Diciannove

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Sono le nove di sera.
E mi trovo davanti all' entrata di casa di mia mamma e io non so cosa fare.
Will deve sentire il mio nervosismo , perché è da circa quindici minuti che è qui accanto a me, nella sua macchina e guarda fuori, senza dire una parola.
Lasciandomi il mio spazio e i miei tempi.
Dopo la scuola è stato con me, mi ha portato a prendere una pizza, abbiamo parlato dei suoi viaggi, dei nostri sogni, della scuola, di tutto.
Ma non di sua zia o delle mie botte o di altro. Soprattutto non di altro.
Perché quello non deve essere mai successo e non posso parlarne.
Guardo il cancello, poi Will.
Lui si volta e mi osserva in attesa.
- Se vuoi da me c è una camera in più.-
E so che così sarebbe più facile, più semplice, ma farei lo stesso sbaglio che ho fatto qualche anno fa. Sono fuggita e ho tentato di nascondermi da tutto, affidandomi ad altri, ma purtroppo i problemi non spariscono così. E io non voglio più usare nessun altro , solo perché la mia vita fa schifo.
- Grazie, ma no. Io e mia mamma abbiamo un rapporto un po' complicato. Lei è una diva, perciò un po' egocentrica, mentre io sono più chiusa. Caratteri diversi.-
Alzo le spalle. Minimizzo tutto.
Lui non dice niente, ma si limita a fissarmi.
So cosa sta pensando. È lei che mi picchia?
- Non mi mette le mani addosso.-, lo anticipo.
Questo devo chiarirlo. Perché...
È mia mamma e mi sento in dovere di proteggerla.
Come lei non fa con me, ma sono sempre stata io quella più forte delle due e lei ha bisogno di me.
Ed è proprio questa necessità che le ha di me, questo senso di protezione che provo per lei, questo amore incondizionato, che mi spingono ad uscire.
Ad affrontare ogni cosa.
Per lei.
- Grazie di tutto. Ci vediamo domani.-
Apro lo sportello della macchina.
- A domani. Per qualsiasi cosa, io ci sono.Davvero .-
Mi dice, mentre io chiudo lo sportello.
Annuisco. So che è vero. Che mi aiuterebbe, ma non posso accettarlo. Non ci riesco.
Devo farcela da sola.
Prendo le chiavi dalla borsa.
E noto che le mie dita tremano.
Cerco di fermarle, stringendole a pugno.
Smettila, smettila, stupida.
Riesco ad infilarle nella toppa della porta dopo tre tentativi.
Respiro.
Mi volto e vedo che Will è ancora lì fuori a guardarmi.
Ad aspettare che entri o cambi idea.
E io metto piede in casa.
Chiudo la porta e mi ci appoggio contro. Le orecchie tese per carpire ogni minimo movimento .
Ma niente.
Silenzio.
Sento Will ripartire. La sua macchina da' gas nel silenzio della sera.
E poi resto solo io e il buio.
Tutto è buio.
E io non accendo la luce.
Salgo piano le scale, rimanendo allerta.
Ogni gradino lo salgo con lentezza e senza far rumore.
Come se fossi un ladro o un estraneo.
Arrivo in corridoio.
Non sento rumori nemmeno lì.
Ne' dalla camera di mia mamma.
Dormiranno.
Sento un rumore e senza pensarci vado in camera mia, mi chiudo la porta alle spalle con tre mandate.
E cado per terra contro il muro.
Tremo.
E poi vedo che il rumore non è altro che il muoversi degli alberi.
Ma non esco più per tutta la notte. E rimango sul pavimento. In attesa, con la paura.

Apro gli occhi di scatto. Non so che ore sono, mi guardo intorno.
Sono ancora sul pavimento, raggomitolata di lato e sotto di me, attorcigliato tra le mie gambe c è il lenzuolo che ho afferrato durante la notte.
Mi alzo piano, perché i lividi si fanno sentire. E mi fa male tutto.
Guardo il polso e vedo l' ematoma tingersi di un verde rancido con screziature rosse ai bordi.
Mentre al centro è violaceo.
Tiro giù la manica.
Tra le gambe fa ancora tutto più male.
Guardo l' orologio a muro.
Sono le sei.
Loro dormono.
A quest' ora sono nel pieno sonno.
Sento lo stomaco brontolare.
Inspiro ed apro piano la porta. Mentre tolgo le tre mandate, tendo l' orecchio.
Apro la porta lentamente,sperando che non ci sia nessuno dietro ad aspettarmi.
Ed è così.
Tutto è silenzioso.
Trattengo ancora il respiro, tanto che i polmoni cominciano a farmi male.
Rimango un secondo in mezzo al corridoio.
Poi scendo piano le scale.
Arrivo in cucina e apro il frigo. È tutto in ordine, segno che Carla, è passata.
Prendo una fetta di pane , della cioccolata e del latte. E mangio. Lì in piedi, tesa, tenendo tutto tra le mani.
Sono uno spettacolo patetico, un animaletto sporco che si ingozza.
Così mi ha definito mia mamma tante volte e adesso mi sento davvero in un ristorante modo.
Guardo la porta della cucina, aspettandomi da un momento all'altro altro che entri qualcuno.
Bevo il latte dal cartone, perché se prendessi il bicchiere, dovrei dare le spalle alla porta e non posso.
E mentre bevo, vedo che sul frigo c è qualcosa. Un foglio.
Strizzo gli occhi e riconosco la scrittura di Carla, una delle domestiche di mia mamma.
Emilia,
La signora Brent e il suo fidanzato sono andati via per alcuni giorni in una SPA, perché la signora era stressata. Io passerò tutte le mattine quando sei a scuola. Ti lascerò sempre qualcosa per cena nel forno o nel frigo. Così al tuo ritorno avrai già da mangiare.
Stasera ti ho lasciato del pollo nel forno.
Se hai bisogno il mio numero è questo.

Sotto una serie di numeri e il suo nome, in quella grafia tondeggiante che conosco tanto bene.
Mia mamma se n è andata.
E non mi ha detto niente.
Sento un dolore al petto.
Carla ha avuto la premura di scrivermi, perché sapeva che mia madre non mi avrebbe avvisata. Che non sono abbastanza per lei. Perché è già successo. Sei anni fa. Mi lasciò da un giorno ad un altro a casa da sola. Aveva deciso di partire con uno dei suoi fidanzati per una crociera. Per un mese e non si era ricordata di me.
Carla era andata in quel periodo a trovare i suoi parenti e così dopo l' iniziale paura perché non trovavo più mia madre, l' avevo chiamata e non mi rispondeva. Avevo chiamato polizia e ospedali e poi alla fine lei mi aveva mandato un semplice messaggio. Sono in crociera.
Tre giorni dopo che era sparita nel nulla.
Così a ero andata a fare la spesa e mi ero preparata pranzi e cene. Avevo pulito la casa e avevo fatto i compiti. Non avevo pianto durante la notte perché pioveva o sentivo strani rumori. Ero stata forte. E poi un giorno Carla era tornata. Mi aveva chiesto di mia mamma e io le avevo solo detto che era in crociera. Lei mi aveva guardata e aveva annuito, ma in quegli occhi avevo visto molto di più. Lei aveva capito molte cose che io non avevo detto.
E così adesso, mi aveva avvertita, perché non aspettassi ancora invano una donna che come molti anni prima mi aveva abbandonata.
Mi siedo al tavolo di cucina.
Sono sola. Per tutta la notte ho vagato come uno spettro in questa casa, ho tremato dalla paura di essere di nuovo presa di sorpresa. Ho temuto il giudizio di mia mamma, me lei non c ' era da molte ore.
La mia paura, il mio dolore sono stati solo insensati.
Va tutto bene.
Nessuno mi farà del male. Eppure non ne gioisco, sento solo il mio cuore battere più forte e vedo una macchia tonda sul tavolo, piccola è perfetta,poi un' altra, un' altra ancora. Vicine, l' une alle altre. Macchiano piano il tavolo di mogano. Lo scuriscono.
Tre , quattro, sette.
E mi accorgo che sono le mie lacrime.
E non riesco a trattenerle.

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