Ariana's POV
Il momento era giunto. Mi trovavo lì, con il mio trolley usurato dal tempo sulla banchina ad aspettare il mio treno.
Mentre ero seduta su una sedia della stazione, osservai le persone che mi passavano davanti... bambini con i loro genitori, pendolari e qualche ragazzotto pronto a fare il gradasso con una canna in bocca.
Vedevo tante sagome, molte delle quali mi sembravano vuote; molti gesti che le persone compivano era freddi, dettati solo dall'abitudine.I bambini invece no, erano sempre pronti a imparare, erano curiosi, non si accontentavano di svolgere il gesto quotidiano, volevano sapere il perché di tutto.
Dopo 10 minuti di attesa il mio treno arrivò. Mi sedetti in un posto a quattro, con un tavolino in mezzo alle due file di posti.
Il treno correva così veloce, così come corse la mia infanzia. Mi incuriosiva molto stare vicino al finestrino e guardare fuori, proiettando la mia vita ideale su altre persone.Ero pronta, sapevo che quel viaggio era necessario per dare una svolta alla mia vita. Tirai fuori dalla mia borsa un piccolo pezzo di stoffa, sporco e imbrattato da macchie di mascara. Quel pezzo di stoffa faceva parte del cuscino di mia mamma.
Ancora dopo tanti anni profumava di lei; non so, aveva un profumo particolare, non descrivibile a parole, ma di sicuro è uno di quegli odori che non riuscirei mai a dimenticare.Quando dovetti dormire per la prima volta a casa dei miei nuovi genitori, non ci riuscii, e nonostante avessi il letto sommerso da peluches, Morfeo non voleva prendermi con sé.
Quel pezzo di stoffa risultò la mia salvezza, e credo lo sarà per sempre.
Gli diedi un'ultima occhiata e sussurrai dentro di me: "mamma, papà sto arrivando, vi prometto che ci riuscirò sta volta! Soprattutto adesso che vi ho con me"
Chiusi in un pugno il rettangolino tra le mie mani, come se i miei genitori mi stessero trasmettendo tutta la forza e infine lo riposi nuovamente nella mia borsa.
Il resto del viaggio non fu particolarmente avvincente, anzi, di fronte a me si sedettero solo uomini d'affari muniti di computer e valigetta.
Erano troppo impegnati a fissare quel dannato schermo luminoso, che non si accorsero minimamente delle lacrime che rigavano le mie guance.Nella vita siamo troppo occupati ad occuparci del futuro che quasi mai ci ricordiamo di vivere il presente.
A scuola i professori ci dicono di studiare per l'università, all'università studiamo solo per trovare un lavoro, lavoriamo solo per poi raggiungere la pensione....
Qual'è il nostro obiettivo ultimo nella vita?
Quando siamo giovani pensiamo che questo sia lontano, ma quando siamo adulti ci accorgiamo che ormai l'obiettivo non ce lo eravamo mai prefissati veramente."Potevo trascorrere un po più di tempo con i miei genitori, ma quando ero adolescente pensavo solo ad uscire e a divertirmi; adesso mi mancano molto e non so cosa darei per riaverli indietro" Questa è la frase tipica di un adulto.
Impariamo fin da subito a riconoscere le cose importante, i VERI obiettivi della vita, non quelli secondari; perché nulla è più importante degli affetti familiari.
Tirai fuori dalla tasca dei pantaloni il mio telefonino e vidi un nuovo messaggio da parte di Beatrice.
"Silvia vuole conoscere la verità e francamente penso sia giunto il momento. Non so dove sei, non so se risponderai mai a questo messaggio, ma sappi che manchi a tutti; Silvia compresa"
Rilessi un'ultima volta il testo indecisa sul da farsi.
Da un lato volevo risponderle, ma dall'altro sapevo che se lo avessi fatto avrei infranto il patto che feci con me stessa.
Sapevo che Silvia non si sarebbe data pace fino a quando tutte le tessere del puzzle non fossero incastrate correttamente, ma sapevo anche che i signori De Celeris avevano capito il motivo della mia sparizione e per questo motivo non chiamarono la polizia.La voce meccanica del treno che annunciava le fermate mi distolse dai miei pensieri e mi ricordarono che questa era la mia fermata. Presi così il mio bagaglio e scesi alla fermata.
Erano anni che non percorrevo quelle strade, molte di queste mi sembravano così diverse dall'ultima volta.
All'incrocio di piazza indipendenza con via Vittorio Emanuele mi fermai; trassi un lungo respiro e mi decisi a svoltare l'angolo.
Era lì, era diversa, ma era quella. Ne ero sicura.
Mi trovavo davanti a una villetta intonacata da un giallo discreto, con un bel giardino rigoglioso.
Mi avvicinai alla casa e lessi sul campanello il nome dei nuovi proprietari: Ambrogio Rossi e Michela GuardiacaccciaMi sedetti sul marciapiede opposto alla strada, di fronte alla villetta, e mi misi a scrivere sul mio Block notes tutte le mie emozioni.
Era difficile, ma necessario, come l'alcol su una ferita: inizialmente brucia, ma poi ti senti meglio e guarisci.
"Cari mamma e papà,
Eccomi qui, sono di fronte alla nostra vecchia casa. Mille ricordi mi riaffiorano nella mente. Più guardo quel giardino e più mi ricordo di quell'altalena sulla quale, tu mamma, mi spingevi. Il primo Step l'ho superato, sono orgogliosa di me; spero che anche voi lo siate.
Dolore, rabbia, delusione e tanta tristezza sto provando in questo momento"Alzai gli occhi dal quadernetto quando mi resi conto che un bambino di circa 6 anni mi stava toccando la spalla.
- Perché stai piangendo?- mi chiese con voce triste.
- Io... io- non mi ero nemmeno resa conta delle gocce di acqua salata che stavano scorrendo sul mio viso. - niente piccolo, sono solo un po triste-
- Piacere io mi chiamo Giovanni, ma tutti mi chiamano Nanni- mi disse porgendomi la sua manina.
- Io sono Ariana, ma non ho soprannomi mi dispiace- risposi alla stretta del bambino, lasciandomi sfuggire un sorriso
- Allora te lo darò io.... che ne pensi di Ari? -
-Troppo banale, non trovi? -
- Allora che ne pensi di Aria? -
Risi a quel soprannome buffo, ma per non provocargli dispiacere decisi di accettarlo di buon grado.
- Nanni, dove sono i tuoi genitori?-
- Bhe sono a casa, io sono usciti fuori dal giardino di casa mia e ora eccomi qui- mi rispose fiero dell'impresa eroica che aveva compiuto
- Abiti tanto lontano da qua?-
- no in realtà abito in questa casa qui di fronte- mi indicò la tanta amata casa dall'intonaco giallo.
Ad un certo punto un attacco di panico prese il sopravvento e l'unica cosa che mi ricordo di aver visto è stato lo sguardo del bambino impaurito che urlava.
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LA RAGAZZA DELL'ALTALENA
SpiritualIl nostro essere è determinato anche dal giudizio delle persone che ci circondano. Questa è una delle teorie che la psicologia avanza, e da quando la ragazza dell'altalena mi disse questa frase, essa rimase fissa nella mia testa. Non c'è persona im...