31. Destino

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Chissà se il destino esiste davvero.
Chissà se quello che diventeremo è già scritto da qualche parte, o se le scelte che faremo sono incise in qualche posto.
Chissà se anche io ed Harry eravamo destinati a conoscerci, ad amarci, a stare insieme oltre ogni aspettativa.
Chissà cosa poi ci riserva il futuro; ma per scoprirlo dobbiamo principalmente vivere.
Quella notte Harry mi portò al suo studio, per restare per un po' completamente da soli.
Appoggiai la borsa s'una sedia e mi sfilai le scarpe non appena il calore di quel posto avvolse la mia figura; guardai anche Harry togliersi le scarpe e poi lasciar scivolare via dalle sue spalle anche la giacca, che appoggiò ordinatamente sullo schienale della sedia dove io avevo messo la borsa. Mi avvicinai a lui, volendo giocare con i suoi capelli, volendo sospirare mentre mi abbracciava. Ridacchiai quando appoggiò la bocca sulla mia guancia e dapprima morse la mia pelle, per poi baciarla ripetutamente.
Ad ogni modo non passò troppo tempo prima che entrambi ci spostassimo sul letto per riposarci, stretti l'uno nelle braccia dell'altro; appoggia la testa sul suo petto, stringendo i suoi fianchi con le braccia, mentre lui prese ad accarezzarmi i capelli con la mano, intrecciando le nostre gambe insieme.
Affascinata quasi fosse la prima volta che lo guardavo, tracciai con la punta delle dita il contorno del tatuaggio a forma di farfalla che aveva inciso sull'addome; quel tatuaggio era sicuramente uno dei miei preferiti.
"Ti sei divertita questa sera?" Interruppe quel dolce silenzio.
"Sì, molto." Risposi, sussurrando.
Poi alzai il viso per guardarlo, appoggiai le mani sul suo petto ed il mento sulle mani; sembrava perso tra i suoi pensieri. Immaginai un po' il motivo di questo suo essere così pensieroso, desiderai poter cacciare via qualsiasi preoccupazione dalla sua vita. Harry non aveva mai avuto un vissuto semplice, aveva sempre dovuto affrontare svariate situazioni, perdere i genitori e non riuscire a trovare pace e conforto nemmeno all'interno di quella famiglia che si era presa cura di lui e di suo fratello.
E chissà se anche tutto quello era destino.
"Va tutto bene, amore?" Gli chiesi.
Spostai i suoi capelli, per lasciare il suo viso libero.
"Stavo pensando ad Erick."
"Ti ha dato fastidio?"
Afferrò con le mani le mie braccia per spronarmi ad avvicinarmi con il viso al suo, per poi passare ad accarezzare la pelle scoperta dei miei fianchi. Indossavo soltanto una sua maglietta, che però lui si ostinava a tirare su per accarezzarmi; diceva sempre di amare la sensazione della mia pelle sotto le sue dita.
"Io posso capirlo. È innamorato." Sospirò.
"È solo una cotta, Erick non è innamorato di me." Contestai.
Lui scosse il capo, contraddicendo le mei parole ed accarezzandomi il viso con entrambe le mani; mi sorrise, ma quello non era il sorriso che io tanto amavo, era malinconico, comprensivo.
"È evidentemente innamorato di te, Scar. Ed io non lo biasimo se non riesce ad accettare il fatto che tu ami un altro uomo."
Aggrottai la fronte, confusa dalla piega che stava assumendo quel discorso.
"Ho passato lo stesso, ho amato qualcuno che non mi amava e non è semplice."
Mi alzai dal letto, infastidita. Odiavo quando tirava in ballo la sua ex ragazza, odiavo quando mi ricordava d'aver già amato qualcuno; a volte, ascoltarlo parlare di quello, mi faceva temere il fatto che lui potesse amarla ancora, nonostante l'avesse negato più di una volta.
"Questo cosa significa, scusami? Perché tiri fuori sempre la tua ex?" Dissi, adirata.
Si sedette sul materasso, porgendomi una mano e facendomi cenno col capo di avvicinarmi, ma io rifiutai, incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa.
"Sto solo dicendo che non posso essere arrabbiato se si è innamorato di te perché anche io ci sono passato." Spiegò, "Non mi interessa parlare della mia ex ragazza, te l'ho già detto che quella storia è finita da un pezzo ormai. Voglio soltanto poter vivere questa nostra storia senza che tu debba allontanare i tuoi amici."
Ad ascoltare le sue parole, un po' del mio fastidio si sciolse, ma rimasi comunque ferma a tacere qualsiasi parola.
"Certo, non nego che mi da un cazzo di fastidio a vedere come ti fissa tutto il tempo, ma a questo punto l'unica cosa che potrei fare è cavargli gli occhi." Accennò un sorriso.
Soltanto allora spostai gli occhi dai suoi, fissando un punto indefinito alla mia destra, cercando invano di nascondere un sorriso.
Amavo quel ragazzo. Lo amavo quando era così dolce, quando era così geloso, quando mi diceva che io ero sua e poi faceva sì che insieme diventassimo una sola cosa. Lo amavo, sempre.
Velocemente salii sulle sue gambe, nascondendo il volto nell'incavo del suo collo e stringendo le braccia attorno a lui.
"Sei davvero meraviglioso." Sussurrai, con le labbra a sfiorarsi con le sue, "Ed io sono così fortunata."
Baciai la sua bocca, ma lui mi tirò per le spalle, interrompendo quel bacio, solo per guardarmi negli occhi con un'espressione seria.
"Questo non significa che potete stare da soli." Affermò.
"Che intendi?"
"Che se c'è Amanda o chiunque altro, va bene, ma tu e lui da soli no, okay? Ci sto provando a non odiarlo, ma tu non rendermela difficile."
Sospirai, annuendo.
Restavo comunque dell'idea che Harry era meraviglioso, che se fossi stata io al suo posto, gli avrei imposto, senza mezzi termini, di stargli assolutamente lontano.
"Dico sul serio, Scarlett. Se s-"
"Va bene, va bene." Lo interruppi.
E lui mi sorrise, lasciando che le nostre dita si stringessero.
Mi attirò verso di lui, invitandomi a distendermi ancora sul suo corpo, cosa che feci molto volentieri.
Lasciammo allora che il tempo scorresse in quel modo: stretti in quel vortice di carezze, di baci, di sguardi sinceri, accompagnati dal dolce e piacevole calore che i nostri corpi emanavano.
Non c'era niente che volevo, perché tutto quello di cui avevo bisogno era esattamente lì, in quel letto, al mio fianco, ad abbracciarmi, a dirmi ti amo.
E ci distrasse, interrompendo lo schiocco assordante dei nostri baci, il cellulare di Harry che continuava a squillare. Si alzò dal letto, borbottando qualche lamento, per prendere il cellulare dalla tasca dei jeans che prima di mettersi a letto si era tolto, lasciandoli a terra.
"Pronto?"
Mi sistemai la maglietta, quando lo sguardo bruciante di Harry si posò sulle mie gambe e lui, accorgendosene, mi sorrise e strizzò un occhio.
Ma di colpo la sua espressione cambiò ed il suo sguardo abbandonò il mio corpo.
"Liam, sta calmo e dimmi cos'è successo." Disse con tono serio.
Aggrottai la fronte, alzandomi dal letto.
Harry camminava avanti ed indietro per la stanza, con una mano tra i capelli e l'espressione sul viso evidentemente preoccupata.
"Va bene, sta calmo, arriviamo subito."
Pochi secondi dopo chiuse la chiamata, rivolgendosi a me.
"Dobbiamo andare."
Afferrò il suo jeans, aprendo poi un cassetto per tirare fuori una maglietta ed un paio dei miei pantaloncini, che qualche sera prima avevo lasciato lì.
"Harry, cos'è successo?" Domandai allarmata, mentre indossavo il pantaloncino che mi aveva dato.
"Hanno avuto un incidente."
Legò i suoi capelli ed io indossai le scarpe, con il cuore che correva come un matto. Le più terribili immagini lampeggiarono nella mia mente e raggiunsi Harry, afferrandogli una mano.
"Ti spiego tutto in macchina, ma adesso dobbiamo andare, Scarlett."
Ed uscimmo dal suo studio, lasciandoci alle spalle qualsiasi altra preoccupazione; il ricordo nei nostri corpi vicini divenne lontano mentre lo ascoltavo raccontarmi ciò che Liam al telefono gli aveva freneticamente detto.
Avevano avuto un incidente in auto, la vettura si era capovolta ed Amanda aveva sbattuto la testa, tanto da perdere quasi del tutto i sensi, Liam invece aveva soltanto qualche brutto graffio.
Quando arrivammo in ospedale, Liam stava urlando contro un infermiere, così Harry corse ad afferrarlo per le spalle e costringerlo ad allontanarsi.
"Sta calmo, Liam!" Lo sgridò, Harry.
"La mia ragazza è in sala operatoria e nessuno sa dirmi come vanno le cose!" Urlò.
Harry lo spinse per le spalle, costringendolo a restare seduto.
"Andrà tutto bene e appena sapranno qualcosa te lo diranno, vedrai." Gli disse.
E soltanto allora il respiro di Liam rallentò, appoggiandosi alla sedia. I suoi occhi erano vuoti, persi e spaventati, così come quelli dei genitori di Amanda non appena arrivarono all'ospedale, non ricevendo però alcuna risposta sulle condizioni della figlia.
Arrivò anche Erick, con addosso ancora la maglietta del suo pigiama e delle brutte borse sotto gli occhi. Si avvicinò a me, accorciando qualsiasi distanza e cancellando qualsiasi forma di imbarazzo tra di noi, mi attirò a lui e sospirò quando i nostri corpi furono in contatto.
Deglutii, trattenendo a stento le lacrime. Non importava cosa Harry mi avesse chiesto prima di tutto quello, in quel momento riuscivo soltanto a pensare che Amanda, che per me era quasi una sorella, era dentro una sala operatoria in bilico tra la vita e la morte.
"Non si sa ancora niente?" Mi domandò, allontanandosi da quell'abbraccio.
Scossi la testa e tirai un paio di passi indietro, scontrandomi con qualcuno: Harry, che mi guardava con la fronte aggrottata evidentemente contrariato.
"Devo parlarti."
Non era una richiesta, non era una domanda, era un'affermazione che non ammetteva assolutamente alcuna risposta negativa. Allora annuii, allontanando da Erick insieme a lui, il quale invece non gli rivolse nemmeno un cenno del capo, tantomeno uno sguardo.
"Devo andare da Liam a prendergli un cambio per un paio di giorni, visto che i medici vogliono tenerlo comunque sotto controllo ed i suoi genitori hanno detto che torneranno da Parigi il prima possibile."
Annuii, mormorando un va bene; ma a lui non bastò: strinse lievemente con una mano il mio braccio e puntò gli occhi dritto nei miei.
"Ricordati quello che ti ho detto stasera, okay?"
Sapevo si riferisse ad Erick, al suo avvertimento, alla sua richiesta di non rendergli quella situazione difficile, allora annuii, allungandomi per dargli un bacio sulla guancia.
Poi lo guardai allontanarsi ed uscire dalle porte di quell'ospedale.
Mi guardai attorno, mentre un senso di malinconia mi avvolgeva; ero preoccupata per Liam e terribilmente spaventata per Amanda. E sedendomi s'una di quelle scomode sedie blu, ripercorsi quella ch'era la nostra amicizia, il nostro legame, indissolubile; c'era sempre stata, lei più di chiunque altro, mi aveva affiancata, sorretta, mi aveva voluto bene, mi aveva sostenuta anche quando l'intero mondo sembrava avercela con me, o anche per le più piccole cose.
Il solo pensiero di perderla mi strinse il cuore, quasi lo soffocò.

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora