45 - I RICORDI DI joce

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DIARIO DI LUCY LOVELACE

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DIARIO DI LUCY LOVELACE

Quando riaprii gli occhi mi trovavo in una strada, la stessa strada che conduceva alla foresta maledetta. Tirai un sospiro di sollievo, forse era tutto finito... forse ero riuscita a liberarmi dal groviglio di rami dai quali ero tenuta prigioniera....

Sì, ma non avevo nessuna memoria di come avevo fatto a liberarmi!

Alzando lo sguardo mi rincuorai nel vedere brillare sul marciapiede di fronte le luci di un autogrill.

Attraversai la strada come una disperata e una volta arrivata alla porta del locale, mi catapultai all'interno chiedendo se potevo usare il bagno, ma nessuno rispose. Non ci feci troppo caso e mi diressi ugualmente verso quello delle donne.

Guardandomi allo specchio sussultai. Il mio aspetto era alquanto discutibile e non osavo immaginare i commenti delle mie amiche se mi avessero visto in quelle condizioni.

Non avevo mai avuto nelle mia vita un aspetto così pessimo, né quando avevo vomitato il giorno della festa del mio diciottesimo compleanno e neppure quando mi avevano trovato sotto shock dopo aver visto quel bambino finire sotto un'auto.

Cosa mi stava succedendo? Come ero scampata a quei rovi e a l'essere mascherato?

Dopo essere andata in bagno mi lavai le mani e tornai nella sala principale dove decisi di chiedere un caffè al cameriere che però non rispose alla mia richiesta continuando a pulire i tavoli come se io non esistessi

"Lo so che ho un aspetto un po' trasandato però ho dei soldi per pagare...!" risi sbigottita, ma dopo un secondo lo stesso sorriso mi si congelò sul volto e al suo posto un ghigno di terrore mi assalì dando vita nella mia mente a dei pensieri orribili.

"Quella gente non mi vedeva!"

Oddio! forse ero morta e nessuno poteva vedermi e sentirmi? Ma io continuavo a vedere e sentire tutti loro. Stavo diventando un fantasma?

Poi, tutto a un tratto, la porta del locale si aprì lasciando comparire tre ragazze, una delle quali era la splendida Josie Doherty, ancora in vita e piena di salute.

Le tre si accomodarono al bancone e chiamarono il cameriere per farsi portare qualcosa da bere, mentre io scrutai tutto intorno per cercare una spiegazione plausibile a quella situazione anomala, ma non riuscii a trovare nulla, fin quando, ormai assalita dalla disperazione, vidi il giorno e il mese segnati sul calendario del locale. Era la notte dell'omicidio della Doherty! Come poteva essere possibile? Mi domandai.

Dopo qualche minuto, entrò nel locale un gruppo di persone, in testa al quale vi era uno spavaldo Dmitrij Egorov e restai basita nel vedere lo stesso, salutare la Doherty baciandola sulla bocca.

Che i due si conoscessero era risaputo, visto che lavoravano nella stessa associazione, ma sul cellulare della Doherty non vi erano tracce di chiamate sospette da parte di Egorov e soprattutto, non aveva ricevuto nessuna chiamata da lui durante quella maledetta notte. Di questo ero certa; altrimenti i colleghi di mio padre sarebbero già intervenuti nell'interrogare l'avvocato Egorov. Allora come accidenti comunicavano?

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