Destroyer and healer

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Quando apro gli occhi, la stanza è inondata dai raggi di sole pomeridiani. Ho il corpo a pezzi e il morale in una forma altrettanto penosa.
Una vocina dentro la mia testa mi intima a non abbandonare il letto, rammentandomi fatti che il mio cervello ha completamente messo da parte nel sonno. Tuttavia, anche se seguo le sue indicazioni, preferisco fare mente locale su come io sia arrivata a casa, dopo essere finita in una stradina sperduta di Miami.

Ricordo che, ad un certo punto, mi sono fermata a guardarmi intorno per poi realizzare di non aver la più pallida idea di dove mi stessi trovando. Ho aspettato che Justin mi raggiungesse e siamo scoppiati a ridere quando, dopo aver lanciato di nuovo un'occhiata intorno, abbiamo sospirato, lasciando trasparire sulla nostra faccia un po' di confusione.

Arrivata ormai alla fine delle mie riflessioni e avendo analizzato per filo e per segno l'intera situazione, ero desiderosa di tornare nel mio letto e crogiolarmi nel dolore e nella stanchezza, consapevole che queste sarebbero state le sensazioni più ricorrenti da lì in poi.
Pertanto, ho accolto positivamente la proposta di Justin di chiamare un taxi, invece di giocare a fare Dora l'esploratrice- nell'intento di ritrovare la strada per arrivare a casa.

E' stata un'impresa ardua indicare al tassista dove doveva raggiungerci, giacché nemmeno noi ne eravamo a conoscenza. Comunque, dopo tante risate e innumerevoli tentativi, ci siamo riusciti nel nostro intento e siamo ritornati a casa stanchi ed euforici, verso le quattro del mattino.

Ho lasciato che Justin dormisse nel mio letto e ne sono stata contenta, giacché in quelle ore ero arrivata ad una conclusione e avevo bisogno di acquisire un po' di sicurezza per poter restare fedele al mio ennesimo piano. Eppure, mentre ascoltavo i suoi respiri regolari che solleticavano l'incavo del mio collo, ho desiderato, con tutta me stessa, essere un po' più egoista e avere il coraggio di accettare il fatto che, malgrado la nostra pausa e il nostro temporaneo distacco, continuo ad avere soltanto lui in mente...e quindi, in qualche modo, accettare il sollievo che la sua presenza mi procura, nonostante io sia consapevole che, a lungo andare, diventerò soltanto un peso.

Ho ancora i vestiti di ieri addosso, perciò, prima di uscire dal mio nascondiglio per incontrare gli altri, mi prendo un po'  di tempo per fare una doccia e rendermi decente, per quanto sia possibile.
Dal canto mio, mi nasconderei ancora, pur di evitare l'imminente chiacchierata che mi sta aspettando, eppure, decido di comportarmi da persona matura e affrontare la cosa in modo diretto.

Scendendo le scale lentamente, sento già un miscuglio di voci provenire dalla cucina. Mi meraviglio quando identifico anche la voce di Justin, che ribatte, ogni tanto, a qualche domanda fatta da mia madre. Ed anche se non capto nessuna parola in particolare, presumo che l'argomento mi stia riguardando.
Mi viene data un'ulteriore conferma quando, entrando in cucina, la conversazione cessa del tutto e l'attenzione viene puntata interamente su di me.

"Buongiorno." Bofonchio, malgrado siano già passate le tre del pomeriggio. Evitando i loro sguardi, mi dirigo verso il frigo per poi tirare fuori il succo d'arancia e versarmi un bicchiere abbondante.
"Come stai?" Mi chiede David, che è l'unico con cui non abbia ancora scambiato alcuna parola da ieri.
"Bene, credo." Rispondo con una scrollata di spalle, cercando di far capire loro che non c'è bisogno di essere talmente tesi. Dalle occhiate che si scambiano, però, suppongo che io sia ancora molto lontana dal riuscirci.
"Ti va di parlarne?" Continua David, prendendo in mano le redini della situazione.
"Certo." Ribatto, prendendo il mio bicchiere di succo e sedendomi su uno sgabello posizionato tra lui e Justin. Quest'ultimo si china leggermente e mi bacia delicatamente la guancia, facendomi avvampare per l'imbarazzo.
"So che  dopo questa diagnosi sembra che il tuo mondo stia per finire..." Inizia David, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di mia madre che, evidentemente, non è d'accordo con il suo modo di iniziare il discorso. Io, invece, mi limito ad ascoltarlo attentamente, prima di trarre delle conclusioni.
"Ma non è la fine, se tu non vuoi che lo sia. Noi ti staremo accanto, perché siamo la tua famiglia e perché, malgrado spesso ci siano dei contrasti tra di noi, non ti lasceremo mai affrontare questa battaglia da sola."

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