Suonarono alla porta, non volli nemmeno alzarmi per andare ad aprire. Non me ne fregava niente, nessuno doveva urgentemente vedermi. Mia madre aveva le chiavi; nessun altro sarebbe entrato. Non uscivo di casa da due giorni, mi alzavo solo per andare in bagno o per aprire il frigo cercando qualcosa da mangiare. "Credo di essere l'unica persona al mondo che, quando è triste, o nervosa, ha lo stomaco dilatato, anziché chiuso" pensai.
Sentii suonare ancora altre volte ma, rimasi abbracciata al mio cuscino.
"Giuditta apri sta cazzo di porta o la butterò giù a calci!" urlò Ambra, sbattendo le mani sulla porta.
Alla fine, decisi di alzarmi; andai all'ingresso ed aprii.
"Ciao" dissi con voce leggera.
"Ciao!? Ciao?! Tu stai scherzando? Ti ho scritto messaggi, fatto chiamate ma, tu, non mi hai cagato! Giuditta si può sapere che cazzo è successo? All'apericena non sei venuta, Stefano non ha saputo raccontarmi nulla e sono giorni che non ho tue notizie." mi rispose, particolarmente incazzata.
La guardai negli occhi, prima di scoppiare a piangere. Mi sentivo di merda, mi sentivo una merda, soprattutto nei suoi confronti. In fondo, Ambra, non mi aveva fatto nulla; avrei potuto semplicemente dirgli di aver litigato con Mattia, o che non stavo bene ma, non sparire così.
Mi abbracciò, mi strinse forte a sé e cercò di consolarmi.
"Scusa, non volevo farti preoccupare" dissi, nascondendo la faccia, dietro la sua spalla.
"Ok, tranquilla ma, sai che per te sono sempre in pensiero. Sembri sempre così forte ma, in realtà, so perfettamente che non è così. Ti va di raccontarmi cosa è successo?"
Mi staccai dal suo abbraccio e mi diressi in cucina, misi su un tè caldo e cominciai a raccontarle tutto.
"Tesoro, da quanto tempo non fai tirocinio?" mi chiese Ambra, dopo che io terminai di parlare.
Non mi aspettai quella domanda; "Tre giorni!"
"Giudy cazzo! Per te l'ospedale è un'ancora di salvezza, quel salvagente in mezzo al mare e tu, non ci vai?"
"Ambra, mi sento già in colpa a non andare; non mettertici anche tu! Sto male, piango per ogni cosa; come posso presentarmi davanti a dei bambini malati con già le lacrime agli occhi?"
"Amore lo so! Scusa ma, devi riprendere in mano la tua vita! Non lasciare che uno stronzo così possa portarti via le cose per te importanti! Oggi a che ora cominceresti?"
"Alle 14!"
"Abbiamo 4 ore buone, preparati! Chiama l'ospedale, mangiamo un boccone e andiamo! Oggi ti accompagno io"
La abbracciai; aveva ragione ed io, non potevo che volerle bene!Mattia aspettava, o meglio, sperava, in un messaggio, una chiamata o un e-mail di Giuditta. L'aveva cercata a lungo, senza mai ricevere una risposta.
Non chiudeva occhio ormai da giorni, da quella volta nello spogliatoio, per essere precisi.
Avendo giocato infrasettimanale, aveva tre giorni liberi; senza allenamenti. Se Giuditta fosse stata al suo fianco avrebbe sfruttato queste giornate per stare insieme, magari per un viaggetto.
Mentre stava immaginando cosa avrebbe potuto fare con lei, gli squillò il cellulare.
"Mattia! Ho sentito Ambra e, le è scappato che ha accompagnato Giuditta in ospedale. Vedi tu cosa fare. Io fossi in te andrei a parlarci"
"Ste, sei davvero fantastico! Grazie, grazie davvero! Stasera andrò a prenderla fuori dal Gaslini."
"Di niente amico e, beh, buona fortuna!"
Chiuse la chiamata e si preparò mentalmente al prossimo incontro.Stavo uscendo dal reparto, ero con Simona, la mia compagna. Finalmente eravamo riuscite a fare tirocinio insieme, di solito finivano in reparti diversi e non avevamo mai occasione per stare un po' insieme. Trovare lei negli spogliatoi mi rese felice e, venire a sapere che saremo state insieme, ancora di più.
Mi vide giù ma, non mi fece domande e per questo ne fui davvero grata!
Finito il tirocinio, ci avviammo all'uscita. Stavamo parlando tranquillamente quando, ad un tratto, mi fermai di colpo.
"Che c'è?" chiede Simona preoccupata.
"Ho visto Mattia e la sua macchina qua fuori! Simo io non voglio vederlo! Ti prego, vagli incontro e digli che non ci sono!"
Simona agì senza farmi domande.
Mentre la vidi uscire dalla porta, capii di essere fortunata. Ero circondata da amiche sincere, che tenevano a me. Sarei sopravvissuta anche senza Mattia.Perin era appoggiato alla portiera della macchina, vide una compagna di corso di Giuditta venirgli incontro.
"Ciao Mattia, che ci fai qui?" chiese lei;
"Simona! Ciao, beh, io, aspettavo Giuditta!"
"Puoi anche andare via, oggi non c'è!"
"Non mentirmi, Simo, so per certo che oggi è venuta."
"Mi dispiace ma, è già andata via. È inutile che tu rimanga qui, ad aspettare un fantasma."
La guardò in faccia, sembrava dire la verità allora, salì in macchina e tornò sulla strada di casa.
Simona tornò dentro l'Istituto per parlare con l'amica."È andato via?" chiesi apprensiva.
"Sì, Giud, se ne è andato. Ma.. Mi è sembrato tanto triste. Parlaci, magari, potreste chiarire."
"Simo, grazie ma, ora io non voglio parlargli, nemmeno vederlo in fotografia. Ho rinunciato a vedere perfino il Genoa. La sua faccia mi fa venire rabbia, tristezza e delusione."
Simona mi strinse forte a sé, non sapeva cosa ci avesse diviso ma, sapeva che presto avremmo risolto. Almeno così sperava.
Conoscevo bene Simona, era stata una delle prime con cui avevo legato e si era rivelata una persona splendida. Era spesso e volentieri più ottimista di me (e ce ne vuole!) soprattutto quando riguardava i ragazzi con cui uscivo; su Mattia ci aveva sempre preso.
La salutai con un bacio sulla guancia, uno di quelli con lo schiocco fortissimo, come piacevano a lei e, mi avviai alla stazione per prendere il treno.Dopo aver saputo che Giuditta aveva ricominciato a fare tirocinio, Mattia, cominciò a presentarsi sotto l'ospedale alla fine di ogni turno, con la speranza di vederla.
Spesso vedeva Simona e Martina uscire ma, da sole; di Giuditta nemmeno l'ombra.
Una sera però, la vide, incappucciata, per proteggersi dalla pioggia che cadeva, dirigersi verso la sua Panda; parcheggiata in seconda fila, con le quattro frecce. Le andò incontro.
"Giuditta!"
"Mattia" disse lei stupita, poi aggiunse: "Vattene e non venire più qui sotto! Io e te non abbiamo più niente in comune".
"No, io non me ne andrò se prima non avrò parlato con te." rispose il calciatore afferrandole un braccio, per bloccarla.
"Mattia, lasciami! Non abbiamo niente da dirci, se non insulti."
Mattia la guardò intensamente, la tirò a sé provando ad abbracciarla, farle capire che doveva dargli una seconda possibilità ma, lei oppose resistenza."No, Mattia, non mi toccare. Sali in macchina e vattene. Sotto l'acqua prenderai un malanno ed io non voglio esserne la responsabile." dissi.
"Ti interessa la mia salute?" chiese lui stupito.
Ero stranita anche io dalla mia affermazione, se lui si ammalava a me, cosa poteva importarmene!? Non ebbi, però, neanche il tempo di rispondere che mi sentii afferrata e tirata per l'altro braccio. Voltai la testa e vidi mia madre.
"Giuditta andiamo via! Lasciala in pace" disse lei tirandomi via dalle braccia del portiere e trascinandomi in macchina.
Salimmo e partì subito; dal finestrino vidi Mattia, bagnato come un pulcino guardarci andare via.
"Grazie mamma!" dissi prima di scoppiare a piangere.
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Sono sempre i sogni a dare forma al mondo - Elenza || Perin
FanfictionGiuditta, una studentessa di infermieristica pediatrica, s'incontra, o meglio dire scontra, con un ragazzo al volante della sua macchina. Questo ragazzo è Mattia Perin e da lì in poi le cose non saranno mai più come prima. Ma per scoprire cosa succe...