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Ljena

“Vieni avanti” dico. Un ragazzo si fa avanti timoroso, è alto, ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. Somiglia un po’ a Freston, quando si trasformava. È intimorito. “Chi sei?” chiedo. Lui sussulta, “Sono Francesco” risponde. Poi prende fiato: “Ero nella classe dove sei… comparsa. Chi sei? Perché tutti ti hanno dimenticato, tranne me?” non posso fare a meno di sorridere. “Mi chiamo Ljena. Sono… non so bene come sono finita qui. È… una storia complicata.” Un’ombra mi passa sul viso, e lui se ne accorge. Ricordare mi fa male, è come quando hai un ricordo che assomiglia troppo a un coccio appuntito, che ti taglia quando lo tocchi, e allora lo rinchiudi in un cassetto della memoria, lontano da dove ti possa far male, e non lo tiri fuori fino a quando il tempo non ne avrà smussato gli angoli cosicché non ti possa più ferire, e allora lo liberi, lo lasci andare. Non sono pronta per ricordare. Quando meno me lo aspetto mi compaiono davanti agli occhi le maschere del Clan del Lupo, una pozza di sangue che si mischia al succo di alcuni mirtilli tutti schiacciati, occhi neri, nerissimi… sono peggio degli incubi. “Vieni da un altro mondo?” chiede piano Francesco. “Sì. Pazzesco, vero? Non ci credo neanche io” “Io invece ci credo” risponde inaspettatamente il ragazzo, Francesco. Lo guardo stupita. “Ci credi davvero?” lui sembra a disagio. “Sì, beh, ti ho visto comparire. Ho visto quelle persone che ti inseguivano…” a quelle parole mi irrigidisco, ma lui non se ne accorge. “Ho visto quel corvo trasformarsi in una persona, e ho visto che ti trasformavi in un corvo. O la magia esiste oppure sono i migliori effetti speciali mai visti. Oppure sono pazzo.” Alle sue parole rimango un attimo interdetta. “Come? Qui da voi la magia non esiste?” È difficile per me crederlo. “No” risponde lui, come se fosse una cosa ovvia. “Nel tuo mondo quindi esiste la magia?” Annuisco, all’improvviso stanchissima. Spero che la smetta con queste domande. Vorrei solo che se ne andasse, anche se so che probabilmente è vigliacco da parte mia. Mi siedo. Il ragazzo si siede accanto a me. “Ed era un bel mondo?” sento le lacrime pungermi gli occhi. “Bellissimo.” “Parlamene un po’.” Stranamente quelle parole mi fanno sorridere.

Santski

Posato su un ramo, seguo la conversazione e come Ljena vorrei solo non dover ricordare il posto da dove vengo. Era bellissimo, non avrei voluto mai cambiarlo. Ricordarlo è un po’ come avere un blocco di ghiaccio in fondo alla gola, che spingi giù ma appena allenti la presa ritorna in superficie e sembra ti possa soffocare, mostrando immagini terribili, e non so ancora come scioglierlo. Sento che mi sta tornando alla mente tutto quanto. Il ragazzo è cauto, fa le domande giuste al momento giusto. Percepisco il sorriso di Ljena, sento le sue risposte. Una lacrima mi scende, ma è velata di malinconia, non di dolore. Forse il ghiaccio si sta sciogliendo.

Francesco

Non so come mai le ho chiesto di parlarmi del suo mondo, non so, pensavo fosse la cosa giusta da fare. Lei sorride, è un sorriso malinconico, poi inizia a parlare. “Era… è bellissimo. Nel mio mondo vivevano due popoli: i Maghi e i Mutaforma. I Maghi sono umani, ma hanno la capacità di dominare un elemento e di compiere magie. Io sono una Maga, del segno dell’aria. I Mutaforma non sono magici, ma possono trasformarsi in un animale o in una persona. Non sono animali però: non devono necessariamente seguire le regole della natura animale. Hanno sentimenti, passioni, bisogni umani. Non è strano vedere un Mutaforma orso polare all’equatore, mentre sarebbe stranissimo vedere lì un orso polare normale. Questa parte era assolutamente necessario specificarla, altrimenti poi Santski se la prende. Non c’è niente che lo irriti di più che farsi definire un animale” commenta con l’ombra di un sorriso, il primo che le vedo fare che sembri sincero. “Santski è un Mutaforma.” Il suo sorriso si allarga. “Ma la cosa più bella di questo fatto… è la Cerimonia del Legame del Sangue” “La… cosa?” “La Cerimonia del Legame del Sangue.” Non smette di sorridere, adesso quasi con allegria. “Si tiene ogni anno, il 31 dicembre, e tutti i maghetti che in quell’anno hanno compiuto sei anni ci partecipano. Anche i Mutaforma di sei anni partecipano. In quella cerimonia i piccoli Maghi scoprono il loro segno, e poi… succede una cosa bellissima. Si sceglie il proprio doppio” “Ehi, aspetta, ma cos’è un doppio?” “Un doppio… come spiegare? È come una parte della tua anima. I piccoli maghetti sentono un’affinità speciale con un Mutaforma… significa che sono destinati. Allora tutti i più potenti Maghi con un rituale magico uniscono per sempre i due esseri, cosicché le loro anime si colleghino. I Maghi acquistano il potere di mutare forma, seppure in maniera limitata, e i Mutaforma riescono a compiere magie se aiutati dal loro doppio. E da quel momento non si può fare a meno l’uno dell’altro. Tanto che, se si ferisce un Mutaforma, il suo doppio sentirà dolore. E se uno dei due muore…” tace. Non è ancora pronta per parlarne. Non insisto. “Due doppi devono per forza essere un maschio e una femmina?” chiedo invece. “No, anzi, non succede quasi mai.” “Santski è il tuo doppio?” Un fruscio dietro di me mi fa sobbalzare. Mi volto, c’è un ragazzo che sembra più grande di me e ha uno sguardo da rapace. I suoi capelli sono neri come le piume di un corvo, i suoi occhi duri e lucidi come ossidiana. Occhi da uccello. “Sì” dice. Ha una voce profonda, calma. “Sono Santski, il doppio di Ljena. Sono un corvo.”

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