Capitolo 1

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TITOLO: Sono sempre i sogni a dare forma al mondo
AUTORE: Elenza
PERSONAGGI: Giuditta (personaggio inventato), Mattia Perin, altre comparse.
GENERE: romantico/sentimentale
BOLLINO: giallo
DISCLAIMER: I personaggi famosi citati in questa storia non mi appartengono; tutto ciò che dicono o fanno non vuole in nessun modo descrivere la realtà, è tutto frutto della mia fantasia. Questa FanFiction non è a scopo di lucro e non vuole offendere o diffamare nessuno.

Capitolo 1

Avevo appena finito il turno, mi stavo cambiando velocemente negli spogliatoi, per poi correre a prendere il treno per casa. Ero particolarmente stanca, oggi in reparto c'era stato molto da fare ma, stasera avevo un compleanno e dovevo fare uno sforzo per superare la stanchezza. Il mio "lavoro" mi portava spesso a fare sforzi ma non mi lamentavo perché, era quello che avevo sempre sognato; ero una studentessa di infermieristica pediatrica e stavo facendo tirocinio già da qualche settimana. Avevo desiderato fin da piccola poter curare i bambini e, adesso, a 20 anni, potevo dire che il mio sogno non stava più prendendo polvere in un cassetto. Non ero ancora laureata ma, solo l'idea di indossare la divisa da infermiera mi riempiva di orgoglio e soddisfazione.
"Giuditta, mangi con noi stasera!?" mi chiesero Martina e Alice, le mie compagne di università. "No, ragazze mi dispiace ma ho un compleanno e rischio anche di non arrivarci se non prendo il primo treno" risposi; quindi le salutai e corsi fuori dall'ospedale. Il semaforo per i pedoni davanti all'uscita era stranamente verde, così attraversai la strada di corsa, quando, vidi due fari puntati verso di me, avvicinarsi un po' troppo velocemente. Senza neanche accorgermene, la macchina si fermo a pochissimi centimetri da me; io, sommersa da tantissime emozioni, iniziai a sbattere le mani sul cofano dell'auto urlando insulti al guidatore.
Il ragazzo scese velocemente dal veicolo chiedendomi come stavo; "Stavi per investirmi! Come credi che stia? Chi ti ha dato la patente? Non vedi che hai il rosso!? Cazzo!!" fu la mia risposta. "Scusa, ti giuro non mi sono neanche accorto del semaforo, ero sovrappensiero."
Iniziarono a lacrimarmi gli occhi, la respirazione iniziò a diventare irregolare, mi tremavano gambe e mani; era l'inizio di un attacco di panico, ormai li conoscevo troppo bene; lui si accorse che qualcosa non andava; così mi si avvicinò, aprì la portiera del passeggero e mi propose di sedermi e tranquillizzarmi.
Solo quando la respirazione tornò a regolarizzarsi capì che l'attacco di panico si era concluso, così guardai l'orologio e, mi accorsi di aver perso il treno. A quel punto fissai il ragazzo, il quale era rimasto tutto il tempo al mio fianco, chiedendomi ogni secondo come stavo, e, gli dissi: "Grazie mille, per colpa tua non solo ho rischiato la vita ma, ho perso persino il treno per tornare a casa!". "Ti accompagno io se vuoi!" propose lui, "basta che mi dici il tuo indirizzo!". Lo guardai negli occhi scuri e, facendo un mezzo sorriso, annuii.
Il ragazzo allora chiuse la portiera del passeggero e salì in macchina, accese il motore e si mise in strada. Durante il tragitto lui non la smetteva di scusarsi dicendo che era un brutto periodo, che era stressato per via del lavoro e tante altre cose; io provavo a rassicurarlo, ripetendo che stavo bene, che ero viva e che non doveva preoccuparsi.
Parlavamo del più e del meno, fino a quando lui non mi chiese se seguivo il calcio, risposi di sì; lui si interessò e continuò chiedendo quale squadra tifassi, io risposi: "Sono genoana! E tu?". Lui mi guardò come se fossi un fantasma, così cercai di sdrammatizzare: "Non mi dirai che oltre ad essere un pessimo guidatore, sei pure sampdoriano!?". Entrambi ridemmo con gusto, lui negò e mi disse che la sua squadra del cuore era il Latina, la città dove era nato.
Il viaggio sembrò velocissimo, noi due infatti ci ritrovammo sotto casa mia senza neanche accorgercene. Ringrazia e feci per aprire la porta, quando lui mi afferrò il braccio e mi disse: "Mi piacerebbe rivederti, magari domani a cena per scusarmi della mia disattenzione.", così cercò nel cassettino del cruscotto, un pezzo di carta ed una penna. Quando li trovò scrisse qualcosa e mi porse il foglietto. Lo afferrai e lessi il suo nome, Mattia, e il numero di cellulare; gli sorrisi e mi presentai: "Piacere, Giuditta!"; ci stringemmo la mano.
"Scrivimi!" disse lui, "Sarà fatto allora!"; chiusi la portiera della sua Nissan Qashqai bianca e corsi a casa per prepararmi per la serata.
Entrai in casa e salutai velocemente mia madre, mi infilai in stanza e cominciai a pensare a cosa indossare; quando mi venne voglia di scrivere un messaggio a Mattia. Ci eravamo appena salutati, forse stavo esagerando?
Sono sempre stata sfortunata con i ragazzi ed ogni volta ho la sensazione che mi prendano puntualmente in giro. Ho paura a farmi avanti per prima e per questa ragione evito di agire; mi tiro indietro soprattutto per il mio aspetto fisico. Non mi considero una ragazza attraente, non sono la solita "magra, figa, snella con il fisico da modella"; sono un po' in carne, robusta o sovrappeso. Non credo di essere bruttissima; ho anche io i miei punti forti: ho due grandi occhi verdi, un bel seno e un bel viso ma, mi sembra che nessun ragazzo se ne accorga e sapevo, in cuor mio, che anche Mattia non sarebbe stato diverso dagli altri. Nonostante tutto, nulla mi persuase dallo scrivergli, presi quindi il cellulare e gli scrissi un breve SMS sperando solo di ricevere una risposta!

Mattia aveva appena parcheggiato la macchina in garage e si stava incamminando all'ascensore che l'avrebbe portato al suo appartamento. Era stanco morto, dopo l'allenamento aveva anche dovuto litigare, per via del suo rendimento degli ultimi tempi, con l'allenatore. Era già da un po' che non riusciva più ad uscire dal campo soddisfatto del suo gioco; era un periodo strano ma Mattia non riusciva a dare una spiegazione a tutto ciò. Cominciò a considerare la sua situazione attuale come una delle possibili ragioni per cui non aveva visto quel semaforo rosso; era sempre stato attendo, soprattutto al volante.
Uscito dall'ascensore, cercò le chiavi di casa nella tasca, infilò quella giusta nella toppa e girò. Entrato in casa, tirò fuori il suo iPhone, trovò un messaggio, lo lesse ed il suo viso si illuminò come il display del suo telefono, per via del sorriso che comparve sul suo volto.

Sono sempre i sogni a dare forma al mondo - Elenza || PerinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora