Capitolo 26

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Clay aprì la porta del suo appartamento e accese la luce del corridoio. Non appena Gil entrò a sua volta, Clay richiuse il battente a chiave e si tolse il giubbotto.

«Vuoi darmi la giacca?» domandò al suo ragazzo.

«Sì, grazie.»

Clay era talmente nervoso che le sue mani tremarono mentre appendeva l'indumento all'attaccapanni accanto alla porta, ma non riusciva a mascherare la tensione che lo avvolgeva.

Aveva deciso di farlo salire, di passare la notte con lui, ma la sua scarsa autostima ora sembrava più forte che mai.

Che cosa avrebbe detto Gil del suo fisico asciutto? Delle sue ossa sporgenti e del fatto che avrebbe preteso la luce spenta?

«Ti mostro la casa» affermò Clay, cercando di prendere tempo, come se la cosa potesse aiutarlo a calmarsi.

Gil lo seguì in silenzio, osservò la cucina moderna, il grande salotto e la vista sul parco facendo qualche apprezzamento sull'appartamento.

«Ho anche una camera oscura» lo informò Clay, non sapendo più che altro dire.

«Bella» fece Gil, dandole un'occhiata veloce prima di tornare a fissare gli occhi di Clay. «Ma ora voglio te.»

Il ragazzo gli si avvicinò e, in un istante, gli rubò la bocca in bacio infuocato, mandandogli in tilt il cervello.

Clay rispose con passione a quel dolce assalto, cinse la vita del giovane con le braccia, mentre l'altro faceva lo stesso con il suo collo.

Le dita di Gil si intrufolarono nei suoi capelli, mettendosi a giocare con quei fili setosi. Li tirò e li spettinò con fervore, continuando a mangiargli la bocca come se non potesse sopravvivere senza quel contatto.

«Dov'è la camera da letto?» ansimò Gil, tra un bacio e l'altro. «O preferisci scoparmi qui?» domandò, appoggiandosi al muro e tirandosi il fotografo addosso.

Clay ridacchiò davanti a tanto desiderio, realizzando solo in quel momento un altro fatto importante. Stava per fare sesso con una persona che lo desiderava davvero, non con uno sconosciuto incontrato in un bar per una sveltina o un professionista a pagamento. No. Clay stava per passare la notte con un ragazzo speciale.

«Di qua» gli ordinò Clay, improvvisamente impaziente di vederlo nudo.

Clay afferrò Gil per un polso e lo tirò verso la sua stanza, pronto a buttarlo sul proprio letto per divorarlo, ma una volta varcata la soglia, il giovane lo rigirò tra le proprie mani senza sforzo e riprese a baciarlo con urgenza.

Quella passione stava travolgendo Clay con rapidità, offuscando la sua mente e facendogli desiderare di strappare i vestiti di dosso a Gil.

Senza staccarsi dalle sue labbra il giovane avanzò verso il letto, costringendo Clay a indietreggiare, finché non lo spinse, facendolo ricadere sul materasso.

«Finalmente, cazzo!» ringhiò Gil, sfilandosi maglia e canotta, facendo sorridere Clay.

Il fotografo aveva fantasticato spesso su come doveva essere il giovane senza vestiti, dato che non lo aveva ancora visto, ma nulla era paragonabile alla meraviglia che gli si stava palesando davanti agli occhi.

Quei muscoli appena pronunciati erano perfetti, tutti da toccare, mordere e vezzeggiare, mentre i capezzoli svettavano duri come bottoncini da pizzicare con le dita.

Quando Gil si sbottonò i pantaloni, tirandoli giù insieme alle mutande, Clay pensò di stare per svenire, o per lo meno di avere un mancamento.

Era assolutamente divino.

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