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Francesco

È notte, e io non riesco a dormire. Sono sdraiato sul mio letto, a fissare il buio, con la testa così piena di pensieri che se chiudo un attimo gli occhi mi sembra di vederli sfilare davanti a me. Mancano solo tre giorni. Tre giorni e poi mi troverò a essere il fulcro di una battaglia. Non so neanche come ci sono finito dentro, a questa faccenda, e ora mi ritrovo a dover combattere in una guerra che  non è la mia. O forse sì? Ormai sono così coinvolto che non posso più uscirne. Sì, questa è anche la mia battaglia. Solo tre giorni e dovrò combattere, e non l’ho mai fatto prima. Certo, sto diventando più bravo. Ma nonostante il Capo non abbia nessuna pietà quando mi allena, è pur sempre un amico. Non sono mai stato in una battaglia prima d’ora. Non so come sarà, non ne ho idea, la realtà è che sono terrorizzato. Solo tre giorni e poi… poi non so neanche io bene cosa succederà. Vinceremo, perderemo? Tornerò a casa? Della gente morirà. E se dovessi rimanere bloccato qui a vita? Basta, non ne posso più di questi pensieri. Mi alzo, mi vesto ed esco a farmi un giro. Non ho mai visto la Roccaforte di notte. È così vuota… e così buia. C’è silenzio. Di solito i corridoi sono affollati e rumorosi, è impossibile stare soli da qualche parte. Ho finalmente imparato ad orientarmi qua dentro, in realtà i corridoi e le sale non sono disposti in modo casuale: c’è l’area residenziale, con migliaia di stanze da letto collegate, l’area cucina, dove ci sono la mensa, le cucine e le dispense, poi l’area medica, con l’infermeria e la fossa comune, e le palestre per gli allenamenti, con l’armeria. Quella è la parte più grande, a parte i dormitori. Ci sono le sale del consiglio, per le assemblee e i consigli di guerra. La biblioteca. E ovviamente la sala del trono, con gli appartamenti del Capo subito dietro. Poi ci sono gli Spazi Teletrasporto. Sono la cosa più strana che mi sia mai capitato di vedere. Stai attraversando un corridoio o una sala apparentemente vuota, senti una specie di ronzio nelle orecchie ed ecco che sei in un altro paese. Così, in un soffio. Mette i brividi. E poi ci sono le Uscite, sbocchi sull’esterno così ben mimetizzati da essere invisibili. Nessuno li ha mai trovati. È stato Han a mostrarmi tutto questo. Alia avrebbe voluto, ma devo ammettere che l’ho evitata. Alia… tre giorni e non so se la rivedrò più. E la cosa strana è che mi sembra il fatto più importante. E non sono ancora riuscito a parlarci. Cosa potrei dirle? È così strano, ma quando penso al fatto che probabilmente non tornerò più a casa sento una specie di vuoto alla bocca dello stomaco. Lo stesso che mi prende quando invece penso al fatto che probabilmente ci tornerò, e non la rivedrò più. I miei passi mi hanno portato in biblioteca, decido di entrarci. Mi piace questa sala, così grande e piena di libri. Anche se non ce n’è uno che conosca. Mi siedo su una poltrona, al buio, senza fare rumore. La camminata mi ha schiarito un po’ le idee. Rimango lì per qualche minuto, poi qualcosa attira la mia attenzione: un movimento. Un’ombra si è spostata. Mi alzo di scatto e urto un tavolino, facendomi male a un ginocchio e rovesciandolo, producendo un gran fracasso. L’ombra sussulta: è una persona. “Credevo di essere sola!” esclama. La riconosco immediatamente: Alia. “Già, anche io.” Commento. Lei si avvicina, ora nonostante il buio riesco a distinguerla meglio. “Che ci fai qua?” mi chiede. “Non riuscivo a dormire. Troppi pensieri. E tu?” sospira. “Vengo spesso qua. È un buon posto per pensare, di solito non ci viene mai nessuno.” “Se vuoi me ne vado” replico alzandomi. Lei mi blocca con un gesto della mano. “No, rimani pure. Non mi dai fastidio.” Rimaniamo un attimo in silenzio. “Allora, fra tre giorni ci sarà la battaglia.” dico, dando voce ai miei pensieri. “Eh già… e tu ne sei il fulcro. Sentiti onorato.” “Più che onorato mi sento terrorizzato.” Ammetto. “Immagino… è la tua prima battaglia, non è vero?” “Le notizie girano.” “Sì, e poi tu sei una rarità. Troppo strano per passare inosservato” dice, ma senza cattiveria. Si siede vicino a me. “Comunque, cerca solo di lasciar fare al tuo istinto. Di solito l’istinto di una persona è quello di rimanere vivo.” “Uhm, in questo momento l’istinto mi suggerisce di emigrare in Bangladesh e non tornare per i prossimi sei anni, dici che devo dargli ascolto?” lei ride, la prima risata vera che le sento fare da quando ci siamo conosciuti. “Scemo!” “Grazie” “Il mio era un consiglio serio!” “E la mia era una constatazione più che seria! Mi ci vedi bene in Bangladesh?” ridiamo per un po’, poi torniamo seri. “E tu cosa ne pensi della battaglia?” le chiedo. “È da quando è morto Charlie che non ho più preso in mano un’arma. Non avrei voluto farlo adesso.” “E allora perché lo fai?” “Vedi, non sono in molti a credere in questo piano. Credono nel Capo, questo sì, si butterebbero nel fuoco per lui, ma in fondo pensano tutti che questa sia la cosa più folle messa in atto. Io ci credo veramente. Penso che sia geniale, curato fino ai minimi dettagli, penso davvero che sia la nostra unica possibilità. Io ci credo davvero. Nel piano, nella causa che serviamo. E voglio farne parte.” “Non ti fa… paura?” “Paura? Certo che sì. Sono terrorizzata.” “Sei molto coraggiosa, tu” le dico. “Io? No, è solo una buona recita. In realtà sono una codarda. E da quando è morto Charlie…” le trema appena la voce. Cambia prontamente discorso. “Tu sei molto coraggioso. Esporti così in battaglia, senza neanche saper combattere, per una causa alla quale non appartieni… questo è coraggio.” “Beh, per quanto riguarda il Bangladesh…” “Non lo vedi? Parli di quanto sei terrorizzato, ma non ti tiri indietro. Questo è coraggio.” Mi sfiora un braccio con la mano, e poi la lascia lì. È la sensazione più bella che abbia avuto da quando sono arrivato in questo mondo. Vorrei non finisse mai. “Come è iniziato?” “Cosa?” chiede lei sorpresa. “Tutto. La ribellione, la guerra…” “Beh… ciò che faceva Morglock non era giusto. C’era solo bisogno di qualcuno che prendesse in mano la situazione.” “E non vi arrendete mai? Come fate a non cedere neanche di un millimetro, a crederci così tanto, a non vacillare mai neanche sotto una pressione così forte? Neanche dopo tutte le perdite che subite?” “Perché…” sembra non trovare le parole. “Hai presente i fiori? I fiori sono bellissimi. I fiori non crescono su un terreno bruciato. Se un imperatore brucia tutte le case dei suoi oppositori politici, non ci saranno più fiori. Le stelle sono bellissime, ma che senso hanno se nessuno le ammira perché nessuno può più uscire di casa dopo il tramonto per paura delle guardie imperiali? Anche la vita è bellissima, ma che senso ha vivere se si vive una vita di costante schiavitù? Capisci cos’è che ci da la forza?” “Capisco. Capisco sul serio. Ma ci vuole una grande forza. E io non credo ne avrei” sorride, o almeno così mi pare nel buio. “Quando non trovi più la forza in te stesso, cercala negli altri. Se il pensiero di non poter più vedere le stelle non ti da la forza necessaria, pensa che neanche chi ami potrà godere della loro vista. Io ho perso Charlie, e con lui mi sembrava di aver perso anche la voglia di vivere. Poi mi sono rialzata. C’è voluto tempo, e una gran quantità di persone che mi hanno aiutata. Ma ce l’ho fatta, alla fine. E ho ritrovato anche la voglia di combattere.” Si alza, scostandosi da me. Mi alzo anche io. Raggiungiamo la porta della biblioteca. “Credo di sapere per chi combatto” dico guardandola. Nel buio vedo solo la sua sagoma, e mi sembra perfetta. “Anche io. C’è voluto tempo perché lo capissi, sai…” un gusto amaro mi sale in bocca. Ma certo. Che stupido. “Han dev’essere fortunato” dico sovrappensiero. Devo essere mezzo addormentato, non c’è altra spiegazione. Dev’essere per quello che ho detto la cosa più stupida da dire. Sì, dev’essere il sonno. Perché se non è il sonno allora sono veramente il più idiota degli idioti. Oh, spero che non abbia colto le trecentomila allusioni che conteneva quel commento! Lei ridacchia solo, divertita. “Oh, ma non capisci proprio niente, vero?” esclama, prima di attirarmi a sé. Ho una frazione di secondo prima di capire cosa sta succedendo, poi mi ritrovo le sue labbra sulle mie ed è bellissimo. Ricambio il bacio con foga e passione mentre lei fa lo stesso, la avvicino a me con una mano e con l’altra le accarezzo i capelli, e intanto penso che vorrei che questa notte non finisse mai.

La mattina mi sveglio e non riesco a credere che la notte prima sia stata reale. Così perfetta che sembra un sogno. Ma no, è reale. Lo dev’essere per forza. Ma allora qualcosa di buono a volte capita! Sono così euforico che non mi accorgo di Han fermo sulla soglia di camera mia. “Terra chiama Francesco!” mi chiama. Da quanto è qui? “Sì, scusa. Cosa c’è?” “Il Capo vuole vederti. Armato. Mi ha mandato a chiamarti. Ti accompagno?” annuisco, mentre sparisco in un bagno per vestirmi. Mi sorprendo a canticchiare. Due minuti dopo raggiungo Han e insieme ci avviamo verso la palestra dell’allenamento. “Alia dov’è?” chiedo ad Han fingendo indifferenza. “È in infermeria. Da un po’ di tempo. Ma te l’ho già detto! Mi stai ascoltando? È da tre ore che parlo ininterrottamente!” scaccio le sue piccole proteste con un cenno della mano. “Ma sì, ma sì, è solo che stavo pensando.” “A chi?” chiede con un tono molto allusivo che faccio finta di non cogliere. “All’incontro col Capo. Chissà cosa vuole da me?” lui annuisce poco convinto. “Sì certo. E immagino sia a causa del Capo che è mezz’ora che cammini sospeso a cinquanta centimetri da terra neanche avessi le ali ai piedi, che hai la testa fra le nuvole, che sei distratto e che ti passi continuamente la lingua sulle labbra!” arrossisco fino alla radice dei capelli, mentre lui sghignazza come un matto. “Scommetto che il Capo fa questo effetto a molti!” ribatto, ridendo anche io. Lui mi tira un pugno sul braccio. “E dai! Quando mi dirai che ti sei fidanzato con Alia?” mi fermo di botto. “Secondo te stiamo insieme?” gli chiedo dubbioso. Lui si ferma. “Prima i dettagli, poi il resoconto.” Sorride. E così gli racconto tutto, dal primo all’ultimo secondo passato con Alia. Alla fine del racconto fa un fischio. “Beh, considerato che anche lei oggi è più distratta del solito, ha due cuori al posto degli occhi e a malapena si è accorta di quando l’ho salutata direi di sì, amico” ridacchia. Rido anche io, decisamente di buon umore. “Quanti anni hai?” gli chiedo, colto da un pensiero improvviso. “Diciotto” risponde con semplicità. “Come?” strabuzzo gli occhi. “Che c’è di strano?” chiede lui. “Sei giovane. Per essere un guerriero.” “Sì, beh… diciamo che noi Ribelli iniziamo a combattere non appena siamo capaci. Altrimenti non avremmo abbastanza guerrieri. E poi non sono mica il più giovane! Tu stesso combatti e ne hai sedici.” “Sì beh, ma io mica sono importante. Sul serio ce ne sono di più giovani?” “Eh già. Alia ha sedici anni, ed è la più giovane fra i capitani. Gen diciassette, anche se sembra molto più piccola. Poi io e il Capo ne abbiamo diciotto. Syflix venticinque. Fedor trentaquattro. E per quanto riguarda tutti gli altri Ribelli… beh, le età più varie. Chiunque sappia tenere in mano una spada va in battaglia. Non è così strano combattere a questa età.” Rifletto in silenzio. Lui continua: “Dopotutto Morglock ha solo diciassette anni.” “Cosa?!” “Già. Strano vero? Sembra senza età” “Ma come ha fatto un diciassettenne a conquistare il mondo?” “Eh… bella domanda. È per questo che fa così paura. Pensa che da solo ha ucciso il vecchio imperatore e gli occupanti dei quattro seggi del consiglio, e loro non è che fossero impotenti.” “Non ci posso credere…” “Ti giuro che è vero. Non so come abbia fatto, ma credo che abbia scoperto un nuovo tipo di magia. Ed è diventato potentissimo.” Annuisco brevemente, perché intanto siamo arrivati davanti alla parete magica che delimita la sala del trono e gli appartamenti del Capo. “Ti lascio qui.” Dichiara Han, poi si trasforma in un panda minore e corre via. Attraverso la parete ed entro nella sala del trono: deserta. Dove può essere Krussan? Nei suoi appartamenti non entro: non oso mica! Provo a vedere in palestra: magari dato che mi ha chiesto di venire armato è lì. Ma la palestra è al buio, in perfetto silenzio. Faccio per andarmene ma una sensazione fastidiosa mi blocca: non sono solo. “C’è qualcuno?” grido rivolto al buio. Sussulto quando una voce bassa mi risponde: “Quando pensavi l’avrei scoperto?” mi immobilizzo: ho riconosciuto subito quella voce. Krussan. “Scoperto cosa?” “Che sei solo una maledetta spia!” urla, prima di piombare su di me con la spada sguainata. Mi chino per evitarla, mi sposto di lato cercando di tirar fuori la mia spada dal fodero ma è maledettamente complicato, in più è buio e non vedo i movimenti di Krussan. Perché pensa che sia una spia? “Non sono una spia!” finalmente sono riuscito a sfilare la spada dal fodero, paro a malapena un suo fendente diretto alla mia testa, il clangore delle spade risuona nel silenzio della palestra. Preme la sua spada contro la mia, il mio braccio trema, mi ucciderà. Non avrà pietà. Perché è convinto che sia una spia? Rotolo di lato e cerco di attaccarlo, non voglio ucciderlo solo disarmarlo per convincerlo ad ascoltarmi. “Ah no? E cosa dirai per convincermi?” sibila. Sento una specie di formicolio alla base della nuca, mi butto a terra appena in tempo e la lama che mi avrebbe tranciato la testa fende l’aria. Il Capo è così silenzioso e veloce che non mi ero accorto di avercelo alle spalle, fino a quando non ho avuto quella sensazione. Sensazione… ma certo! Metto da parte tutto ciò che volevo dire, tutti i miei pensieri e lascio che il mio istinto prenda il sopravvento. Mi sposto in cerchio, senza perdere di vista l’ombra che è Krussan e lo scintillio della sua lama. Combattiamo in cerchio, scambiandoci una successione di colpi così veloci da essere quasi impossibili da vedere, il clangore delle lame è assordante ma io sono così concentrato che quasi non lo avverto. Sembra che le mie gambe e le mie braccia si muovano di volontà propria, il sudore mi cola negli occhi ma non ci faccio caso: un passo falso e sono morto. Krussan un paio di volte usa anche la magia della terra ma non so come riesco a non farmi battere. Fino a quando non riesco a bloccare la sua spada incastrandone l’elsa con la mia, e spingendola verso di lui. Il mio viso è a pochi centimetri dal suo, vedo il sudore imperlargli la fronte, sento il suo respiro affannoso e vedo la determinazione nei suoi occhi. “Non sono una spia” sibilo. Lui ride scoprendo i denti, una risata che sembra più un ringhio, una risata da folle, che fa paura. Non dice niente. Ma il suo sguardo slitta all’improvviso dietro di me, un movimento impercettibile degli occhi, così lo lascio andare e mi butto di lato. Appena in tempo! Lancio un’imprecazione mentre Alfa, comparso magicamente da non so dove, mi manca per un pelo. Sibilo un’imprecazione fra i denti, mentre lui, i denti digrignati, tende una mano a Krussan chiedendogli se sta bene. Il Capo annuisce brevemente, poi mi attaccano in due. Impreco di nuovo, più forte, e riprendo a destreggiarmi contro i due avversari. La sfida si è fatta più ardua: sono stanco, e Krussan non mostra segno di fatica. Alfa poi, è fresco e riposato. Passano i minuti, e io sono sempre più stanco. I miei due avversari si proteggono a vicenda, e io sono solo. E loro hanno la magia della terra. Non so cosa fare. Poi, un insperato colpo di fortuna: una mia finta disorienta Alfa, che si lascia sorprendere. Subito lo disarmo e gli punto la spada alla gola. Krussan, che era accorso in suo aiuto, si immobilizza. Teme che possa ucciderlo, realizzo. Catturane uno e avrai in pugno anche l’altro, penso. “Fermo.” Intimo. Niente si muove. “Non sono una spia. Non so cosa te l’abbia fatto pensare.” Krussan allora fa una cosa totalmente inaspettata: getta all’indietro il capo e scoppia a ridere sonoramente. “Perfetto! Direi che hai egregiamente superato la prova!” esclama. Sono così sorpreso che per poco non faccio cadere la spada. E se fosse un altro trucco? Lo guardo totalmente allibito. Alfa sorride e si soffia via un ciuffo di capelli dagli occhi. Krussan si avvicina. “Hai superato la prova. Bravissimo. Hai ufficialmente imparato a combattere. Da questo momento sei arruolato nel plotone sud. Congratulazioni.” “Aspetta! Quindi non volevi uccidermi? E la storia della spia?” Alfa ridacchia: “Ma no, amico, era tutta finzione. Tutto programmato. Non abbiamo mai avuto intenzione di ucciderti, era solo una prova! Rilassati!” “Ah…” ribatto. Sono totalmente allibito, non ho praticamente più reazioni umane. “Da questo momento in poi, ti allenerai col plotone sud, mangerai al loro tavolo, sarai alle dipendenze di Han. Da questo momento sei ufficialmente un Ribelle. Vai, ora, ancora dieci minuti di tempo libero e poi si mangia. Dopo ti verranno assegnate le armi e l’armatura. Benvenuto. Sei dei nostri ora.”

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