43 - ROVI E SANGUE

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DIARIO DI LUCY LOVELACE

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DIARIO DI LUCY LOVELACE

La prima cosa che percepii quando rinvenni, fu il profumo della terra inondarmi le narici e i fili d'erba  pungere il viso.

Guardando bene attorno, realizzai subito di non trovarmi più a casa ma nella foresta, dove il buio di quella notte sembrava essere complice di malvagie volontà celate nell'occulto.

Cercai di sollevarmi sulle gambe, ma una condizione stranissima mai provata prima d'allora me lo impediva, obbligandomi a strisciare al suolo.

"Cosa succede? Dove sono le mie gambe? Non sento più le gambe...!" pensai disperata

Nonostante tutto continuai ad avanzare nell'erba, sentendo l'intero corpo allungarsi e strisciare mentre uno strano sibilìo fuoriusciva dalla bocca ogni qualvolta allungavo la lingua per sondare il terreno. C'era qualcosa di animalesco in ciò che sentivo e provavo in quel momento, qualcosa di spietato che mi spingeva a cercare una preda da mordere.

- Io non ero io! Cos'ero diventata? Cosa mi stava succedendo?-

La parte umana e cosciente di me era già andata in panico e scoppiata in lacrime, mentre il lato animalesco bramava uccidere per vendetta.

- Ma vendicarsi di cosa? Di chi?-

Avanzai ancora nel buio, fin quando la stessa scena osservata il giorno dell'omicidio della povera joce Doherty non mi si prospettò innanzi gli occhi.

Era come aver fatto un salto indietro nel tempo e riassistere nuovamente l'accaduto da un altro punto di vista.

Nella foresta riecheggiava la stessa cupa melodia di quella sera, il fuoco del pentacolo saettava come se tante piccole creature magiche danzassero in esso rendendolo vivo. Qualcosa mi chiamava a sé spingendomi ad avanzare, fin quando si creò un varco nel fuoco che mi invitò ad entrare all'interno del cerchio maledetto in cui una joce Doherty ancora in vita, danzava disegnando nell'aria figure geometriche al ritmo della misteriosa melodia.

Fu questione di pochi secondi ed ecco che mi allungai scattando nella sua direzione per morderla alla caviglia. La nube oscura piombò giù dal cielo circondandoci ed emanando fulmini che illuminarono la notte tetra. Poi la povera donna si accasciò al suolo, mentre le solite figure incappucciate con indosso le maschere splendenti, continuarono a recitare la strana litania in lingua sconosciuta che a tratti pareva latino.

Tutto mi fu improvvisamente chiaro:

- Ero un serpente e l'avevo morsa! Ma come potevo essermi trasformata in un serpente?-

Volevo piangere ma le lacrime non esistevano. L'unica cosa che esisteva era solo un gran vuoto tetro e freddo come la morte, che si faceva largo a spintoni dentro le pieghe della mia anima.

Un'anomala pesantezza sulle palpebre mi costrinse a chiudere gli occhi o forse persi i sensi per qualche minuto, poiché quando li riaprii ero nuovamente immersa nel buio della foresta. Tutte le immagini del sogno scomparvero, ma purtroppo ero ormai certa che non si trattasse solo di un sogno, Infatti, prima che potessi chiedermi dove fossi esattamente o come tornare a casa, una voce orribile riecheggiò nell'aria.

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