Regrets

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Non appena sento suonare il campanello, mi affretto ad andare ad aprire senza indugiarvi minimamente, nonostante io sia pienamente consapevole che dietro a quella porta troverò chiunque tranne la persona realmente desiderata.

D'altronde, malgrado abbia perso un po' di lucidità, sono ben consapevole di un paio di cose: prima di tutto, Justin non suonerebbe il campanello... Justin spalancherebbe la porta, pronto a mettere in atto una sfuriata; seconda cosa- conoscendolo,avrà bisogno di molto più di mezz'ora per riacquistare almeno un pizzico di ragionevolezza; e terza...no, non c'è una terza cosa. Justin è una persona fin troppo imprevedibile per anticipare ogni suo passo.

L'unica cosa di cui posso esserne certa però, è che non ritornerà "strisciando" davanti ai miei occhi,né si rimangerà quelle maledettissime parole, buttate al vento, senza alcun riguardo per i miei sentimenti.

Lui ritornerà con i suoi passi disinvolti, le spalle tese in un atteggiamento caparbio e gli occhi pronti a fulminare ogni minuscola cellula del mio essere, come se vincere uno scontro fosse la cosa più naturale per lui. Anche se, quando si parla di questo tipo di scontri...più delle volte, non esistono veri vincitori, bensì solo vinti.

"Problemi in paradiso?" Mi chiede David, mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi, probabilmente dopo aver notato la mia espressione corrucciata.
"Qualcosa del genere." Borbotto, sforzandomi di fare un piccolo sorriso, per poi spostarmi per faro entrare.

Non è affatto strano che egli sia qui, a quest'ora, sorridente e con il suo solito buon umore. D'altra parte, David ci ha sempre supportato in queste settimane, assicurandosi sempre che tutto andasse per il verso giusto.
Se c'è una persona che ho capito che non ci abbandonerà mai, quella è sicuramente lui.

"Dov'è?" Continua, guardandosi intorno in cerca di suo figlio.
"Non ho la più pallida idea." Rispondo all'istante, scrollando le spalle con fare vago.

David si passa una mano attraverso i suoi capelli ancora incredibilmente castani, per poi estrarre il suo telefono dalla tasca dei pantaloni e portarselo all'orecchio.
Per qualche istante resto a fissarlo, piuttosto perplessa, aspettando di capire cosa gli stia passando per la testa. E, istintivamente, tiro un sospiro di sollievo quando arrivo alla conclusione che stia soltanto cercando di informare mia madre che non tornerà a casa per cena- poiché cenerà fuori, con me... ed, allo stesso tempo, ringrazio Dio, ancora una volta, per aver fatto entrare quest'uomo premuroso nella mia vita.

"Sei sicuro che questo non creerà alcun problema tra di voi?" Lo interrogo, dopo aver indossato il mio giacchetto di pelle.
"Tua madre è cambiata, in quest'ultimo periodo." Mi rassicura egli, facendo affiorare un sorriso smagliante.

E io gli credo.

D'altronde, lo dimostra il fatto che soltanto il terzo giorno, dopo quella giornata catastrofica all'insegna della verità, mia madre si è presentata qui per lasciarmi le chiavi della sua amata BMW- consapevole che mi sarebbe servita per mantenere una certa autonomia, e non essere troppo dipendente da Justin. Il quarto giorno ha fatto in modo che David mi portasse tutti i miei libri preferiti, che, nella fretta di andarmene, mi ero dimenticata di prendere.
Il quinto giorno mi ha fatto una strana telefonata per ribadire quanto fosse ancora arrabbiata e quanto si sentisse tradita...per poi concludere farfugliando qualcosa sulla consapevolezza di aver avuto le sue colpe.

Ora che ci penso, credo che quello sia stato un suo tentativo di chiedermi scusa...anche se a dir poco bizzarro. Eppure, in cuor mio, essendo d'indole poco vendicativa, ho lasciato perdere la rabbia nei suoi confronti quasi sin da subito, promettendo a me stessa di cercarla non appena mi fossi sentita pronta.

Tuttavia, ho continuato a rimandare quel giorno per paura di scoprire che, in realtà, sia rimasta la stessa donna. Dispotica ed egocentrica.

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