Capitolo 9

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Le settimane passavano; io e Mattia stavamo davvero tanto tempo insieme. Quando non riuscivamo a vederci, ci sentivamo al telefono. Ormai eravamo dipendenti l'uno dall'altra. Come mi aveva promesso, mi regalò l'abbonamento in tribuna; così, quando non avevo tirocinio, andavo a vederlo giocare.
Avevo fatto amicizia un po' con tutte le compagne dei giocatori ma, soprattutto, con la moglie di Luca Antonini, Benedetta e le sue dolcissime bambine. Spesso, infatti, mi sedevo fra loro e le facevo un po' giocare; capivo che per due bimbe, dopo un po', il calcio possa iniziare ad essere un po' noioso e pesante. Quando entravo allo stadio per vedere le partite mi sembrava di tornare bambina, quando mio padre mi portava a vedere il Genoa in Gradinata Nord.
Da brava genoana, ho sempre sofferto di "cuore" guardando una qualsiasi partita del Grifone, fin da quando ero piccina. Agitarmi, imprecare e fumare come una turca sono i modi che ho sempre usato per sfogarmi; forse, era per queste ragioni che avevo praticamente smesso di andare allo stadio. Ma, vedere giocare Mattia, per di più nella squadra che ho sempre tifato, mi riempiva il cuore. Lo vedevo realizzato dopo una parata, triste dopo un gol, felice alla vittoria e amareggiato per la sconfitta. Ormai avevo imparato le sue emozioni ed io, a specchio le riflettevo: sia perché ero tifosa, sia perché ero la ragazza di Perin.

Era domenica pomeriggio, lo stadio Ferraris pieno di tifosi. I giocatori entrarono in campo, Mattia la vide in tribuna; era splendida, "Come sempre" pensò; le mandò un bacio e poi salutò l'intero stadio.
Ormai lo faceva ogni volta; prima salutava Giuditta e poi, tutto il tifo rossoblu. Era un modo per dimostrarle che veniva prima di chiunque altro. Sapeva che lei, facendo così, si sentiva importante e speciale e Mattia non desiderava altro. Quando lei veniva a vederlo, lui si sentiva tranquillo, senza pensieri perché, dentro a quello stadio, c'era tutto quello a cui teneva; esclusa la sua famiglia, purtroppo lontana.

Erano già a metà del secondo tempo; eravamo contente per come stava andando la partita, il Genoa vinceva per due reti e Mattia non aveva preso gol. Sapevo che dentro di sé era soddisfatto ma, potevo solo immaginare la sua tensione.
"Mattia, ogni volta, mi dice che è sempre nervoso marcio nella prima mezzora e nell'ultima di ogni partita; perché, puntualmente, gli avversari segnano in quel frangente." dissi a Benedetta;
"È normale; perché sono i momenti in cui le squadre si caricano e tentano di segnare" mi disse, cercando di dare una spiegazione logico-razionale alle ansie di Mattia.
Tornai a concentrarmi sulla partita; mancavano circa 20 minuti, più il recupero, alla fine. Ero tranquilla fino a quando, il Genoa non perse palla. Vidi gli avversari spostarsi nella nostra metà campo, uno entrare in area e provare il tiro.
Il pallone sembrava andare a rallentatore e, nello stesso modo, il portiere, che si buttava per parare.
Vidi Mattia afferrare quel pallone, cadere e sbattere la testa contro il palo. Buio.
Mattia non si rialzava, non sapevo più cosa stava succedendo. Panico. Guardai Benedetta affinché mi dicesse qualcosa ma, lei rimase in silenzio; anzi, mi guardò con gli occhi spalancati pieni di paura.
Vidi qualche uomo correre verso di lui, abbassarsi, parlargli ma, da Mattia nessuna risposta. Vidi gli stessi uomini fare segno ad altri di portare una barella, vidi Mattia essere sollevato da terra per essere posto sopra di essa; vidi il mio portiere essere portato via.
Tutto lo stadio trattenne il fiato, io più di tutti loro; cominciai a piangere, presa dal panico.
"Cosa devo fare?" chiesi con voce tremante a Benedetta;
"Vai da lui! Ha bisogno di te!" mi rispose con fermezza; indicandomi la strada che dovevo fare per arrivare in infermeria.
Non vedevo più nulla, le lacrime mi offuscavano la vista; dovevo concentrarmi sui gradini che dovevo scendere; cerando di non cadere. Il suo nome era l'unico pensiero che avevo in testa; essere distante da lui, nonostante fossi così vicina, mi faceva sentire male.
Incontrai diverse persone ma, nessuna mi bloccò; dovevo trovarlo, stargli vicino, "Ha bisogno di te!" le parole di Benedetta si insinuavano nella mia mente; dovevo correre da lui.
Svoltai un angolo ed eccola; una porta con sopra la targa: INFERMERIA. Non sapevo se potevo entrare, se dovevo bussare, non capivo più nulla. Mi appoggiai al muro, scivolai a terra e continuai a piangere.
Un uomo uscì dalla stanza; io non me ne accorsi fino a quando non mi rivolse la parola.
"Signorina? Tutto bene?" mi chiese l'uomo.
Ignorai la sua domanda e chiesi subito di Mattia.
"Lei è Giuditta, giusto?"
Io annui, allora, lui continuò: "Ha ripreso conoscenza, ha chiesto di lei. Non si preoccupi, sta bene; ha preso solo una bella botta; e dovrà riposare qualche giorno. Se vuole entrare, può farlo." concluse indicandomi la porta; lo ringrazia ed entrai nella stanza.
Lo vidi sdraiato su un lettino, come quelli che vedevo tutti i giorni in ospedale; le lacrime ricominciarono a scorrere.
Stava riposando; aveva gli occhi chiusi e una benda sulla testa; evidentemente si era anche tagliato.
Mi sedetti sulla sedia che era vicino al letto e gli afferrai la mano.
"Sono qui vicino a te!" gli sussurrai. Non volevo disturbarlo, a me, bastava stargli accanto.
"Amore! È sempre bello aprire gli occhi e vederti." mi disse.
Non sapevo cosa rispondere, tra l'emozione di sentire la sua voce, il pianto e la tachicardia, non riuscivo a dire nulla. Allora lui continuò: "Amore dai; non piangere! È solo un bel bernoccolo, non ti devi preoccupare, sto bene. Davvero!". Mi mostrò uno dei suoi soliti sorrisi; quei sorrisi che amavo, a cui non avrei mai potuto rinunciare.
"Mi hai spaventato a morte! Ti ho visto lì per terra e non ho capito più nulla" dissi, dopo aver trovato le parole.
"Non sapevo di farti questo effetto!"
"Cretino! Prendimi pure in giro; tanto sono io che mi preoccupo!" feci l'offesa ma, questa era la prova che stava bene; che era ancora il mio Mattia Perin di sempre.
"Dai, guarda il lato positivo, mi farai da infermiera personale in questi giorni di riposo obbligato"; mi fece l'occhiolino.
"Per te farei qualsiasi cosa purché tu stia bene!"; mi alzai e lo baciai delicatamente sulla fronte, poi sulle labbra.
Mi ero spaventata tantissimo ma, ora Mattia stava bene ed eravamo insieme. Questo era l'importante.

NdA: Ammetto che scrivendo questo capitolo soffrivo con loro.. Spero vi sia piaciuto =) Aspetto sempre un vostro parere. Vi do una piccola anteprima:
Ero sul divano, che stavamo "pomiciando" allegramente, quando mi squillò il cellulare.
"Non rispondere!" mi propose Mattia, tra un bacio e l'altro.
Non lo ascoltai e mi sporsi verso il tavolino per prendere il telefono.
Baci Elenza

Sono sempre i sogni a dare forma al mondo - Elenza || PerinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora