Sento la mano di Mark sulla schiena e nonostante mi giri tutto, attacco le mani al muro per trovare un appiglio e mi allontano da lui.
Mark però non sembra capire l' antifona e mi segue.
- Che accidenti di problema hai? Mi hai umiliata , perciò direi che hai fatto centro. Perciò puoi per favore lasciarmi sola?-
- Non volevo umiliarti. Mi dispiace.-, e dai suoi occhi vedo che è davvero dispiaciuto.
E io lo guardo come se avesse tre teste.
- Sono uno stronzo, ma ti giuro che volevo solo farti capire che tu non hai niente che non vada. Non sei frigida o altro, te lo volevo solo dimostrare. Ti è piaciuto essere toccata un po' da me, anche se per me non provi niente , perciò vuol dire che , basta solo che ti lasci andare, perché tu possa sentire. Tu sei perfetta, non hai niente che non va. -, e me lo dice con dolcezza.
Ho i capelli davanti agli occhi, sono tutta incurvata contro la parete, ho appena vomitato e sicuramente ho il trucco tutto sbavato. Sono una specie di bambina dell' esorcista e lui mi dice che sono perfetta?
Mi avvicino a lui e lo guardo .
- Mark, a parte che tu sei bipolare. Io non ho sentito qualcosa perché ero ubriaca e quindi pensavo meno o mi facevo meno paranoie.. Ho provato per la prima volta qualcosa, perché sei stato tu a toccarmi.-
E lui si paralizza, totalmente.
Non lo avevo mai visto così, completamente immobile.
Sembra congelato.
Mi scappa una risata amara.
Poi scuoto la testa.
Che cosa mi aspettavo?
Una sua dichiarazione d' amore, o qualcosa di diverso da questa faccia sconvolta?
Cerco di sminuire la cosa.
- Forse però hai ragione te, sono completamente ubriaca, perché da sobria non avrei mai detto una cosa del genere.-
Lui rimane interdetto.
Non gli lascio il tempo di chiedermi se intendo che non provo niente per lui o che la mia dichiarazione di prima è solo data dall' alcool , perché altrimenti non avrei mai confessato i miei sentimenti.
Mi volto e comincio a camminare.
- Emilia..-, la sua voce è così dannatamente dolce, mi attrae come una calamita, però devo resistere e così faccio l' unica cosa che mi sembri abbia un senso.
Scappo da lui.
Comincio a correre, o meglio ad annaspare , attaccata alla parete. Uno spettacolo che mi auguro di non ricordare da sobria. E poi mi immobilizzo. Di fronte a me, con la mano sulla maniglia di una porta, vedo Misha Every con tre ragazzi e una ragazza dietro a lei.
Misha posa i suoi occhi azzurri su di me e poi distoglie immediatamente lo sguardo appena mi riconosce.
Vedo un' ombra passarle sugli occhi e poi ritorna assolutamente indifferente.
E con un sorriso malizioso guarda Mark, che è comparso al mio fianco.
- Ciao Mark. Giusto in tempo. Vuoi giocare un po' con noi?-
- No grazie. Ce ne stavamo giusto andando.-, dice lui con un tono freddo.
Lei scuote la testa e mi ritornano in mente i suoi capelli lunghi e neri, perfetti, che le arrivavano fino ai fianchi e che ora sono tagliati corti e rasati sui lati. E mi do' del tempo per osservarla, mentre lei ostinatamente fa di tutto per non posare il suo sguardo su di me.
I suoi occhi sono sempre bellissimi, anche se ora più penetranti, con il trucco scuro e l' eye liner calcato.
Cerco di ritrovare la vecchia Misha , in questa ragazza che indossa un reggiseno trasparente di pizzo nero come maglietta e un paio di shorts di pelle, con degli anfibi.
In questa ragazza, che sembra non avere paura di niente e nessuno. Che vuole solo divertirsi e osare, senza limiti.
E poi la vedo toccarsi il lobo dell' orecchio istintivamente, come fece quella volta, come ha fatto tante volte e i ricordi mi inondano, mi sovrastano e io vorrei fermarli, come ho fatto per anni, ma non ci riesco.
Torno indietro con la mente di cinque anni, quando per la prima volta in vita mia ho avuto un padre.
Mia mamma aveva finalmente, trovato un uomo che si poteva definire tale. Dopo la mia iniziale titubanza e paura, mi ero pian piano fatta avanti e avevo scoperto che era una persona per bene. Una delle poche.
Era un medico, un chirurgo per la precisione. Ma non uno di quelli che frequentava mia madre assiduamente, ovvero un chirurgo plastico, ma uno che salvava le vite. Qualcuno che usava il suo mestiere , le sue capacità per aiutare gli altri. Lavorava in pronto soccorso, era andato in Africa a fare del volontariato per anni. Era una brava persona.
Ed ero contenta e stupita che mia mamma lo avesse trovato. Era successo per caso, ad una cena di beneficenza, dove lei non voleva nemmeno andare, ma a cui il suo agente l' aveva obbligata a partecipare per aumentare le sue possibilità di essere presa in un telefilm. Cosa che poi comunque non era successa, perché era troppo vecchia per la parte, ma almeno aveva incontrato Leonard.
Era un uomo alto, sul metro e novanta, robusto, ma non muscoloso, aveva anche un po' di pancetta ed era leggermente stempiato. Il suo aspetto rassicurante, all' inizio mi aveva destabilizzato, ma poi lentamente conquistato.
C' erano voluti dei mesi, prima che riuscissi a fidarmi , ma poi , era successo.
Non so nemmeno io come, ma era riuscito a penetrare il mio muro di resistenza.
Parlava piano, lentamente e sorrideva sempre. In quel periodo tornavo a casa volentieri, perché molto spesso, mi mettevo a fare i compiti in cucina, invece che chiudermi in camera, mentre lui preparava qualche prelibatezza.
Anche la mamma era felice, come non mai. Sembrava tutto perfetto.
Sapevo che aveva una ex moglie, e che si erano lasciati perché lei aveva trovato un altro uomo e una figlia. Una ragazza poco più grande di me, che frequentava la mia stessa scuola.
Appena capii chi fosse, le sorridevo a scuola, perché forse, volevo creare un legame con lei, con il sangue del suo sangue.
MA Misha, mi guardava per un secondo negli occhi spaventata e poi di toccava il lobo dell'orecchio , sotto la massa liscia di capelli neri e abbassava lo sguardo, dileguandosi.
Era una ragazza carina, vestita con camicie bianche e gonne fin troppo lunghe. Teneva sempre lo sguardo basso ed era brava a scuola.
Non aveva amici, e parlava a stento e solo durante le interrogazioni.
Cercavo di vedere la loro somiglianza, ma se lui era luce, lei era un' ombra.
Io e Leonard invece parlavamo tanto, di tutti, dei miei sogni, aspirazioni, di Jake, Mark, di quello che volevo essere e che potevo diventare.
Mi sentivo finalmente capita.
Sentivo di avere una famiglia oltre Jake e Mark.
Poi un giorno Leonard torno' a casa sconvolto, la mamma era dal parrucchiere , io gli chiesi che cosa fosse successo. Lui mi disse che un'operazione che aveva fatto era andata male e un ragazzino di sette anni era morto sotto i ferri. E lui sapeva perché era successo. Era colpa delle sue mani. Le tiro ' fuori dalle tasche e tremavano.
Le guardai e poi lui guardo' me.
- Perché succede?Cosa possiamo fare?-, gli chiesi.
Volevo aiutarlo, come lui aveva aiutato me, in tante cose, soprattutto a fidarmi di nuovo di qualcuno.
Temevo mi dicesse di avere qualche malattia incurabile, e non potevo sopportarlo, non potevo perdere l' unico adulto che credeva in me.
Lui si asciugò gli occhi umidi con una mano tremula e io trattenni il fiato.
- Mi succede da sempre, da dieci anni circa . Quando accumulo troppo lavoro, troppo stress. Il mese scorso ho fatto quaranta interventi, ti ricordi? Tra cui quello durato ventidue ore e adesso ne risento.-
- Hai un modo per curare questo tremore? Qualche pasticca, cure omeopatiche, massaggi?-
Lui scosse la testa.
- Domani devo fare due operazioni e non so come fare. Deve passare. Devo fare i miei esercizi.-
Io annui'. Anche se non sapeva quali fossero i suoi esercizi .
Lui sorrise , perché finalmente aveva trovato come stare meglio.
- Mi vuoi aiutare?-
- Certo.-
- Sono semplici esercizi di precisione. Niente di che. Stringo e allento la presa sulla mano, ma mi aiutano.-
Io feci un piccolo sorriso.
- Okay, che devo fare?-
Lui si alzò e andò verso la sua borsa da lavoro. Tirò fuori due stringhe.
Poi si mise di fronte a me, mi fece segno di alzarmi, per trovarmi di fronte a lui e poi mi indicò le mani.
- Puoi allungarle verso di me?-, la sua voce dolce e calma. Sicura.
Lo feci.
E lui sempre guardandomi negli occhi, mi si avvicinò piano e mi mise una stringa intorno ai polsi.
Il mio cuore iniziò a battere forte.
Lui vide la mia paura e mi calmò.
- Fa parte dell' esercizio, legarti i polsi, per riuscire ad acquisire abbastanza presa. Per i tendini.-
Ma io scossi la testa e provai a muovere le mani.
- Non mi interessa, non voglio essere legata. Sciogli tutto. Troveremo un altro modo.-
- Non c'è un altro modo Emilia. È questo l'unico.-
Io mi dimenai.
Lui si chino' e mi afferrò le caviglie.
Io allora scalciai , ma lui era più forte e mi legò .
- Ti prego Leonard, ti prego, mi fai paura.-
Lui scosse la testa e mi guardò come se non potesse mai farmi del male.
- Emilia, ti giuro che non ti farò niente. È peggio di come sembra.-
Poi mi voltò di scatto e mi ritrovai a dargli le spalle.
Allora cominciai a tremare e milioni di scene orribili mi tornarono in mente.
Scene che ex ragazzi di mia madre, avevano provato a fare con me, ma io ero stata abbastanza vigile da riuscire a fuggire sempre.
Perché non mi fidavo di loro.
Non come stavolta. E faceva male.
Perché avevo dato la mia fiducia .
- Ti prego, ti prego. Tu sei buono. Tu non mi farai del male. Ho solo dodici anni. Tu salvi le vite, tu sei una brava persona.-
Sentii la sua voce sulla mia spalla.
E non era da pazzo o da maniaco, ma calma, come ogni volta, come se mi stesse spiegando un' equazione. Come era sempre stata.
- Emilia, ti giuro che non ti farò del male. È davvero solo un esercizio. Non lascerò un solo segno sulla tua pelle. Nessun segno.-
Poi però mi tirò su la maglietta e neanche il tempo per urlare che sentii una sferzata sulla colonna vertebrale. Un colpo deciso, preciso e secco.
Le sue mani.
Urlai.
Ma lui non si fermò.
Continuò sotto le mie cosce, sul ginocchio.
E io piansi e urlai.
Implorai all' inizio,perché smettesse.
MA poi capii che era inutile, lui non mi rispondeva.
Era assente, come se stesse facendo un' operazione. Poi sentii un colpo secco dietro al lobo.
Poi sulla nuca.
E poi tutto fini'.
Mi risistemò la maglia, i capelli .
- Nessun segno, come promesso. -
Silenzio.
- Hai dei bei capelli, lo sai? Adoro i capelli lunghi. Grazie Emilia. Lo apprezzo molto.-mi bacio' sulla testa e poi mi liberò.
Io non dissi una parola, lo guardai negli occhi, cercando il male, ma vedevo solo il suo solito sguardo.
Passarono mesi e poi lui mi narcotizzo', mentre uscivo dal bagno.
Mi ritrovai legata e dolorante.
Ma nessuna delle volte in cui mi picchio', rimase un solo segno.
Nessuno visibile. Solo la pelle leggermente arrossata, se non sulla parte interna del lobo.
Mi tornò in mente sua figlia.
Successe altre tre volte che mi picchiasse, e in tutte prima mi aveva sorpresa mentre cercavo di nascondermi da lui e narcotizzata .
Ogni volta , mi risvegliavo intorpidita e dolorante, ma non ricordavo niente. Andavo a scuola il giorno dopo anche se non riuscivo quasi a muovermi, perché avevo più paura a stare a casa.
E poi un giorno successe.
Mi risvegliai durante un suo esercizio.
Ero solo in reggiseno, lui mi stava martoriando la schiena e io voltai la testa e la vidi.
Mia madre, sulla porta di cucina, che ci guardava, non capendo.
Sentii Leonard parlare gentilmente.
- Fra un po' abbiamo finito. Massimo dieci minuti.-
Lei mi guardò negli occhi, poi sorrise a Leonard.
- Okay, non più tardi. Perché hai fissato per le otto al ristorante e non voglio arrivare tardi.-, disse quasi canzonandolo.
Come se lo avesse beccato a guardare una partita e non a picchiare sua figlia, legata e mezza nuda.
Mi usci' un singhiozzo dalle labbra.
Allora mia mamma mi guardò e mi fece un piccolo sorriso.
- Grazie Emilia, per l'aiuto che dai a Leonard, lo apprezziamo molto entrambi.-, poi guardò lui, come per avere la sua approvazione e dopo averla ricevuta la vidi andare in salotto e accendere la TV.
Lui continuò a picchiarmi e io urlai per farmi sentire da lei, ma ciò che sentii fu solo il volume della televisione che si alzava.
A lungo pensai come potesse finire questa storia. Non ero mai a casa, ma quando dovevo tornarci correvo in camera.
Poi un giorno successe.
L' incubo fini'.
Mia madre mi chiamò al telefono piangendo e mi disse che Leonard stava ritornando a casa, quando aveva visto un bambino attraversare la strada per inseguire un pallone.
Una macchina non lo aveva visto e lo stava per arrotare. Leonard si era buttato senza pensare e con il suo corpo aveva fatto da scudo al bambino, che aveva riportato solo delle fratture e lividi.
La testa di Leonard invece era finita sotto al pneumatico, sfracellandosi.
E lui era un eroe.
Era morte da eroe. Il medico che salvava bambini.
Io dovetti aiutare mia madre a superare il lutto e ad organizzare il funerale , di cui la sua ex moglie, donna sicuramente più sensata, non voleva assolutamente avere nulla a che fare.
Così quel giorno, davanti alla bara di un mostro, vidi Misha , sua figlia, i suoi bei capelli lunghi rasati a zero .
Lei si voltò verso di me, mi fece un piccolo sorriso, che profumava di libertà, mentre una lacrima scendeva per il padre, mostro che aveva. E nel nostro incontro di sguardi vi fu la condivisione che entrambe avevamo subito il male di quell' uomo che per tutti era un eroe cittadino.
Poi Misha cambio', i capelli tanto amati dal padre, rimasero sempre corti, e i suoi vestiti di fecero sempre più succinti.
Ed acquisto' tanti amici. Soprattutto ragazzi e dato che sua madre non era mai a casa, ma si era trasferita con il nuovo compagno a New York , lei cominciò ad organizzare feste dove droga e sesso erano liberi.
Fini' la scuola prima del previsto, col massimo dei voti, ma da quanto so, si era data un paio di anni sabbatici per divertirsi, nonostante decine di università l'avevano reclamata.
Non ci siamo mai parlate, ne' guardate in volto, perché entrambe non vogliamo ricordare, ne' far sapere .
Perché entrambe , lo so, ci sentiamo responsabili, quanto lui.
- Allora, perché non viene anche la tua amichetta con noi?-, sento quelle parole e guardo il ragazzo moro a fianco di Misha Every.
Come ha iniziato a farsi chiamare dopo la morte di suo padre.
Non più solo Misha, ma con il suo secondo nome, come se adesso avesse qualcosa in più.
Lei non mi guarda nemmeno.
- È la fidanzata di Jake, il fratello di Mark e dubito che farebbe sesso con noi e suo cognato.-, lo informa la ragazza con Misha Every .
Io non puntualizzo che in realtà sono la ex ragazza di Jake.
Perché di fare qualcosa con loro mi disgusta parecchio.
- Puoi comunque venire tu Mark. So cosa ti piace e ci divertiamo tanto insieme. Lascia la zavorra.-
E so che questo Misha Every l' ha detto per ferirmi.
Forse non sa cosa provo per Mark, o forse qualcosa l' ha capito , ma di sicuro vuole insultarmi.
Vedo il sorriso sul suo viso, malefico.
Fa di tutto per allontanarmi, per non creare nessun legame tra noi.
Perché le ricordi lui e vuole ferirmi.
- Andiamo Emilia.-, Mark mi posa una mano sul fianco, senza guardarla .
- Da quando in qua ti piacciono le ragazzine inutili, vuote e senza cervello?-, la sua voce è veleno.
Mark si irrigidisce.
Io gli metto una mano sul braccio e lui mi guarda.
E io parlo, per farmi sentire da lei. Perché è più facile ferire che perdonare se stessi. Anche per me.
- Lascia stare. Si vede che le piacerebbe averti. Sei un tipo che lascia il segno.- e lancio un' occhiata a Misha , che spalanca gli occhi. E poi mi tocco il lobo.
L' unico punto in cui le botte di Leonard lasciavano il segno. E mi allontano.
Cercando di stare in piedi da sola, anche se so che Mark mi regge a se'.
Ma so anche che sono solo io , con la mia tenacia, ad essere abbastanza forte da restare ancora in piedi, nonostante tutto.
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Senza limiti
Teen FictionLui rimase immobile a guardarla, il suo petto si alzava velocemente sotto la maglietta bagnata, i suoi occhi la fissavano come due braci incandescenti. La bocca leggermente socchiusa, in cerca di ossigeno. Eppure era lei che non riusciva a respirare...