Ventuno

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Jade si alza in piedi di scatto.
- Io vado da France. Vieni anche tu?Bollicine, fragole e cioccolata. Ti fai fare un bel taglio o cambi questo colore così..-si prende tra le dita una ciocca dei miei capelli e li guarda come se fossero qualcosa di impronunciabile.
Io mi allontano.
Mi piacciono i miei capelli, sono morbidi, lunghi fino a metà vita, e soprattutto adoro il colore. Mark dice che hanno il colore dell' autunno, perché al sole assumono dei piccoli riflessi ramati.
E amo questa idea.
- Grazie Jade, ma i miei capelli mi piacciono nel loro naturale castano. Voglio essere me stessa e con i miei capelli mi sento a mio agio. -
- Come vuoi. Io oggi rosa. Sarà una cosetta lunga, ma lì c è di tutto. E poi France sa tutti i pettegolezzi del club e oltre. Mi diverto un sacco.Sicura che non vuoi venire? Ti fai una bella maschera ristrutturante e poi bollicine e tante chiacchiere.-
Mi alzo dal letto e le sorrido.
Odio il gossip di France , perché si incentra quasi tutto su mia madre e quando vado lì è più un interrogatorio su di lei, i suoi fidanzati e il suo ultimo intervento estetico, che un momento di relax.
E a me verrebbe solo voglia di gridare.
- Grazie, la prossima volta volentieri, però oggi ho voglia di riposarmi.-
- Pallosa.-
Le sorrido.
Poi mi viene in mente dell' invito di Will.
- Lo so. Ah, sabato andiamo alla festa di Misha Every.-
Jade che si sta mettendo uno stivale con pelliccia fucsia a tacco alto, stando in piedi su una gamba sola , alla notizia, per poco non cade di faccia.
- Eh? Tu vuoi andare ad una festa di Misha Every? Una di quelle esagerate, trasgressive, dove succedono cose strane, dove ti trovi misteriosamente mezzo nudo con gente che non conosci e con addosso una testa di cervo e balli sopra ai tavoli? Quelle feste?-
- A parte il fatto che ho sentito che solo a te sono capitate certe cose, si'.
Will è stato invitato da Allison e così ha chiesto anche a me di andare e quindi anche tu verrai, giusto? È la mia prima festa da single.-
Non so se traspare la mia agitazione, ma Jade ha la bocca spalancata e gli occhi pesantemente truccati , aperti, perciò passa tutto in un secondo e mi ritrovo a ridere.
Lei si mette dritta con le braccia conserte, offesa.
- Scusa eh, ma tu indossi vestitini a fiorellini e toni pastello. Sei dolce e pura come un' angioletto. Non vuoi nemmeno far toccare i tuoi pallosossimi capelli castani e poi mi dici che Will è stato invitato da Allison, su cui non dirò niente solo perché mi ha passato il compito di chimica, ma che comunque è una grandissima sfigata, e che tu vuoi andare con lui ad una festa dove ci sono orge , alcool e nessun limite.
Perdonami se mi chiedo cosa stia succedendo. Sei consapevole che non stiamo andando a prendere uno yougurt a yougurtlandia alle quattro di pomeriggio vero? Ci vuole un certo abbigliamento...-
Si passa una mano tra i capelli.
Io la guardo negli occhi.
- E tu potrai consigliarmi su come vestirmi e io accetterò.-
Bastano queste magiche paroline per far cadere ogni sua remora.
- Ok, ci andiamo, anche se con quei due sfigati di Will e Allison. Almeno lui avrà da fare con quella e non starà dietro a noi due. Mi piace.-, si strofina le mani insieme e vedo uno strano luccichio nei suoi occhi.
E capisco che è meglio se me ne vado, prima che voglia farmi fare le prove degli abiti.
- Vado. Ah per la cronaca anche tu hai i capelli castani al naturale .- e dico castani come se fosse una parolaccia.
Lei arriccia la bocca schifata.
Adora eccedere e per lei la normalità è strana.
Io le sorrido e le lancio un bacio , prima di chiudere la porta.
Scendo le scale, saluto i suoi domestici, o meglio dei suoi genitori, e mi dirigo verso il garage privato.
Entro in macchina e appena l' accendo so che non voglio andare a casa.
Sono le sette di sera, ma vorrei andare ovunque tranne che li'.
Evito di svoltare verso l' unico posto in cui mi sento al sicuro e dove vorrei davvero stare, e mi dirigo verso il centro commerciale, perché a forza di parlare di yougurt mi è venuta voglia .
Parcheggio in un posto ben illuminato vicino all' entrata, mi guardo intorno prima di scendere.
Sono paranoica, malata, ma tanto sono sola e nessuno può giudicarmi.
Lo faccio sempre, in maniera istintiva.
Osservo i pericoli, vie di fuga e soprattutto faccio in modo di parcheggiare in un posto non isolato che sia giorno o sera.
Dopo aver constatato che nel parcheggio ci sono pochissime macchine e che le persone più vicine sono due anziani con la spesa, scendo dall'auto.
Mi dirigo verso l' entrata.
E sorrido tra me.
Non sono una tipa da feste, so di che genere sono quelle di Misha Every, so chi è lei.
Ci conosciamo fin troppo bene.
Però per una volta quando Will mi ha detto dell' invito di Allison, la prima persona oltre a me a parlarci, non ho saputo dirgli di no.
Lui non voleva andare da solo, perché come mi ha ripetuto più volte non era un appuntamento con Allison, che è carina, ma non il suo tipo.
Perciò non volevo che lui rinunciasse alla sua unica possibilità di socializzazione per causa mia.
E poi l' ho fatto per me. Perche voglio passare una serata con i miei amici, Will e Jade, perché è normale.
Voglio fare qualcosa, essere parte dei racconti, delle serate, non solo un contorno, la ragazza che torna a casa prima, che vive sullo sfondo, a cui si raccontano della musica, delle risate.
Voglio vivere la vita, non essere più solo una spettatrice.
Mi fermo.
Yougurt.
Mi appare davanti la scritta colorata.
Adoro i dolci, ho una dipendenza.
- Ehi.-, mi sento sfiorare la spalla e tutto il corpo viene percorso da brividi caldi.
Non urlo o faccio gesti bruschi.
È come se il mio corpo sapesse di non dover aver paura.
Mi volto e lo vedo.
E mi ritrovo a sorridere.
Mark.
Pantaloni di jeans scuri, maglione blu da cui sbuca una maglietta bianca, che gli fascia i muscoli.
È alto, sexy da far paura, sembra un modello e io sento il cuore battere come un martello pneumatico.
E mi sorride. E in quel momento tutte le mie difese cadono, se ci sono mai state nei suoi confronti.
- Che fai?-, mi domanda.
Io volto la testa verso la yougurteria.
- Soddisfo le mie dipendenze.-
Tutte, in questo preciso momento, direi.
Lui si mette a ridere.
- Che ne dici se esageriamo e andiamo a prendere una cioccolata calda con cannella, gocce di cioccolato fondente, cucchiaino di cioccolata , ricoperta di panna montata ?-
Spalanco gli occhi.
E ho l' acquolina in bocca.
- Perché conosci i miei punti deboli?-
Lui mi guarda con i suoi occhi scuri e mi sorride.
- E tu i miei , Emilia.-
Io alzo le spalle.
I miei sono peggiori dei suoi. Questo è certo. E non si limitano alla mia dipendenza verso gli zuccheri.
Lui cammina piano, alto nel suo metro e novanta, vestiti scuri che lo fasciano come un modello.
Sguardo fiero, sembra il re del mondo.
Alcune ragazze lo guardano mentre passa e io sento la gelosia montarmi dentro, anche se non ha senso.
Però la provo e non la nascondo per una volta. Le guardo male, perché lui è con me, per adesso, solo ora, è un po' mio e loro non devono mangiarselo con gli occhi.
Vorrei avvicinarmi a lui, sfiorargli il braccio, magari prenderlo sotto braccio per sentire il suo calore, ma non lo faccio.
Mi limito a camminargli a fianco .
- Tu invece che ci fai qui?-
Mi indica con la mano due divanetti e un tavolino sulla destra, nella piccola cioccolatieria dove siamo entrati.
Mi fa passare e sedere per prima.
Lui resta in piedi.
-Sono venuto a fare un giro.-
Il fatto che sia solo non è così strano.
Lui ama la solitudine, a lungo è stato isolato dagli altri , per sua scelta.
Era come se nessuno fosse abbastanza per lui.
Come se non sentisse quel bisogno di socializzare.
Eravamo solo noi tre.
Ed era perfetto così.
E lo era anche per me.
Rimane in piedi e mi guarda, con le braccia incrociate , i muscoli sulle braccia tesi e uno sguardo pensieroso.
- Non mi piace più stare a casa da solo, ora che te ne sei andata. Mi sembra vuota, come se mancasse qualcosa. Qualcosa di essenziale.-
E poi si volta e va verso il bancone.
Lasciandomi li' immobile e senza sapere cosa dire.
Per un attimo non riesco a connettere.
Gli manco.
Sono essenziale.
Quella parola mi fa stare bene. Mi fa sentire importante.
E cosa ancora più rilevante, sono importante, essenziale, per lui.
Poggio le mani sul tavolo .
Un senso di calore, pienezza , mi riempie.
Mi sento completa, come sempre con lui.
- Ecco qua.-
Mi mette davanti un' enorme tazza di cioccolata calda, panna, cannella e con annesso il cucchiaio di cioccolato, come promesso.
Tutto perfetto.
E in un piattino tra noi una torta alla frutta e in un altro, una torta bianca con delle decorazioni rosa, dall' aspetto invitante.
Mi sento una bambina, viziata e felice.
Lui sapeva già cosa ordinare, in ogni minimo dettaglio, perché mi ha osservato, ogni volta che era con me, ha preso nota dei miei gusti, di ciò che ordinavo, di quello che mi piaceva .
E questo per me è la cosa più dolce e appagante che abbia mai avuto.
Sono emozionata e so che è stupido, perché è solo una cioccolata, ma so anche che è molto di più.
- Le avrei scelte entrambe, non avrei saputo decidermi.-, cerco di parlare e smettere di pensare al mio cuore che si sta riempiendo di gioia.
Perché sento che non è giusto, che io sia così felice.
- Per questo te le ho portate tutte e due.-
Prendo una forchettina e la uso per prendere un pezzetto di quella alla frutta.
- Però dividiamo, sennò devo portarti all' ospedale.-, mi dice sorridendo.
E io annuisco, mettendo in bocca quella delizia.
Mi esce un sospiro estasiato.
Apro gli occhi e mi ritrovo due fari incandescenti che mi fissano.
Mark, tiene tra le dita a mezz' aria, una tazza di caffè amaro , come piace a lui e mi guarda con uno sguardo serio, duro, come se fosse arrabbiato o ... non so, e quegli occhi mi provocano un' infinita' di brividi lungo tutto il corpo.
Sento le dita dei piedi arricciarsi sotto i  suoi occhi neri.
Trattengo il respiro.
Appena si accorge che ci stiamo fissando, con calma distoglie lo sguardo e beve.
Io faccio lo stesso con la mia cioccolata e poi addento un' altro pezzo di torta.
Stando attenta a non fare versi stavolta.
- Come va con Victoria?-
Mi guarda come se sapesse che c è qualcosa che non va in quella casa.
Lui sa che mia madre è un tipo particolare. Che sono io quella che deve badare a lei.
Non sa molte altre cose, ma dopotutto nessuno al mondo le sa oltre me e lei.
E deve restare così.
Sennò scapperebbe a gambe levate.
Credo.
Anche se continuando a guardare quegli occhi scuri, ora che siamo soli, vicini, mi verrebbe da dirgli milioni di cose, di raccontargli tutto e sperare che mi voglia anche dopo.
MA è solo un ' illusione.
Nessuno mi vorrebbe dopo.
- È fuori città per un po'. A rilassarsi. Perciò ho la casa tutta per me.-, faccio il mio sorriso di circostanza, ma non lo guardo in viso, perché ho paura che saprebbe leggere nei miei occhi.
- Lo sai, che se hai bisogno di evadere un po', casa nostra è anche tua. -
- Anche se non divido più il letto con Jake?-, il mio tono è sarcastico e non mi riconosco.
Perché di solito io tengo tutto dentro.
Perché così non farò arrabbiare nessuno.
- Sarà sempre casa tua. E poi abbiamo tanti letti, puoi scegliere il tuo preferito.-, scherza.
Lui non si è arrabbiato.
Ha capito la battuta.
E anch' io faccio un sorriso timido.
E penso alle decine di stanze che ci sono in quella casa . E poi immagino Mark nel suo letto e io abbracciata a lui. La testa sul suo petto e lui che mi stringe a se'.
- Grazie. Lo terrò a mente.-
Io addento anche un pezzo dell'altra torta e mi scappa un altro piccolo gemito.
Stavolta non guardo Mark negli occhi, ma solo di sottecchi e vedo che stringe forte il manico della tazzina.
- Manchi a Jake.-, la sua voce è più roca.
O forse è solo una mia sensazione.
Jake.
E l' idea di Mark che dobbiamo stare insieme.
Alzo gli occhi e lo guardo .
- Anche a me manca, come amico.-
- Potresti passare un po' da noi , qualche volta.-, dice senza guardarmi negli occhi e prendendo un pezzo di torta.
Io sorrido.
- Volentieri. Possiamo guardare un film e cenare insieme.-, propongo e lui annuisce , negli occhi una luce felice.
Guardo i piatti e vedo che abbiamo finito tutto, più che altro io.
Mark siede con la schiena premuta sulla sedia e mi guarda, con calma, senza vergogna, ne' imbarazzo, con un lieve sorriso sulle labbra, come se fosse in pace.
E io mi lascio accarezzare dai suoi occhi.
Lo guardo anch' io, poi fingo di essere impegnata a bere la cioccolata, che ormai è praticamente finita. Poi rialzo gli occhi e ci ritroviamo a sorridere, insieme, come due bambini.
Senza motivo, solo perché siamo felici di stare insieme.
Appoggio la tazza.
- Hai finito di bere?-, mi chiede .
Annuisco.
- Okay, allora se vuoi andiamo.-
Annuisco di nuovo, però non mi muovo di un millimetro.
Non voglio andarmene.
Questo è il mio paradiso personale.
- Grazie.-, gli dico. E mi riferisco alla cioccolata, alle torte, alle sue parole, ai suoi sguardi, o semplicemente alla sua presenza. A tutto, ogni cosa, ogni minimo particolare.
E metto la mano sul tavolo, poco distante da me, vicino alle posate.
- Figurati.-
Anche lui poggia la sua mano sul tavolo. Parallela alla mia. Pochi centimetri ci separano.
Io la guardo, vorrei che mi sfiorasse, anche solo le sue dita a contatto, seppure breve con le mie.
Sento già la scossa crepitare sui polpastrelli.
Odio il contatto fisico di solito, sempre praticamente, ma con lui tutto il mio corpo, ogni parte di me, desidera solo il suo tocco.
Perché so che mi farebbe stare bene, che non mi farebbe mai del male.
Perché lui è calore.
Sulla pelle e nel cuore.
Mark allunga le dita .
Siamo a pochi millimetri.
Poi le allontana.
Si alza in piedi.
- Andiamo?-
Io mi alzo.
- Dove hai parcheggiato?-, mi chiede.
- Davanti all' entrata. Tu?-
- Ti accompagno.-
Camminiamo fianco a fianco.
- Mi ha fatto piacere incontrarti per caso. -
Io mi volto verso di lui, continuando a camminare.
- Dovremmo rifarlo, ma non per caso. -
Appena mi accorgo di cosa ho detto, divento paonazza.
Oddio, sembra che gli abbia appena detto che voglio uscire con lui, che voglio un appuntamento.
Ho appena invitato Mark ad un appuntamento.
Voglio sprofondare sotto il pavimento.
- Nel senso che sono stata bene e potremmo rimangiare la torta e la cioccolata. Un' altra volta. Insieme. Non per caso.-
Uccidetemi.
Ora.
Siamo di fronte alla mia macchina e non me ne sono nemmeno accorta, mentre speravo di sparire per l' imbarazzo.
- Emilia, è stata la serata migliore che abbia avuto da secoli, perciò si dobbiamo rifarlo, con la torta, con il cioccolato, pizza, sul divano, a casa, ovunque. Basta stare insieme per stare bene. È da sempre così. Siamo noi l' ingrediente che fa funzionare tutto.-
E con queste parole toglie ogni mio imbarazzo, mi fa sentire giusta, non sbagliata come mi sento sempre, con chiunque, tranne che con lui.
Mi fa sentire semplicemente, totalmente, felice, come solo lui è capace di fare.

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