolta totalmente, quasi non si fosse mai presentata e quella donna non avesse mai fatto un fastidioso commento rivolto a Nick. Ero felice di questo, visto che per un attimo avevo creduto che tutto fosse stato rovinato. Preferivo di gran lunga quando lui sorrideva, o scherzava, il suo sorriso tanto capace di rallegrarmi la giornata.
"Sei un pessimo cuoco, Harry!" Esclamai, ridendo.
Dopo aver cenato, soltanto io e lui, seduti l'uno difronte all'altro, con le nostre mani a sfiorarsi ed i nostri occhi a guardarsi, salimmo su per le scale fino alla sua stanza.
Calda ed accogliente, quella stanza, avvolse i nostri corpi con una piacevole sensazione d'essere finalmente soli. Nonostante in quella casa, ormai, non ci fosse più nessuno, sembravamo entrambi troppo esposti agli occhi di qualcuno, ma dentro quella stanza eravamo soltanto ed esclusivamente io e lui.
Mi scompigliò i capelli, prima d'allungare le braccia e stringermi, facendo in modo che la mia schiena aderisse perfettamente con il suo petto. Appoggiò le labbra al mio orecchio, mordendone giocosamente il lobo.
"Però hai ripulito il piatto."
"Solo perché ti ho dato io una mano, altrimenti rischiavo di cenare con qualcosa di particolarmente cotto."
Harry rise ancora, stringendo di più le sue braccia alla mia vita e sollevandomi per farmi volteggiare. Strillai il suo nome quando le piante dei miei piedi non furono più a contatto con il pavimento, lui continuò a girare su se stesso ed io finii per ridere a crepapelle, forse come non avevo mai fatto.
Non ricordavo d'essermi mai sentita così, o forse era passato troppo tempo; sembravano essere passati anni dalla volta in cui il mio cuore era stato tanto leggerlo e tanto felice, dall'ultima volta in cui avevo riso così tanto; troppo tempo per ricordare. E per questo dovevo ringraziare quel bellissimo ragazzo, che con una cena quasi bruciata, mi aveva però fatta ridere come una matta.
Quando mi rimise a terra, velocemente, mi spostai tra le sue braccia, soltanto per lasciarmi prendere ancora una volta in braccio, ma stavolta con il viso rivolto verso il suo e le gambe non più a penzoloni in aria, ma avvolte al suo bacino. Harry indubbiamente possedeva tanta forza e facilmente sollevò ancora una volta il mio corpo, prendendosi anche il permesso di stringere, per il suo piacere, le mie cosce. Più volte aveva ribadito, non solo con le parole, ma anche con i gesti, quanto amasse il mio corpo, ed io sorridevo sempre ad ogni sua forma di complimento. Harry non era mai volgare nei gesti, o troppo invadente, non allungava mai le mani nei momenti poco opportuni, ma capiva quando possedeva la libertà sul mio corpo e quando non era invece nemmeno il momento di pensarci.
Lo baciai sulla bocca, prima di scivolare con le labbra lungo tutto il suo viso, cullando delicatamente la sua pelle con i miei gesti. Harry sorrise; sembrava quasi tanto felice.
Mi domandai se si sentisse felice tanto quanto lo ero io in quell'istante.
Qualsiasi cosa ci fosse tra me ed Harry stava diventando grande, tanto grande d'avvolgermi completamente e non lasciare più spazio per altro nella mia mente.
"Mi piace stare con te, Harry." Sussurrai, guardandolo negli occhi.
Quasi fosse un segreto, lasciai che la mia voce uscisse tanto leggera da permettere soltanto alle nostre orecchie di udire quelle parole.
"Quanto, esattamente, ti piace?" Domandò, sorridendo.
Sfregai il mio naso contro il suo, ridacchiando come una bambina.
Mi piaceva stare con lui, mi piaceva anche troppo, forse più del previsto, forse più di quanto mi fosse concesso, o di quanto fosse permesso.
Eppure, a pensarci bene, questo un po' mi preoccupava, quel legame morboso nei suoi confronti, che lentamente si stava impadronendo di ogni meandro della mia mente e del mio cuore, un po' mi preoccupava. Non mi ero mai sentita tanto legata a qualcuno e mi preoccupava il pensiero di come mi sarei sentita se mai lui avesse deciso di troncare qualunque cosa lo tenesse legato a me; eppure mi bastava guardarlo, mi bastava stringerlo e baciarlo in quel modo per sentire ogni preoccupazione, ogni esitazione, o timore, scivolare via dal mio corpo e lasciare la mia mente libera di stringerlo e di desiderarlo più di prima. Harry era indubitabile qualcosa che mai avrei voluto perdere. Faceva bene alla mia anima.
"Forse anche troppo." Risposi.
"Ed è un problema?"
Mi basta guardarti per capire però che no, non è affatto un problema, che molto probabilmente non potrebbe nemmeno importarmi se sparirai e dovrò, in futuro, fare i conti con la tua assenza, non se questo pensiero potrebbe rovinare quello che siamo oggi. Scelgo allora di guardarti negli occhi e dirti la verità.
"No, per niente." Affermai, sicura delle mie parole.
E lui mi sorrise, dolce e sincero, ammaliato.
Accarezzai le sue guance, lui lasciò che il mio corpo scivolasse fino a poggiare i piedi per terra, sfregando contro il suo. La mia maglietta si alzò sui fianchi ed Harry ne approfittò, per potervi poggiare la mano sopra e toccare la mia pelle.
Calò il silenzio mentre lentamente ci spostavamo sul suo grande letto, adagiandoci sulle coperte, per poi stringerci forte e vicini.
Sorrisi mentre lui sfregava il naso sulla mia guancia e percorreva il mio braccio con la punta delle dita, leggero e delicato. Un lieve velo d'imbarazzo ricoprì il mio viso quando con la mano abbandonò la pelle del mio braccio, spostandola sul mio seno.
"Harry." Mormorai.
Portai la mano sulla sua, intrecciando le nostre dita ed allontanandola per posarla invece sul mio ventre. Harry rise, stringendomi al suo petto e ringhiando giocosamente al mio orecchio.
"Sei in imbarazzo?" Sussurrò infine.
Alzai lievemente le spalle, mordendomi il labbro inferiore. Con Harry eravamo passati oltre il livello d'imbarazzo o di timidezza, eppure i suoi gesti mi fecero tremare e stringere al suo petto per nascondere il mio viso.
Ma lui continuò ad accarezzarmi con le sue mani calde e grandi, a coccolarmi con i suoi baci bollenti ed i suoi sorrisi affettuosi.
"Ti ripeto che non devi. Amo il tuo corpo."
Infine restammo abbracciati sul letto, in silenzio e con un filo d'imbarazzo ancora tra i miei gesti, sicurezza tra i suoi.
La sua affermazione mi lusingava e confermava tutti quei complimenti che sempre in silenzio mi aveva fatto, o quelli che già precedentemente mi aveva detto.
Non mi ero mai posta il problema se il mio corpo potesse apparire, o meno, attraente agli occhi di un uomo; sapere però che Harry apprezzava le mie piccole forme, o il mio corpo fragile accanto al suo, mi rincuorava. D'altronde, ripeto ancora e ricordo che mi bastava guardarlo semplicemente negli occhi per sentirmi anche solo un briciolo più bella, capirlo dai suoi sguardi sempre attenti a ciò che ero ed ai miei più piccoli gesti.
"Lo sai qual è stata la prima cosa che ho pensato quando ci siamo incontrati?" Sussurrò.
Mormorai, scuotendo piano il capo. Mi allungai per lasciare un bacio sul dorso della sua mano intrecciata alla mia.
"Quale?"
Harry tirò un respiro ed allungò un braccio dietro la mia testa, stringendo i miei capelli tra le sue dita, accarezzandomi delicatamente. Era tanto dolce ed accurato, attento ai suoi gesti, attento a lasciarmi un segno sulla pelle, spostando i miei capelli e baciandomi sul collo.
L'aria intorno a noi si riscalda e tu ti avvicini, incolli i nostri corpi, scopri con le tue mani le mie forme, le tasti e le ami, con mille baci.
Sarei disposta a fare ancora con te l'amore.
"Mi sono chiesto se tu fossi reale, o soltanto un miraggio." Disse.
Lo guardai attentamente, cercando nei suoi occhi una finzione che non trovai. Harry con gli occhi non faceva altro che confermare ciò che le sue labbra avevan riferito.
Sfregò la bocca sulla mia ed io persi quasi la testa.
"Ti ho voluta mia dal primo istante."
Afferrai prontamente la sua nuca, attirandolo a me e baciandolo.
Un bacio infuocato, tremendamente emozionante, fuori controllo il mio cuore e le mani tremanti, incapaci di trovare qualcosa a cui aggrapparsi. Strinsi allora la sua maglietta in un punto e sollevai il capo soltanto per approfondire quel bacio, in cerca di un appiglio. Mi ricordava tanto la prima volta che le nostre labbra si fossero toccate, entrambi troppo presi dalle sensazioni per ragionare razionalmente anche solo un istante, senza timori e timidezze. Tutte le mie si erano sciolte e la sua spavalderia aumentava.
"E adesso che lo sono?" Domandai, ammiccando.
"Non ti lascio scappare." Ringhiò giocosamente, mordendomi la spalla.
Sorrisi.
Ma chi vuol andar via?
Se solo potessi, resterei interi giorni, o tutta la vita, stretta a te, che mi proteggi da un mondo crudele, che non ci appartiene.
Tirai, con le dita, i suoi capelli indietro.
"Io ho pensato che tra tutti quei bellissimi dipinti, tu eri l'unica e vera opera d'arte. Tu sei arte, Harry."
Confessai i miei pensieri, dichiarai le mie certezze. Perché Harry lo era, in poco tempo, diventata: l'unica perfetta certezza tra milioni di paure, brividi e terrori.
Lo guardai sorridere, quasi troppo felice. Ricordo ancora i suoi occhi quella sera: diversi, limpidi e luminosi come non li avevo mai visti.
Mi illusi un po' del fatto che io potessi essere la ragione di tutta quella quiete che aleggiava sul suo stato d'animo, io capace di fargli dimenticare l'incontro con sua madre, io capace di scacciare i suoi demoni ed allontanare tutti quei segreti che un giorno forse m'avrebbe rivelato.
M'illusi della convinzione che io ero diventata quello che lui per me era stato, sin dal principio.
M'illusi di quelle sensazioni.
Ma quell'illusione era abbastanza per credere d'essere io abbastanza per lui.
Silenziosamente tirai la sua maglia, indicandogli il mio intento.
Volevo guardarlo, vedere tutta quell'arte che lui era e provare a toccarla con le dita, a partire dai tatuaggi incisi sulla sua pelle.
Lentamente si sfilò quel leggero indumento che ricopriva il suo torace ed i miei occhi rimasero folgorati da quell'infinita perfezione. La notte in cui andammo a letto insieme avevo guardato bene quella parte del suo corpo, ricevendo anche un sorriso da parte sua, e più volte, tra mille baci e sospiri, mi ero chiesta quale fosse il significato di quei tatuaggi. Quella notte sentii di poterglielo chiedere.
Mi spostai sul suo corpo, al centro del suo petto luccicava il ciondolo della sua collana, ed io mi chinai a baciare la farfalla tatuatavi al di sotto. Restò in silenzio, concentrato sulle mie azioni, curioso dei miei gesti, tacendo, come sempre, i suoi pensieri.
"Hanno tutti un significato?" Domandai, toccando con i polpastrelli delle dita la pelle della sua spalla tinta di nero.
"La maggior parte."
Scesi con le dita sul suo addome, sfiorando il suo stomaco, toccando i nei sotto il suo petto, giocando con la sua collana.
Notai, tra i tanti tatuaggi, due differenti cuori: uno umano ed uno come noi tutti lo disegniamo.
"Perché due cuori?" Gli chiesi, indicandoli.
Prese la mia mano, giocando ad intrecciare le nostre dita, temporeggiando; attesi pazientemente le sue parole, guardandolo dall'alto.
"Uno è finzione, l'altro è realtà." Adagiò la mia mano sul suo petto, all'altezza del cuore, "ed io è questo quello che voglio essere."
Riuscii a sentire il suo cuore battere, forte e veloce, sotto il palmo della mia mano fredda, posta invece sulla sua pelle calda. Sentii poi il mio palpitare più forte, quasi fino a scoppiare.
"Ma a volte, è soltanto questo," spostò la mia mano sul tatuaggio di quel cuore sinonimo di finzione, "che io riesco ad essere."
"Perché?" Sussurrai.
La mia voce un filo udibile appena, spiazzata dal suo commento.
"Fingere, in certe occasioni, è più semplice."
Nella mia mente mi chiesi per quale motivo lui avesse mai dovuto fingere.
Ma a volte, lui aveva ragione.
Fingere è più semplice, fingere fa meno male, fingere ti preoccupa di meno, fingere ti aiuta a stare lontano da chi di te non ha mai capito nulla e vive dei giudizi altrui.
Mi chinai, poggiando le labbra sul suo orecchio ed i miei capelli fecero da scudo al mio viso imbarazzato, coprendo le mie guance.
"Con me non devi mai fingere, Harry."
"Con te non voglio fingere."
Mi abbracciò come a dirmi col suo corpo, con quel contatto, che lui con me non sarebbe mai stato finzione, che se mai io avessi conosciuto la parte più buia di lui, sarebbe assolutamente stata verità.
Continuai ad accarezzare il suo corpo, lasciando qualche bacio di tanto in tanto, per sentirlo sospirare e vederlo sorridere, fin quando non ci ritrovammo senza maglietta entrambi e con le mani sempre più tremanti.
"Hai anche tu qualche tatuaggio." Disse, baciando uno di questi.
Fissò la sua attenzione sulla scritta live a little che avevo tatuato al mio diciottesimo compleanno sulla clavicola destra.
I miei tatuaggi erano sempre stati parte di quello che ero e di ogni istante che vivevo; ciascuno di quelli che avevo racchiudeva un pensiero che m'apparteneva. Non avevo mai tatuato qualcosa di estremamente grande, tutti molto piccoli e rigorosamente neri, fatta eccezione per uno, tracciato da una leggera sfumatura di rosso.
Tracciò il contorno, con le labbra, del palloncino che avevo tatuato sull'avambraccio.
"Questo l'ho visto la prima volta che ci siamo incontrati." Sussurrò sulla mia pelle.
Tracciò con il respiro la pelle del mio braccio, fino alla scritta, elegante e quasi invisibile, soul. Dipinse sulla mia pelle il suo segno, poggiando le labbra sul mio collo ed imponendo la sua presenza con un violento colore rosso, mischiato ad un tenue viola; strinsi i capelli sulla sua nuca, sorridendo.
Dipinti incisi con le tue labbra sul mio corpo, mischiando la tua esistenza alla mia, tra quei segni neri di forme varie e frasi diverse, che hanno già colorato la mia pelle e tracciato parte della mia vita.
Passò poi a baciare la mia gamba sinistra, partendo dalla coscia fino ad arrivare alla caviglia, stringendo con le dita il mio corpo e percorrendo l'immagine del tulipano incisa lungo il polpaccio di quella stessa gamba.
Quel tulipano, l'unico tatuaggio sulla mia pelle ad essere colorato, simbolo del vero amore: eterno, ma terribilmente doloroso. Lessi un tempo, un'antica leggenda che narrava che il tulipano nacque dalle gocce di sangue d'un giovane ragazzo suicidatosi dopo una delusione d'amore. Il cuore spezzato ed in frantumi, amare fino a morire.
Mi affascinò talmente tanto quella storia, quell'amore tanto travolgente e malato da portare alla morte, da scegliere di tatuarmi quel simbolo.
Inconsapevole ch'io un giorno avrei vissuto quell'amore sino a finire ogni pezzo di quello che ero.
"Questo, invece, la prima volta in cui sono venuto a prenderti in libreria. Indossavi un bellissimo vestito azzurro."
Sorrisi, infondo per niente sorpresa del fatto che ricordasse quel particolare; Harry era sempre stato molto attento ai dettagli che mi caratterizzavano.
Annuii, accarezzando il suo viso.
Mi baciò la mano, la croce tatuata lungo il mio indice, la stessa croce che lui portava sul dorso; le nostre mani perfettamente unite.
Passò infine a toccare e baciare i due cuori intrecciati dietro il mio orecchio sinistro. Quelli erano i miei genitori, incisi sulla mia pelle; il cuore mi pianse quando tacqui il significato di quel simbolo dinanzi la storia di Harry.
Mi promisi che io sarei stata lì quando lui si sarebbe sentito solo, a ricordargli che più così solo non era.
"E questo la prima volta che abbiamo fatto l'amore."
Intrecciai le braccia attorno al suo collo, una gamba sul suo bacino, come a non lasciarlo mai fuggire, come per paura potesse svanire.
Ricordi sbiaditi mi scossero la mente, così come la mia pelle, che si ricoprì in ogni angolo di brividi; quella notte ormai lontana, mi faceva sempre battere il cuore da impazzire.
"Ma ce n'è un altro, non è vero?"
Mi morsi le labbra, guardandolo negli occhi, lui lesse da questi quella risposta affermativa che le mie labbra non pronunciarono per imbarazzo.
Con le mani allora cercò quel punto di pelle tatuata, io lo guidai fin sotto il bordo del reggiseno, poco più in alto delle costole. Allungò la mano dietro la mia schiena, sganciando ciò che copriva il mio petto ed io chiusi gli occhi, intimorita, quando mi aiutò a sfilarlo. Per istinto cercai di ricoprirmi con il braccio quella parte mia di corpo più intima, adesso scoperta, ma lui fu più veloce e fece in modo che le mie intenzioni fossero vane, guardandomi negli occhi ed infondendomi quella sicurezza di cui avevo bisogno.
"È il mio preferito questo." Sussurrai.
Si calò allora a baciare la piccola luna, tinta in nero e vivida sulla mia pelle chiara.
La luna, l'incostante volto della natura, capace di dominare anche il buio e fuggire dalle paure, far invidia al sole e alle stelle, farsi ammirare, farsi confessare anche i più proibiti e vergognosi silenzi, fatta d'amore e di bellezza, di luce e poi di buio.
Ma Harry non si fermò in quel punto, continuò a baciarmi, fino a salire sul mio petto e dedicare le attenzioni anche ad altre parti del mio corpo, invidiose di quel contatto, fino a giungere ancora alle mie labbra e a baciarle prima di sussurrarmi parole soltanto nostre.
"Fai l'amore con me."
Quella volta lo ero però, quella volta era fare l'amore. Farlo come non si era mai fatto, amore spietato, caldo ed infuocato, lento e dolce, romantico e da far girare la testa.
Amore che ancora noi non comprendiamo, ma che c'è e che ci travolge fino a farci diventare folli.
Tu sulla mia pelle, io sulla tua.
Insieme ancora e fino alla fine senza fiato.

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Quanto amo la foto che ho allegato e quanto amo quella che ho come icon!
Quanto amo Harry, il caso è chiuso.
E quanto inizio ad amare anche questi due ahah
Spero sia lo stesso per voi.
Vi aspetto allora nei commenti, fatemi sapere cosa ne pensate di tutta questa storia.
Un bacio, endless love. xx

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora