"I'm gonna fuck him tonight!"

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Per qualche ragione a me sconosciuta, i postumi della sbornia sembra che non abbiano più intenzione di abbandonarmi, per quanto questo sia possibile.
Tant'è vero che, il giorno seguente, mi sveglio ancora in condizioni pessime, sia mentalmente che fisicamente. Questa volta, però, il tutto accompagnato da un malumore che mi rende insopportabile persino ai miei stessi occhi.
Pertanto, evito accuratamente di alzarmi presto, come invece faccio di solito, e salto la famosa colazione in famiglia, lasciando David e mia madre a godersela da soli- prima che ognuno si avvii verso il proprio lavoro.

Soltanto verso le undici mi decido ad abbandonare il letto, alquanto a malavoglia, per poi passare circa una quarantina di minuti nel bagno- tra l'igiene orale, la doccia, la mia mania di eliminare anche la più piccola traccia di un pelo che sta per spuntare...ah, e non scordiamoci la fatidica fissazione per i capelli.

Successivamente, ricordandomi l'imminente viaggio (ormai rassegnata al mio crudele destino), cerco disperatamente la mia piccola valigetta preferita, per poi infilarci dentro tutto ciò che considero assolutamente essenziale per sopravvivere a questo incubo.

Inutile dire che metà di quelle cose probabilmente non mi saranno affatto, realmente, utili. Ma una maledizione pende sulla mia testa: faccio parte di quella categoria di persone- estremamente ansiosa- che preferisce infilare l'impensabile nella valigia, tendendo a diventare un asino da soma pur di non dover fare a meno delle mie piccole cose preferite.

Osservando lo spazio ancora a disposizione , mi viene in mente di chiedere a Justin di utilizzarlo per metterci le sue cose. Il pensiero mi sembra un po' fuori-luogo, ma, da persona "altruista" quale sono, non mi tiro comunque indietro, malgrado si parli dell'essere più sgradevole di questo mondo.

Avviandomi verso la stanza di Justin, busso alla porta, analizzando superficialmente nel mentre il mio vestito a fantasia floreale.
"Avanti." Mi sento dire. E approfittandomi subito di questa intimazione, faccio capolino nella sua stanza, ritrovandolo seduto davanti alla sua scrivania- chino su un foglio A4, con una matita tra i denti e le mani che spostano animatamente delle squadre.
Niente di insolito, visto che sta studiando per diventare un architetto. Anche se la cosa che risulta piuttosto bizzarra ai miei occhi è il fatto che si dedichi a dei progetti prima dell'inizio del college.

In ogni caso, notando la mia presenza, egli si volta leggermente nella mia direzione, in attesa che io gli spieghi perché abbia deciso di disturbarlo.
"Ho ancora dello spazio nella mia valigetta." Comincio, passandomi la mano attraverso i miei folti capelli biondi. "Se vuoi, puoi metterci le tue cose."
"Oh.." Dice, sembrando molto sorpreso. "Grazie."

Facendo un vago gesto con la mano, come per puntualizzare che il mio non sia un segno di pace, ritorno nella mia stanza e prendo la valigetta, dipinta in una tinta unita blue, per poi portarla e, successivamente, lasciarla sul letto, sbrigandomi a sparire dalla sua visuale.

Pensandoci bene, avrei potuto infilarci benissimo tutte le cose in una borsa più grande. Però, una delle mie tante manie è che i vestiti siano perfettamente piegati, in modo da non correre il rischio di doverli indossare già stropicciati in una maniera penosa.

Rosaly e le sue ossessioni. Potrebbero farci una trasmissione e rendermi lo zimbello del mondo.

Dopo una ventina di minuti, mia madre ritorna dal lavoro, per la pausa pranzo- seguita, dopo poco, da David.
Non appena scorgo la sua figura, comincio già a temere di essere rimproverata per non essermi fatta vedere a colazione, ma lei, invece, si lancia subito a capofitto nella preparazione del pranzo, conducendo allo stesso tempo un monologo su quanto faccia schifo, delle volte, essere una Wedding Planner.

Sembra che io non sia l'unica ad essere partita col piede sbagliato, questa mattina.

Dopo il pranzo, ho giusto il tempo di infilare il costume da bagno sotto il mio vestito colorato, prima di partire insieme a Justin.

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