Capitolo 26

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In quel momento tutto parve crollare, come un castello di carta cade con un soffio di vento.

Alzai gli occhi dalla lettera e vidi Beatrice e Marco che non osavano guardarmi in viso, guardavano altrove; fu in quel momento che compresi tutto.

Con le lacrime agli occhi mi alzai di scatto dall'altalena e urlai:

-Voi lo sapevate, vero?- continuai a guardarli, ma la risposta non mi giunse.

- Va bhe, ho capito- dissi con una risata amara prima di voltargli le spalle e andarmene per la mia strada

- No, Silvia aspetta, noi non poteva....-  cercò di rimediare Beatrice, posandomi una mano sulla spalla

La falsità l'ho sempre odiata, perciò mi liberai dalla sua leggera stretta e corsi nel boschetto adiacente all'altalena.

Correvo e correvo, ma le lacrime mi impedivano di vedere chiaramente la strada. Quando non ebbi più fiato fui costretta a fermarmi e a sedermi ai piedi di un albero. Alzai la testa verso il cielo e in quel momento capii che la vista annebbiata dalle lacrime stava diventando la metafora della mia vita.  

Sinceramente non capivo se ero più arrabbiata con i miei, con Ariana o con i ragazzi. Io mi fidavo e loro mi hanno solo presa in giro per tutto questo tempo, senza che io me ne rendessi conto.

Su una cosa sono sicura, la mia fiducia è andata a farsi fottere. Mi hanno tradito, e il tradimento peggiore è quello procurato dalle persone a te care. Le persone che pensi che ti stiano accanto per tutta la vita,  le persone con cui condividi tutti i tuoi segreti, le persone a cui io avrei anche donato la mia vita, Ti tradiscono.

- Porca puttana- imprecai scagliando un sasso vicino a me  verso l'albero posto di fronte.

Tirai fuori il cellulare dalla borsa e vidi 5 chiamate perse dei miei genitori, 4 messaggi di Beatrice e 1 chiamata da Marco.

Bloccai lo schermo del mio cellulare e riposi il mio cellulare in tasca. Quando mi fui finalmente calmata mi alzai  e mi pulii i jeans dalla terra umida resa tale dalle piogge che avevano caratterizzato queste giornate.

Mi girai su me stessa per cercare di orientarmi, dato che in questo bosco non ci ero mai entrata, se non un paio di volte con mio padre. Accesi la torcia del mio cellulare e iniziai a ripercorrere la strada che avevo fatto all'andata, ma per mia sfortuna avevo la vista così tanto annebbiata che di certo non avevo fatto caso alla strada percorsa. Ennesima sfiga

Avrei potuto chiamare mio padre che conosceva il bosco come le sue tasche, ma francamente non avevo alcuna voglia di vederlo e sentire le sue inutili parole.

In quel momento mi vennero in mente le parole di Dante che citavano così: "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la diretta via era smarrita..." quei versi esprimevano al meglio il mio stato d'animo, e in un certo senso mi consola. Prima o poi tutti dovremo affrontare un periodo di crisi nel corso della nostra vita, ma io speravo che questo momento giungesse il più tardi possibile; ma d'altronde noi siamo solo burattini comandati da un fato crudele.

Continuai a vagare per almeno mezz'ora senza però trovare la strada del ritorno.

Rassegnata, così, fui costretta a chiamare mio padre e a chiedergli di venirmi a prendere nel boschetto.

Quando mi rispose, la prima cosa che sentii furono le urla di mio padre che mi chiedeva dove ero finita e mi chiedeva cosa ci facessi nel bosco.

Normalmente sarei rimasta molto turbata dal tono burbero e giustamente arrabbiato di mio padre, ma quello era un giorno speciale.

Dopo poco tempo mi raggiunse nel bosco e il sollievo che provai nel vederlo fu immenso; ma quel sollievo ben presto venne scacciato via per far posto alla rabbia che covavo nei suoi confronti.

Molta gente considera la rabbia come una brutta emozione. Per me non lo è mai stata. La rabbia ti aiuta a crescere e a volte ti aiuta a capire quanto tieni davvero a una persona. Quello che non mi piace è la reazione che la rabbia spesso provoca: violenza fisica, brutte parole, insulti,  bestemmie.  Quando sei arrabbiato tutto diventa come un foglio nero. Non puoi disegnarci sopra con i pastelli colorati, ma puoi colorare solo con un colore: il bianco
Ciò significa che per scacciare la rabbia non servono ricordi, emozioni ma occorre solo IL ricordo, L' emozione, quella più bella, quella più potente, quella che è in grado di scacciare  tutto il nero della nostra vita.

Per tutto il tragitto me ne stetti zitta, sotto lo sguardo furibondo di mio padre.

Giunti all'uscio di casa, vidi il volto di mia madre che era un misto tra l'incazzato e il preoccupato.

-Ma si può sapere che ti prende?!?! Andare nel bosco da sola quando nemmeno lo conosci?! Ma che cavolo ti è preso?- urlò mia madre in preda a una crisi isterica.

Mi tolsi la felpa, mi sederti sulla sedia, incrociai le braccia al petto aspettando che i miei finissero con la sfuriata.

Mia mamma però vedendo la mia reazione calma e taciturna, si avvicinò a me e mi tirò una sberla in pieno viso.

E fu in quel momento che io crollai: mi alzai dalla sedia e con le lacrime che ormai colavano giù dalle mie guance urlai:

- Ma state zitti, cazzo. Ora so perché facevate tutti i misteriosi nei confronti di Ariana.... La verità è che voi non volevate che io scoprissi che Federico è stato adottato! -

A quella dichiarazione i miei genitori si zittirono e si guardarono tra loro. Il silenzio calò, non so per quanto, ma di sicuro per tanto tempo.

Nell'aria si sentiva solo il rumore del mio tirar su con il naso e dei nostri respiri, ora silenziosi, ora sempre più pesanti.

Il silenzio cessò nel momento in cui mo fratello uscii dalla sua stanza per sapere per che ora ci fosse pronto.

- Che succede? - chiese mio fratello squadrandoci uno ad uno

- Niente caro, vai su di sopra, tra un venti minuti c'è pronto- rispose mia madre con tono sorprendentemente calmo, continuando però a guardare me in faccia.

LA RAGAZZA DELL'ALTALENADove le storie prendono vita. Scoprilo ora