"Even my grandma is faster than you!"

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Sono davvero spaventata, nonché alle prese con una sensazione di ansia che mi divora senza alcuna pietà.

Il dottor Harville ha chiamato questa mattina, per chiedere di essere raggiunto alla clinica. E' stato categorico nel suggerirmi di non farmi accompagnare da nessuno che possa offuscarmi la mente e impedirmi di prendere le decisioni migliori per me stessa.
So che, anche se in modo implicito, abbia fatto riferimento a mia madre, che ogni tanto lascia ancora trapelare il suo lato dispotico. In più, da quando mi è stato diagnosticato il tumore al lobo frontale- ovvero da un paio di giorni, il suo umore oscilla continuamente tra crisi isteriche e ottimismo esagerato.

E' più instabile della mia salute.

Pertanto, seguendo le istruzioni del dottore, decido di farmi accompagnare da Justin- che, a differenza di mia madre, sembra saper rispettare meglio il mio bisogno di prendere le decisioni autonomamente.
Cosicché, ora mi ritrovo in questo ufficio che racchiude alcuni brutti ricordi, ancora molto freschi, mentre Justin mi sta aspettando nella sala d'attesa.

Il dottor Harville ha appena finito di fare una strana premessa, spiegandomi meglio le caratteristiche di questo tipo tumore. Alcuni particolari mi sfuggono, ma il concetto principale mi colpisce in pieno viso: la situazione è ancora più grave di quanto si fosse pensato in precedenza. Difatti, le seguenti parole del dottore, confermano le mie ipotesi.

"La cura più efficace sarebbe senz'altro un intervento chirurgico. Tuttavia, esso può essere dannoso se il tumore si è infiltrato nei tessuti circostanti, in modo tale da rendere indistinguibile la demarcazione tra le cellule sane e quelle malate." Spiega, cercando di essere il più chiaro possibile, viste le mie scarse conoscenze su questo argomento. "Purtroppo, questo è proprio il tuo caso. L'intervento, pertanto, potrebbe peggiorare ulteriormente le cose in maniera irreversibile."
"Quante possibilità ho di farcela, malgrado questo?" Ribatto, con un'aria apparentemente calma mentre dentro sto appassendo come un fiore- privato per troppo tempo dalla luce del giorno. Tuttavia, la notizia non mi prende alla sprovvista.
Il mio essere perennemente pessimista si è curato di preparami a questa possibilità, nei giorni passati.

"Possiamo ancora tentare con la radioterapia e la chemioterapia. Non posso garantirti che la guarigione sarà completa, giacché, in questi casi, l'aspettativa di vita tende ad essere limitata."
"Oh." Mormoro, incassando ogni parola, estremamente franca, che provvede, poco alla volta, a demolire le mie difese.
"Mi dispiace essere sempre portatore di brutte notizie. Tuttavia, posso assicurarti che, per quanto sia difficile uscirne, non è impossibile. Se te la senti, vorrei che iniziassimo con le cure questa stessa settimana."
"D'accordo."Rispondo semplicemente, alzandomi lentamente dalla sedia.

Sono arrivata ad un punto della mia vita in cui ho la consapevolezza di non aver più niente da perdere. Ormai ho perso la certezza di avere un futuro, e mi sento come se stessi camminando su un filo sospeso che separa la vita dall'oblio.
E magari ci camminerò per sempre, su questo sottile filo...rischiando continuamente di diventare un ricordo sempre più lontano.
Potrei andare così vicino alla morte da toccarla con un dito e sussurrarle di rapirmi e e portarmi con sé, per poi tornare a respirare questa aria malata e lasciarmi cullare dal calore della vita. Oppure, potrei perfino rilasciare l'ultimo respiro, durante una notte qualunque, quando tutti fanno riposare i loro corpi stanchi, ignari che quello sia l'ultimo mio atto...l'atto finale.

Chi lo sa...la vita è imprevedibile, ma la morte lo è altrettanto.

Siamo strani, noi umani. Ci ripetiamo continuamente che niente va dato per scontato, eppure non prendiamo mai in considerazione l'idea che un giorno potremmo svegliarci ed essere obbligati a convivere con l'idea che il nostro tempo, in questo mondo, potrebbe finire prima del previsto.
Siamo strani e incoerenti.

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