Attenzione: Scene violente
I calciatori entrarono, Mattia fu il primo a mettere piede in campo, sollevò il capo e guardò sugli spalti, nella nostra direzione ma, abbassò velocemente la testa, sistemandosi i guantoni e andando a posizionarsi tra i pali rossoblu.
Mattia non mi salutò, ed io, non capii neanche il perché. Forse era teso, forse arrabbiato oppure semplicemente non mi aveva visto.
Sapevo perfettamente quanto fosse importante questa partita per lui; la Roma era pur sempre una grande squadra e lui voleva fare una bella figura.
Subito dopo il calcio d'inizio, con la partita, cominciò anche la mia ansia e la mia preoccupazione. Cercavo di tranquillizzarmi e fortunatamente ci riuscii; grazie al goal del Genoa, a soli 16 minuti dal fischio iniziale.
Guardai Mattia, come facevo sempre dopo un qualsiasi goal; sia del mio Grifone, sia degli avversari.
Adoravo quando il mio portiere esultava insieme ai suoi compagni, anche a distanza. Ma, questa volta non fece nulla. La cosa un po' mi stupì.
Finì il primo tempo, dissi a mio padre che sarei andata al bagno ma, mi nascosi più in là, per accendermi una sigaretta. Avevo 21 anni e non riuscivo ancora ad ammettere che ero una fumatrice; continuavo a negare l'evidenza.Mentre faceva le sue boccate continuava a chiedersi se fosse lei la paranoica o Mattia era davvero strano. Ci pensò tutto il tempo.
Fece l'ultimo tiro, spense la sigaretta in un posacenere lì vicino e tornò da suo papà.
Ricominciò il secondo tempo, il Genoa era ancora in vantaggio e lei, forse complice la sua sigaretta, riuscì a rimanere più tranquilla.
Ma questa tranquillità durò poco, infatti, Keita prese il pallone e corse verso la porta avversaria. Polverizzò la difesa, trovandosi così faccia a faccia con Perin.
Il portiere non ebbe altra scelta se non quella di uscire e buttarsi tra le gambe del centrocampista. Non riuscì a bloccare il pallone ma, fermò solo il giocatore, facendo ovviamente fallo.
Mattia non ebbe neanche il tempo di alzarsi in piedi, che, l'arbitro era già davanti a lui, con un cartellino rosso fra le mani.
Il portiere provò comunque a protestare ma, non ebbe successo; lasciò il campo, sprigionando rabbia da tutti i pori.Fu espulso dal campo; potevo solo percepire il suo scazzo. Un qualsiasi cartellino faceva girare l'anima, figuriamoci un rosso. Lo vidi dirigersi ai piedi della tribuna, fu facile per me capire i suoi gesti: mi fece segno di raggiungerlo negli spogliatoi. Lo osservai prendere delle cose in panchina e poi, sparire dentro il tunnel.
"Papà io scendo da Mattia, ci vediamo dopo la partita." dissi prima di avviarmi agli spogliatoi.
Avevo già fatto mille volte quella strada, la prima fu per quel incidente che fece perdere conoscenza al mio amore. Non volevo ripensare a quei momenti di terrore che avevo passato; ringraziavo il fatto che la situazione di adesso, fosse completamente diversa.
In breve tempo mi ritrovai davanti alla porta dello spogliatoio genoano. Bussai e sentii Mattia urlarmi di entrare.
Appena misi piede nello spogliatoio lo sentii imprecare contro qualsiasi cosa. Camminai fino ad arrivare alla sua postazione, praticamente in fondo alla stanza, avvicinandomi a lui. Lanciò per terra la sua maglietta e si voltò verso di me dicendomi:
"Cazzo! Ci hai messo una vita!"
"Scusa ho fatto il possibile" dissi, sentendomi ingiustamente in imbarazzo.
Lui mi afferrò per un braccio, mi tirò a sé e mi attaccò al muro.
Mi sollevò le gambe ed io, per istinto gli misi le braccia al collo.
Mattia abbassò leggermente il pantaloncino ed lo slip, per far uscire la sua erezione. Sollevò la gonna del mio vestito e spostò lateralmente le mie mutande.
"Mattia, cosa stai fac.."
Non ebbi nemmeno il tempo di oppormi a tutto ciò; fu dentro di me. Entrò con violenza, rabbia ma, soprattutto, senza sentimento. Mi sembrava un animale in accoppiamento; cominciai a piangere per il dolore, per quel Mattia che non riconoscevo, che non avevo mai visto.
Mi stava facendo male, sia fisicamente che psicologicamente. Mi sentivo un oggetto, che dava piacere ma, che non ne avrebbe mai ricevuto. Mi sembrava di avere davanti a me il mio ex.
Speravo solo che finisse in fretta, che tutto questo strazio durasse poco.
"Mattia, basta!" urlai, con tutta la forza che mi era rimasta, "Ti prego".Non appena Giuditta lo pregò, Mattia venne. Così, si staccò da lei, aiutandola a mettersi in piedi.
"Giuditta, io.."
"Mattia, non dire niente" disse, sistemandosi il vestito e le mutande; "è meglio che io me ne vada!".
Solo vedendola andare via, si accorse che le tremavano le gambe e che stava piangendo come non mai.
Le corse dietro, le afferrò un braccio;
"Non mi toccare! Mi fai schifo!" urlò lei, tirando via il braccio e correndo verso l'uscita.
"No, aspetta.."
Mattia non ebbe neanche il tempo di rispondere che, lei era già uscita dalla porta.Aprendo la porta, incontrai un allenatore di Mattia, non provai neanche a nascondere il mio viso rigato dal mascara. Lo salutai, in modo quasi impercettibile, e iniziai a salire la prima rampa di scale, per risalire alle tribune.
Non appena arrivai in mezzo agli altri tifosi, posizionai sul volto i miei fidati occhiali da sole e mi diressi verso il posto di mio padre.
Lo raggiunsi e avvicinandomi a lui dissi: "Papà, portami via! So che magari vorresti vedere la partita ma, ti prego, se ci tieni a me, portami via!"
"D'accordo, andiamo! Tanto senza il portiere la partita non ha senso" mi rispose, quasi come se fosse incapace di non infierire.L'allenatore di Mattia entrò nello spogliatoio, dirigendosi verso il portiere.
"Mattì, non dirmi che l'hai lasciata davvero?" chiese l'allenatore, con una scintilla negli occhi.NdA: Spero di non aver traumatizzato nessuno..
Cosa ne pensate? Del capitolo e della storia? Vi piace, o manca qualcosa? Baci Elenza.
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Sono sempre i sogni a dare forma al mondo - Elenza || Perin
FanfictionGiuditta, una studentessa di infermieristica pediatrica, s'incontra, o meglio dire scontra, con un ragazzo al volante della sua macchina. Questo ragazzo è Mattia Perin e da lì in poi le cose non saranno mai più come prima. Ma per scoprire cosa succe...