4 - INASPETTATAMENTE

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          (DIARIO DI MANUEL HAMMOND)

La sveglia suonò alle sei del mattino puntuale come al solito. Allungai un braccio e la spensi velocemente, poi scesi dal letto e ancora mezzo addormentato, presi il telecomando per aprire le tende di velluto. La luce che entrava dalla finestra come al solito mi provocò un bruciore agli occhi. Era una sensazione che detestavo, ma riusciva a scuotermi più di una scossa elettrica, persino più efficace del caffè...

Diedi uno sguardo al calendario appeso al muro e ricordai improvvisamente che in quel giorno cadeva una ricorrenza importante. Erano passati ben diciotto anni dall'incidente stradale in cui restai vivo per miracolo.

Effettivamente, sembrava un miracolo nel vero senso della parola!

Non solo perché ero sopravvissuto, ma perché mi ero risvegliato dal coma sano come un pesce, senza riportare ferite o trauma cranico. Cosa ancora del tutto inspiegabile per qualsiasi dottore e per la scienza in generale.

Andai in bagno per farmi la barba e diedi una spazzolata ai capelli.

Stando al parere di alcune donne, sembravo un tipo attraente, ma io non ero affatto entusiasta del mio aspetto fisico. Un mio amico psicologo sosteneva che avevo una percezione distorta di me stesso. Chissà forse aveva ragione!

Praticavo difesa personale già ai tempi in cui vivevo in quell'istituto per non vedenti e quando mi ripresi dal coma, decisi di continuare a praticare quegli sport da combattimento per difendermi dai gruppi di bulletti che trovavo nelle varie scuole, finché, ad un certo punto, furono loro ad avere paura di me, però quel giorno, persino io cominciai ad avere paura di me stesso...!

Dopo il coma, erano cambiati tanti aspetti del mio carattere. C'erano  verità che non avrei mai potuto rivelare, al punto da costringermi a sdoppiare la mia personalità, diventando due persone differenti nella vita privata e nella vita pubblica.

I miei occhi fissarono dritto lo specchio e da grigio-verde, passarono a un disumano color rosso-oro, ardendo come due fiamme.

Poi sollevai il pettine senza neanche toccarlo, facendolo roteare fino a riposizionarlo nel suo scomparto.

Quando fui pronto scesi giù in sala per la colazione. Quella notte ero rimasto a dormire in uno degli Hotel di famiglia a causa d'impegni di lavoro, mentre il fine settimana tornavo alla casa natia, anche se è meglio specificare al castello natio, situato fuori città.

Durante i giorni lavorativi preferivo dormire all'hotel, in modo da rimanere vicino agli uffici e controllare meglio gli affari.

Andai a sedermi al tavolo riservato ai proprietari e vidi che qualcuno mi aveva già preceduto. Si trattava di mio zio, Michael Ventimiglia. Uno dei giudici più famosi, potenti e corrotti di tutta lo stato.

Il piccolo particolare che fosse corrotto, non era noto a molti, ma solo ai giornalisti più acuti e ai pochi poliziotti che sapevano fare il loro mestiere, che per fortuna di mio zio avevano le mani legate. Per il resto, il segreto rimaneva custodito all'interno della famiglia.

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