Goodbye Justin

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Svegliarmi spontaneamente alle otto del mattino, con la testa di Justin poggiata sulla mia pancia, mi catapulta subito in balia di emozioni del tutto ignote.
Forse, solitamente, mi risulterebbe facile dare un verdetto e stabilire di cosa si tratta : odio, intolleranza nei suoi confronti, ancora odio...e tanti altri sentimenti negativi che, ultimamente, mi avvelenano il cuore e la mente.
Ma le sue parole, sussurrate quasi fino ad essere ridotte ad un mugolio, sono ancora impresse nella mia mente.

"E giuro che non vorrei essere così maledettamente stronzo con te, Rosaly, ma è insano guardarti e pensare che potresti essere tutto ciò che ho sempre voluto e che mai vorrò. Sapere che mi odi mi salva dal buttarmi ai tuoi piedi e supplicarti di vedere qualcosa di buono in me."

Sento di non dovermi, assolutamente e per nessuna ragione al mondo, fidarmi di quanto sentito. Mi ha già dimostrato abbastanza di essere un essere deplorevole, meschino e senza alcun riguardo per la sensibilità altrui.
Ma quelle parole...beh, quelle parole dette a bassa voce, mi hanno colpito con un'intensità spaventosa. Anche se volessi, non credo che potrei scordarmele.
E il problema più grande è che, di fatto, non voglio farlo. Voglio ricordarmi, magari solo ogni tanto, che persino lui possiede un briciolo di umanità.

Mi sto comportando come una povera illusa? Probabilmente si.

Justin, dal canto suo, continua a dormire imperturbato- ignaro del conflitto che ha scatenato dentro di me, con la testa ancora poggiata sulla mia pancia ed un braccio che mi tiene ferma, circondandomi la vita. La posizione che ha scelto per dormire mi risulta abbastanza buffa e scomoda poiché si è letteralmente rannicchiato vicino al mio corpo. Ma lui sembra stranamente tranquillo, perciò provo un pizzico di dispiacere nel dovermi sottrarre dalla sua stretta.

Dapprima, egli si fa sfuggire un paio di lamenti sommessi dalle sue labbra socchiuse, ma dopo qualche istante mi lascia andare, ricadendo in un sonno profondo.

Rifugiandomi nel bagno, mi lancio nell'esecuzione della mia routine con un'infinita calma, sapendo che, dopo la festa di ieri sera, ci sono poche probabilità che mia madre e David si facciano vedere prima delle nove.

Quando ritorno nella stanza, avvolta in un asciugamano che mi arriva fino a metà coscia, noto che Justin si sia svegliato, visto che si è disteso sulla schiena, con le braccia incrociate sotto la testa, limitandosi a contemplare il soffitto con fare meditabondo.
Indecisa su come dovrei comportarmi, mi limito anche io ad aprire alcuni cassetti per prendere la lingerie, per poi scegliere uno dei miei tanti vestitini estivi, a fantasia floreale.
Una volta finito, mi affretto a ritornare in bagno, giacché restare nuda, anche per pochi secondi, sotto il suo guardo, mi metterebbe terribilmente in imbarazzo...nonostante alcuni momenti intimi, che ci sono stati tra di noi.

"Hai intenzione di restare a letto?" Chiedo, fermandomi sulla soglia della porta, prima di avviarmi verso la cucina.
"No...no." Mi risponde Justin, sorprendendomi e risparmiandomi un possibile ritorno nella stanza, richiesto da mia madre, per implorarlo di scendere a fare colazione insieme a noi.
Aspettando ancora per qualche istante, lo osservo mentre si alza con l'eleganza di un felino per raggiungermi e, in fine, oltrepassarmi.

Ha addosso soltanto un paio di pantaloncini neri e i suoi muscoli tesi sono perfettamente in vista. Esatto, i suoi muscoli tesi...questa mattina sembra essere davvero teso, come la corda di un violino.

"Buongiorno!" Esclamo, non appena facciamo il nostro ingresso in cucina. David e mia madre alzano subito il loro sguardo assonato, distogliendo l'attenzione dalle loro tazze di caffè.
"Oh, ci siete entrambi. Fantastico, dobbiamo parlarvi!" Ci informa mia madre, facendomi impallidire. Per qualche istante, formulo mille teorie spaventose - poiché, da sempre, ho il brutto vizio di pensare sempre al peggio.
"Di cosa, esattamente?" Chiedo, versandomi del succo d'arancia in un bicchiere. Justin, invece, opta per una tazza di caffè, tenendo lo sguardo chino e sembrando, in questo modo, assorto nei suoi pensieri.
"Di quel famoso viaggio a Orlando." Risponde l'uomo accanto a lei, con il suo solito buon umore.

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