Justin - "You bury me"

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Qualche tempo fa, curiosando tra le pagine dei suoi  libri, ho trovato una strana annotazione che, ad un primo sguardo, sembrava non avesse alcun significato: "Ya'Aburnee", scritto alla rinfusa sotto le parole con cui Heathcliff maledice Catherine e la implora, allo stesso tempo, affinché ella non lo abbandoni mai, a costo di assumere una qualunque forma, poiché ormai morta.

Ricordo di aver provato una curiosità sconfinata, giacché le annotazioni di Ros tendono ad essere perfettamente sensate e ordinate in un modo quasi maniacale, e questa scoperta mi è sembrata come una sorta di nota stonante circondata dalla perfezione più assoluta. Pertanto, d'impulso, mi sono affrettato a fare una piccola ricerca, completamente ignaro di ciò che avrei potuto trovare.
E nonostante un brivido avesse attraversato tutto il mio corpo, non ho potuto farne a meno di leggere ancora e ancora quelle parole, che ad un primo impatto non sono riuscito a comprende a pieno.

Ya'Aburnee- tu mi sotterri. E' un modo per esprimere il desiderio di  morire prima della persona amata, poiché è impossibile immaginarsi una vita senza di lei.

Non le ho rese mie, queste parole. Non ci sono riuscito perché i miei occhi erano ancora coperti da un velo di sogni e illusioni sul futuro. La mia testa era piena di Rosaly con tutti i suoi sbalzi d'umore, i sorrisi e la sua ironia pungente. Rosaly, solo Rosaly.
Adesso, vedendola distesa su quel letto d'ospedale, ho come l'impressione che quegli attimi di sfrenato ottimismo e speranza cieca non  mi siano mai appartenuti. Sento soltanto quel bisogno disperato di risentire la sua voce e tornare a respirare ad un ritmo regolare, almeno per qualche istante.
E cazzo, si,  temo il momento in cui scomparirà dalla mia vita. Non so cosa ne sarà di me, e, in fondo, sono consapevole che perderò anche me stesso insieme a lei.
Mi perderò e non mi ritroverò mai più, e non m'importa. Perché non voglio più essere lo stesso senza di lei.

Mi costruirò muri intorno al cuore e nasconderò tutto l'amore che ho dietro ad uno sguardo impenetrabile.

Tu mi sotterri, Rosaly.

Ho passato gli ultimi tre giorni incollato ad una maledettissima sedia, ad aspettare e bramare qualche suo attimo di lucidità. Ho trovato il coraggio di allontanarmi soltanto per un'ora, giusto per farmi una doccia e far finta di mettere qualcosa sotto i denti.  In realtà, però, sto andando avanti soltanto grazie ad una dose massiccia di caffè e parole dette a bassa voce, dal sapore di un addio.

La prima volta che ha ripreso conoscenza eravamo tutti insieme, disposti intorno al letto, quasi stessimo vegliando su di lei. Ha aperto gli occhi e con uno sguardo confuso, ha messo a fuoco le nostri immagini una ad una, per poi sforzarsi di ricordarci quanto ognuno di noi fosse importante per lei. Dopo di che, con le lacrime agli angoli degli occhi, è ricaduta in un sonno profondo.

La seconda volta, il suo sguardo si è fermato senza indugio su di me e , in un tono basso- che mostrava quanta fatica stesse facendo per pronunciare quelle parole, ha confessato che se le fosse stato permesso  lei mi sarebbe stata, per sempre, accanto. Credo sia stato quello il preciso istante in cui io sia scoppiato a piangere senza alcun ritegno, lasciando cadere la maschera che fino ad allora avevo indossato. David e Miranda ci hanno lasciati da soli e io ho versato tutte le mie lacrime, mentre la sua mano tremante mi accarezzava la testa.

La terza volta eravamo di nuovo tutti insieme ed è stata la volta in cui la stanchezza ha preso il sopravvento, seminando in qua e là qualche risatina isterica. Rosaly mi ha chiesto di prendermi cura di Fluffy, il cucciolo di labrador che le ho regalato per Natale.
Sorridendomi mestamente, mi ha ricordato di come io abbia provato di tutto per convincerla a non dargli quello stupido nome, per poi concludere dandomi la possibilità di cambiarlo.
Avrei voluto dirle che non potrei mai fare niente del genere e che, malgrado all'inizio la prospettiva di urlare a squarciagola "Fluffy" nel parco non mi piacesse affatto, non cambierò mai niente che la riguardi... non cambierò mai nessun ricordo costruito insieme. Ma ancor prima di pronunciare queste affermazioni, Ros è ricaduta, ancora una volta, in un sonno profondo.

La quarta volta non ho avuto il tempo di parlarle...nemmeno per un misero secondo. Ho lasciato che i nostri amici più stretti passassero un po' di tempo nella sua compagnia, pregando, con ogni minuto che passava, che quella non fosse l'ultima volta.  Persino la sua amica storica Jade è riuscita a dirle addio, e quello è stato uno dei tanti momenti in cui le lacrime hanno preso a scorrere liberamente sul mio viso.

Fortunatamente, c'è stata anche una quinta volta, nonostante sia stata quella che mi abbia messo a dura prova. Ancora una volta, eravamo disposti intorno a lei a 'mo di scudo, quando, con una voce sempre più impercettibile, ci ha chiesto di uscire perché la nostra presenza le impediva di lasciarsi andare. Per qualche istante, mi è sembrato che non ci fosse più la terra sotto i miei piedi...ero sospeso da qualche parte tra la realtà e un incubo, mentre David e Miranda le stavano dicendo addio. Mancavo soltanto io.

Mi sono sforzato di rispettare la sua volontà. Ma non c'è stato verso...non sono riuscito a spiaccicare parola, né tantomeno chiudermi la porta alle spalle. Sono rimasto lì di fronte a lei, implorandola con lo sguardo di farmi restare e, ringrazio il cielo, ha avuto pietà di me, senza accusarmi di essere un egoista.

"Sei ancora qui..." Mi sento dire, venendo così strappato dai miei pensieri. Distogliendo lo sguardo dalla finestra, mi concentro sulla sua mano esile che cerca di afferrare un bicchiere d'acqua. Alzandomi prontamente, l'aiuto a portare a buon fine il suo intento, per poi chinarmi e schioccarle un fugace bacio sulla fronte.
"Già, perdonami." Ribatto, riprendendo il mio posto.
"Non importa." Sussurra, sforzandosi di fare un gesto vago con la mano. "Sono così stanca, ma ho paura..."
"Di cosa?" La interrogo, appoggiando i gomiti vicino al suo corpo.
"Della morte." Risponde, senza pensarci troppo su. "Come sarà? Non ci ho mai pensato. "
"Sarai sempre circondata dalla luce." Ribatto come un mantra, fissando lo sguardo in un punto indefinito mentre nella mia gola si forma un groppo che mi rende ancora più difficile parlare. "E sarai con me ad ogni passo."
"Lo pensi veramente?"
"Lo spero."

Ancora una volta, gli angoli della sua bocca si piegano in un sorriso dall'aria affranta e resta ad ascoltare in silenzio le mie ipotesi su cosa ne sarà delle nostre anime costrette a separarsi.

Ad un certo punto, le sue palpebre si chiudono lentamente, di nuovo, ma ciò non mi ferma. Continuo a farfugliare, ancora e ancora, sperando di poter essere sentito e che, di conseguenza, la paura sembri meno ingombrante nel suo cuore fragile.

E'  il rumore di quel maledettissimo "beep" a distrarmi. In questi giorni si è trasformato in una sorta di ninna-nanna che in vari momenti mi ha tranquillizzato, per via della consapevolezza che il suo cuore continuava a battere...lottava ancora, resisteva ancora. Quel fottuto macchinario, che misura i battiti del cuore, mi ha fatto sentire meglio persino di un abbraccio ricevuto dai miei amici.
Ma ora mi sta distruggendo.

Mi viene spontaneo coprirmi le orecchie per non sentire il suono che si stabilizza, diventando, così, continuo. Le mie gambe trepidano per per lo sforzo che sto facendo nell'intento di non alzarmi e correre per i corridoi in cerca di un dottore.

E' arrivato il momento.  Al destino non importa che io sia pronto o meno.

Non so per quanto tempo resto perfettamente immobile a fissare la sua figura cerea, stentando a credere che questa sia la fine. In cuor mio, ho sperato che ci sarebbero state altre volte in cui avrebbe aperto gli occhi e mi avrebbe concesso di entrare nella sua mente, ammettendo le sue paure.

E' finita.

Protraendomi nella sua direzione, asciugo una lacrima intenta a scivolare sulla sua guancia e accarezzo la sua pelle ancora calda, cercando di imprimere nella mente ogni particolare di quel viso che amerò per sempre.

E' finita.

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