"I miss you. "

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Cinque giorni più tardi, mi ritrovo ad essere accompagnata quasi fossi una piccola bambina, a fare quelle benedette analisi imposte con una buona dose di veemenza da David.

Beh, in realtà, chiamarle "semplici analisi" non renderebbe a pieno l'idea di quanto scompiglio abbiano creato all'interno della famiglia. Perché se si trattasse di qualche semplice accorgimento di routine, non avrei fatto alcuna storia e non ci avrei pensato due volte prima di rispettare la volontà di David. Ma, invece, dovrò sottopormi ad una risonanza magnetica...e, in un certo senso ciò implica che io accetti l'idea dell'avere un serio problema, quando, finora non ho fatto altro che scappare da questa consapevolezza.

Quindi, che io lo voglia o meno, verrò fatta stendere su un lettino, il quale scorrerà all'interno di una macchina- che analizzerà, in modo dettagliato, tutto il mio corpo. In tutto ciò, mi verrà chiesto di essere rilassata...come se fosse perfettamente normale essere attraversati da onde magnetiche, o qualcosa del genere. La mia ignoranza al riguardo, è pressoché sconfinata.

Questa idea brillante è nata dopo una regolare cena insieme ad amici di vecchia data di David, gli Harville. Egli, dopo un bicchiere di vino di troppo, si è lasciato sfuggire, di punto in bianco, le sue preoccupazioni sullo stato della mia salute.

A tavola è calato il silenzio...gli unici rumori ancora udibili erano il ticchettio dell'orologio e i respiri dei presenti.
Il signor Harville, stimato neurologo, ha raddrizzato la schiena e ha insistito affinché gli venissero presentati tutti i sintomi che facessero pensare a dei problemi di salute. A racconto finito, ha arricciato il naso e ha affermato solennemente: "C'è la necessità di eseguire una risonanza magnetica."

Dopo di che, ancora qualche bicchiere di vino, e la leggerezza ha ripreso il suo controllo sulla situazione.

"Carina." Bofonchio, osservando l'esterno della clinica privata con la sua architettura moderna.
Ho sempre odiato gli ospedali e tutte le strutture simili. Mi danno un senso di irrequietudine e tristezza, pensando a cosa succede ogni giorno tra le loro mura.
Eppure, guardando l'imponente struttura bianca non sento niente del genere.

Mia madre aggrotta la fronte non appena ci addentriamo nell'edificio, e dopo un paio di secondi di riflessione capisco che sia a causa della minuta assistente, rigorosamente bionda, che ci saluta con un sorriso cordiale.
Facendo mente locale, mi ricordo una conversazione avvenuta tra la signora Harville e mia madre su una possibile infedeltà del suo marito.

L'aspetto fisico della donna corrisponde perfettamente alla descrizione fornita dalla signora Harville, della presunta amante di suo marito, perciò mi unisco a mia madre e le lancio uno sguardo disgustato, per l'amore della solidarietà femminile.
Tuttavia, ella mantiene il suo sorriso cordiale e ci indica una porta dietro alla quale c'è la sala d'attesa.
"Il dottor Harville vi raggiungerà tra poco." Ci lancia, prima di sparire dietro la porta indicata da lei.

"Il dottor Harville vi raggiungerà tra poco." la scimmiotta mia madre, facendomi ridere per quanto sia infantile il suo gesto. "Cosa ci vede Patrick in questa gattina morta?"
Come risposta, mi limito a scuotere la testa in un gesto di pura rassegnazione, ormai consapevole che la mente del genere maschile sia impossibile da decifrare.Dopodiché, guardandomi intorno con la massima attenzione, noto finalmente la figura slanciata seduta su una poltrona, nell'angolo della stanza color rosa-pastello.

"Justin?" Asserisco, avvicinandomi con passi incerti a lui. "Perché sei qui?"
"Per te." Risponde calmo, alzandosi per venirmi in contro. Il suo sguardo si posa su mia madre, ed istintivamente il suo corpo diventa teso, a vista d'occhio, come la corda di un violino. Perciò, per qualche istante, temo davvero che possa nascere uno scontro verbale tra i due, ma, fortunatamente, Justin ritorna ad osservarmi, evitando di rivolgerle parola.
"Come facevi a saperlo?" Farfuglio, indicando vagamente la stanza.
"Mio padre." Risponde prontamente. "Mi dispiace, so che avevo promesso di lasciarti i tuoi spazi."
"Non importa." Asserisco, liquidando la questione. Con un gesto vago della mano, lo intimo a riprendere il suo posto, per poi sedermi accanto a lui.
Mia madre, invece, prende le distanze e fa finta di analizzare una rivista di moda, tra quelle messe a disposizione dalla clinica, mentre con la coda dell'occhio ci osserva.

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