27. Certezza

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Lasciare il letto era un trauma. Con il corpo di Harry caldo premuto sul mio, con il suo buon odore a circondare il mio, il cinguettio degli uccelli fuori dalle finestre, i raggi del sole ad infrangersi sulle nostre pelli poco coperte, erano tutti validi motivi per continuare a restare a letto.
Ero praticamente distesa per intero sul suo corpo, con la testa appoggiata al suo petto, le mani avvinghiate sulle sue spalle, le gambe intrecciate alle sue, mentre lui con le braccia mi avvolgeva, proteggendomi dolcemente.
Mormorai, stringendo gli occhi, prima di aprirli e lasciarmi abbagliare dalla luce dei raggi del sole. E rimasi per pochi secondi ferma, cercando intanto con gli occhi di mettere a fuoco l'ambiente intorno a me, e con la mente realizzare le situazione. Era mattino ed io ed Harry eravamo nel mio letto, a casa mia, con i miei genitori a poche stanze distanti, ancora quasi o completamente, nel caso di Harry, addormentati.
Alzai il viso dal suo petto, per guardarlo, spostando anche le mani dai suoi fianchi per portare la punta delle dita ad accarezzare il suo volto. La lieve peluria sul suo mento pizzicava i miei polpastrelli ed io sorrisi: amavo quella lieve barbetta, per niente folta o fastidiosa; amavo sentirla tra i baci, sul bordo delle sue labbra, adoravo poi sentirla pizzicare lievemente il mio viso ad ogni suo bacio su di questo.
Mi allungai, per trovarmi faccia a faccia con lui, che con un grande respiro mi face capire che si stava per svegliare; scivolò con le mani lungo il mio corpo e dalle mie spalle passarono alla base della mia schiena; alla fine aprì gli occhi rivelandosi quelle due meravigliose iridi verde giada, al mattino ancora più splendente.
Ma non si dilungò a guardarmi troppo, perché l'attimo dopo mi stava già stringendo per abbracciarmi forte, talmente tanto da mozzarmi il fiato.
Sospirò, girando i nostri corpi, così da poter nascondere il viso nel mio collo. Nessuna parola venne detta per un po', c'era solo il suono del nostro respiro, mischiato al battito dei nostri cuori e poi qualche mormorio di apprezzamento prodotto dalla bocca di Harry. Accarezzavo adagio i suoi capelli lunghi, passandovi la mano e sfregando le unghie sulla sua nuca di tanto in tanto, mentre lui con una mano stringeva il mio fianco e con l'altra si avvicinava al mio fondoschiena; non era però un gesto fatto con malizia, o volgarità, semplicemente mi toccava come si toccano le cose fragili e facili da distruggere, delicato e dolce nelle sue azioni.
Solo dopo un po' di minuti mi permise di guardarlo negli occhi, alzando il capo; la sua espressione era assonnata, gli occhi socchiusi, ma rilassato, i capelli in disordine totale.
"Buongiorno." Sussurrai.
Portò la mano sulla mia gamba, accarezzandola e nel frattempo chinandosi per baciarmi sul viso, lungo la mascella, sul collo.
"Buongiorno, amore." Mormorò, con la voce ancora impastata dal sonno.
Il mio cuore batté velocemente per due esatti motivi: la sua voce, che mi penetrava dentro, s'infiltrava nelle vene, fluiva col sangue e giungeva al cuore, potente e spietata; e poi quel piccolo soprannome, che tanto adoravamo dire e sentirci dire.
Raccolsi il suo viso tra le mani, poggiando la mia bocca sulla sua, indugiando per sentirne il gusto e godere di quel piacere immenso che queste ad ogni contatto mi regalavano, anche al più piccolo tocco, era sempre un'esplosione di emozioni.
Sfregai il naso sul suo, sorridendo al termine di quel bacio.
"Dormito bene?" Gli chiesi.
"Meglio di così si muore."
Risi, stringendolo in un abbraccio; dopodiché mi spostai, sedendomi a gambe incrociate sul letto, mentre lui invece restava disteso supino, con gli occhi rivolti a me.
"Questa sera voglio portarti in un posto." Dissi.
E quel posto era Mondo Amico. C'avevo pensato un po' qualche sera prima; quel posto era stato e continuava ad essere parte fondamentale della mia vita, lì avevo imparato tante di quelle cose, avevo attraversato i miei più grandi cambiamenti, ero maturata, e tutte le persone che ne facevano parte conservavano un piccolo posto nel mio cuore; la mia seconda grande famiglia. Volevo portarci Harry per far conoscere anche a lui quel Mondo bellissimo, che ti aiutava a riflettere e crescere, perché davvero, quello non era un posto soltanto per tossici, ma il perfetto luogo dove riscoprire ed essere se stessi. Ero sicura Harry ne avrebbe tratto le più belle sfumature di quel luogo, lui era un pittore, lui osservava le cose e le imprimeva nella sua mente per come realmente erano e non metto in dubbio il fatto che avrebbe potuto coglierne anche gli aspetti più cupi, come la storia di ciascun uomo, o donna, costretto a lottare contro una dipendenza distruttiva, ma non mancavano quelli positivo, come il coraggio di chi l'aveva sconfitta questa dipendenza, con gloria e forza da invidiare.
Ad ogni modo, Harry mi rivolse uno sguardo interrogativo.
"Dove?"
"Questa sera vedrai."
Mi chinai a lasciargli ancora un bacio sulla guancia. Annuì, accordandomi e richiedendo, con un enorme sorriso sul viso, l'ennesimo bacio. Che poi non si limitò a lasciar poggiare le nostre labbra insieme, ma spinse quel bacio al limite della castità, rompendo qualsiasi barriera di purità; mi attirò al suo corpo, tracciando avidamente le curve del mio con le mani e scontrando con tanta intensità le nostre bocche.
"Sto fottutamente impazzendo." Ringhiò giocosamente, afferrando la mia nuca.
Mi mancava il respiro, con le mani toccavo il suo petto, poi le sue spalle, il ventre, il bordo dei suoi boxer, tremando e non sapendo cosa toccare e dove lasciare che si poggiassero.
"Sei già pazzo." Ridacchiai.
"Può essere."
Opposi resistenza al suo ultimo tentativo di prolungare quel bacio, ridendo e premendo le mani sul suo petto. In risposta, abbandonò le mie labbra e morse caparbiamente il mio collo, stringendo i denti e lasciandomi un segno più che evidente; nonostante i miei falliti tentativi di allontanarlo per recuperare un pizzico del respiro che ogni benedetta volta, con quei baci, mi toglieva, strinse le braccia attorno alle mie spalle, non lasciandomi di conseguenza alcuna via d'uscita. Mi arresi, sospirando.
"Hai finito?" Mi domandò, quando mi appoggiai al suo corpo, smettendola di muovermi.
Risi, assestandogli una leggera gomitata e lui rispose tirando tra i denti un lembo della mia pelle.
Soltanto quando si stancò di baciarmi si lasciò andare sul letto, braccia e gambe distese sulle mie coperte candide in contrasto con il nero dei suoi tatuaggi.
Sorrisi, perché quel ragazzo disteso lì, davanti ai miei occhi, era il mio ragazzo; silenzioso, affascinante, terribilmente attraente e anche un po' matto, ma tutto quello che contava allora.
"Vado a vedere che fine hanno fatto i miei genitori." Dissi.
Mi alzai dal letto, afferrando una vestaglia di seta dall'armadio, Harry annuì soltanto continuando però a sorridere.
Quando uscii dalla mia stanza, le mani mi tremavano mentre cercavo di chiudere la vestaglia e stringere la cintura alla vita, ed il cuore mi batteva talmente veloce che per poco non m'esplodeva il petto.
Scesi le scale, veloce e felice, trovando mia madre seduta in cucina con una tazza di the tra le mani ed un piatto con fette biscottate a fianco.
"Buongiorno!" Esclamai, schioccandole un bacio sulla guancia.
La strinsi brevemente in un abbraccio, pervasa dalla felicità, cosa che incuriosì mia madre. Mi sorrise e sul suo viso si mostrava un'espressione che lasciava capire quanto fosse consapevole del mio buonumore.
"Buongiorno, tesoro." Rispose, pacata.
"Papà è già uscito?"
Mia madre annuì soltanto. Addentai un biscotto al burro, pensando che non avrei potuto portare la colazione ad Harry, almeno non gin quando mia madre si sarebbe aggirata in casa.
"E tu? Questa mattina hai da fare?" Indagai, fingendo quanta più indifferenza possibile.
Se mia madre sarebbe rimasta a casa quel giorno, ad Harry non restava che uscire dalla finestra, perché che venissimo scoperti alla fine era fuori discussione. Mi sentivo una ragazzina di quattordici anni, in preda al primo amore fatto di piccole fughe e sotterfugi, stupide scuse e cento uno bugie, grandi limonate di nascosto e qualche imbarazzante palpata a destra e sinistra.
"Devo portare a termine un paio di commissioni."
Si portò la tazza di the alle labbra, sorseggiando la bevanda e guardandomi dal bordo di ceramica ed io pensai che non poteva andare meglio di così.
"Hai dormito bene?" Mi chiese di punto in bianco, rompendo quel silenzio che s'era un po' formato.
"Mh, sì."
Appoggiò la tazza sul legno del tavolo, fingendo indifferenza e fissando la prima pagina del giornale lì poggiato.
"Ed il bel ragazzo con i capelli lunghi? Ha dormito bene anche lui?"
Mi si gelò il sangue nelle vene ed il cuore smise di battere. Nessun sotterfugio, eravamo stati scoperti.
Mi schiarii la gola.
"Cosa?" Finsi confusione.
Ma pessima finzione, si vedeva da lontano un miglio ch'ero stata beccata in pieno mentre cercavo di nascondere un ragazzo tra le mie coperte.
"Figlia mia, hai ventun anni, ma questo non mi vieta di venire a controllare se sei rincasata la scorsa notte; d'altronde, vivi ancora sotto questo tetto."
Si sistemò i capelli dietro le spalle, tornando poi a stringere la tazza ancora piena di una bevanda ormai non più fumante.
"E ringrazia il cielo che io non abbia mandato tuo padre a farlo."
Merda, pensai.
E proprio solo il pensiero mi spaventava, non ero ancora psicologicamente pronta ad affrontare un padre geloso ed estremamente protettivo come il mio.
"Sei arrabbiata?"
"Facciamo che io adesso esco e quel ragazzo qui non c'è mai stato, okay?"
Deglutii, annuendo. Non riuscivo ancora a credere ch'eravamo stati scoperti, confermando ancora il mio comportamento da quattordicenne innamorata.
"Adesso va da lui e, tieni," mi porse il pacco di biscotti, "portagli qualcosa da mettere sotto i denti."
Accennai un sorriso, avvicinandomi per abbracciarla velocemente e ringraziarla per essere così cooperativa, anche se sapevo che se sarebbe successo ancora avrebbe reagito diversamente. Potevo anche avere ventun anni, ma vivevo pur sempre sotto li stesso tetto dei miei genitori ed in quella casa dovevo un po' seguire le loro regole. Le conseguenze di una famiglia protettiva e tradizionale.
Prima che potessi andare via completamente però, mia madre richiamò ancora la mia attenzione.
"Ah, e Scarlett?" La guardai, "Spero non abbiate fatto nulla questa notte, o quanto meno spero abbiate usato le giuste precauzioni, vero?"
Sbarrai gli occhi, scuotendo vigorosamente la testa.
"N-noi-" balbettai, "abbiamo soltanto dormito."
Detto questo, letteralmente scappai dalle grinfie protettive ed invadenti di mia madre. Il solo pensiero era talmente imbarazzante, mia madre che credeva che io ed Harry avessimo fatto sesso.
Rientrata in camera mia Harry aveva indossato una t-shirt ed in piedi controllava una cosa sul suo cellulare, anche se il mio arrivo lo distolse dal suo compito. Mi si avvicinò con un ampio sorriso sul viso, afferrando i biscotti dalle mie mani.
"Sono per me questi? Grazie piccola, stavo morendo di fame."
Afferrò un biscotto dal pacco, prima di lasciarmi un piccolo bacio sulle labbra. Ma mentre masticava il suo biscotto si accorse della mia espressione ancora confusa da ciò che mia madre m'aveva detto; appoggiata con le spalle alla porta, fissavo un punto vuoto della stanza.
"Che succede? Sembra che hai visto un fantasma."
"Mia madre ci ha scoperti."
Spostai gli occhi sul suo viso, mordendomi il labbro inferiore. Harry rifletté per un po' sulle mie parole, poi si mise a ridere.
"Harry, non ridere, dico davvero!" Strillai.
Mi avvicinai a lui che a differenza mia sembrava così divertito del fatto che mia madre c'aveva beccati: quasi nudi, nel mio letto ed in piena notte.
"Ci ha visti senza vestiti ed ha pensato che avessimo fatto sesso, mi ha raccomandato anche di usare le giuste precauzioni!" Esclamai con voce acuta.
Ma questo divertiva soltanto di più Harry, che scoppiò a ridere, appoggiando una mano sull'addome e piegandosi in due.
Mi avvicinai a lui, schiaffeggiandolo sul braccio, ma cercando invano di nascondere un sorriso.
"Harry! Smettila di ridere, è una cosa seria!"
"Dai Scarlett, non puoi negare che è divertente: scoperti esattamente come due sedicenni." Disse, ridacchiando.
Scossi il capo, incrociando le braccia al petto, continuando a reprimere un sorriso. Harry si ricompose, appoggiando i biscotti sul letto ed avvicinandosi maggiormente al mio corpo; appoggiò le mani sui miei fianchi, guardandomi attentamente con una leggera aria divertita ancora sul suo viso.
"Noi non abbiamo fatto sesso, non eravamo completamente nudi e, in ogni caso, usiamo le precauzioni." Mormorò, mentre con le labbra accarezzava il mio viso, ma senza baciarlo.
Aggrottai la fronte; il solo pensiero che mia madre avesse potuto immaginare di me ed Harry nei nostri momenti più intimi, mi imbarazzava da morire. Non avevamo mai parlato di cose simili, nonostante fossi consapevole del fatto che lei immaginasse una mia possibile vita sessualmente attiva, soprattutto con il mio ex ragazzo, ma sentirgliene parlare era stato raccapricciante.
Harry appoggiò le labbra sulla punta del mio naso, lasciandovi un tenue bacio. Scivolò con la bocca fino al mio orecchio.
"Poi, possiamo sempre fare sesso adesso, almeno tua madre ti mette in guardia per qualcosa che abbiamo realmente fatto." Mormorò.
Con le mani accarezzò il mio corpo, soffermandosi sul mio fondoschiena come ad evidenziare l'invito sessuale delle sue parole.
Piagnucolai, scuotendo la testa.
"Non faremo sesso. Non qui."
"Peccato."
Morse il mio collo ed io lasciai finalmente che sul mio viso si aprisse un leggero sorriso. I suoi baci alterni ai suoi sussurri, sul mio collo e sul mio viso, placavano le mie ansie.
Lo abbraccia, per sentirlo a me più vicino e lasciarmi coccolare dalle sue attenzioni.
"Questa notte dormiamo da me, così non ci sarà nessuno a poterci scoprire; i miei ti conoscono ormai."
Il mio corpo si ricoprì di brividi e deglutii alle sue parole, basse e profonde nel suo modo di pronunciarle. Strinsi il suo corpo, abbandonandomi ai suoi baci infuocati sul mio collo, immaginandoci già a fare, ancora una volta e poi per tutta la notte, l'amore.
Harry era così dannatamente persuasivo; qualsiasi altra preoccupazione era svanita, lasciando spazio soltanto alle immagini dei nostri corpi uniti, che avevo conservato gelosamente tutte le volte ch'eravamo stati a letto insieme.
"Adesso, vestiti che appena esce mia madre, usciamo anche noi. Oggi ho il turno di mattina alla libreria." Dissi, riprendendomi da quello stato di sedazione derivante dai suoi baci.
Si allontanò da me, sorridendo, ma non prima d'avermi pizzicato il sedere ed avermi fatto l'occhiolino.
Sapevo cosa i suoi gesti stavano ad indicare e la notte che lui stava già pregustando.
Sorrisi.

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora