Ljena
Mi lancio contro la porta un attimo prima che i soldati che ci portano il cibo la chiudano. Mi faccio solo male ad una spalla. Mi volto, urlo di frustrazione. È da quasi un giorno che alterno patetici tentativi di evasione a momenti di depressione assoluta, in cui mi butto per terra e fisso il soffitto di giada senza pensare a niente. Santski mi osserva senza dire niente, è sdraiato a terra, sta ancora piuttosto male. Mi lancio ancora contro la porta. “Ljena, basta, è inutile. Questa porta è spessa mezzo metro ed è blindata, non riusciremo ad uscire” mi richiama, parlando per la prima volta da quando siamo insieme. Lo vedo massaggiarsi la spalla con una smorfia. “Scusa” gli dico, con tono ancora un po’ duro. Lui si siede. Ha un’aria tremenda. “Hai un’aria tremenda” mi dice. “E hai ancora i capelli sporchi di sangue e di vomito.” Che schifo. Preferirei che non me lo avesse fatto notare. “Come fai a non voler fuggire?” gli chiedo. “Ma io voglio fuggire! È solo che spaccandoci la spalla a forza di voler sfondare quella porta non risolveremo niente. Piuttosto, stavo pensando: come ha fatto Morglock a impormi così di tornare umano? Neanche adesso riesco a trasformarmi.” Crollo a sedere vicino a lui. “Hai ragione” convengo. “Questa magia è sconosciuta, vorrei proprio sapere dove l’ha acquisita. Ti senti bene?” gli chiedo poi, perché è impallidito d’un tratto e ha fatto una strana smorfia. “Sì, certo. È solo che è da un sacco che sono in forma umana, non ci sono molto abituato. C’è un po’ questa sensazione, come di nausea…” la conosco bene. La stessa che provo io dopo che sto troppo in forma animale. Santski ha un problema, lo sento. Mentre mi parla la sua voce ha una lieve esitazione. È da un sacco che non sto con lui, ed è bellissimo esserci adesso. Ma c’è qualcosa che non va. C’è tensione fra di noi. È come se mi stesse nascondendo qualcosa, come se distanti avessimo vissuto pezzi di vita separati. Il che non è possibile. Come se mi stesse tenendo a distanza. Perché lo sta facendo? Guardo a fondo nella sua coscienza, la sento ritrarsi, un movimento impercettibile ma che mi fa soffrire. Poi si distende, ma resta sospettoso. Mentre scavo a fondo nella sua mente lo trovo: le torture. Vedo come le ha sepolte in fondo nella sua coscienza, vedo come rabbrividisce e si irrigidisce quando le sfioro con la mente. Poi vedo un ricordo che non riesco a vedere, è protetto da mura spesse come la porta che ci tiene prigioniera, sono mura fatte di tristezza. Ecco cos’è che ci tiene separati: i segreti. Capisco immediatamente cos’è che mi tiene nascosto. Con voce esitante gli chiedo: “Cosa… cosa ti hanno fatto vedere nelle illusioni, per costringerti ad arrenderti? Cosa ti hanno mostrato per fare in modo che non mi riconoscessi neanche più?” il suo corpo ha uno spasmo, il suo volto una contrazione. Respira a fondo prima di rispondermi con voce bassa, controllata a stento: “Cose terribili. E pensavo fosse tutto vero, e non riuscivo a liberarmene. Un attimo era tutto ciò che avessi desiderato, l’attimo dopo un incubo…” la sua voce si alza fino a diventare quasi stridula. “Ho avuto paura di te quando sei entrata nella mia cella, capisci?! Paura di te! Di te, Ljena, dovrei saperti riconoscere, sei il mio doppio, sei parte di me eppure ho tentato di ferirti, di allontanarti, non sapevo neanche se fossi vera!” si volta verso di me, gli occhi neri colmi di tormento. “Cosa mi hanno fatto?! Mi hanno fatto impazzire! Mi sono entrati in testa, e non so come mi hanno rivoltato contro me stesso! Cosa mi hanno fatto?” si afferra la testa con le mani, i capelli gli spiovono sul viso. “Che cosa hai visto?” gli chiedo di nuovo. Lui mi risponde piano, senza muoversi da quella posizione. “Ho visto Ramsey. Ed era viva, ed eravamo adulti. Dovevamo sposarci. Ma non so come io sentivo che era morta, che non era lei, e allora abbiamo litigato e… non so neanche come sia successo, ma l’ho uccisa. E lei era lì, morta, davanti a me, e sembrava un incubo che avevo già vissuto ma cento volte peggio perché l’avevo uccisa io… e poi c’erano dei corvi in una gabbia. Erano tantissimi, prigionieri, e si azzannavano perché erano pazzi e volevano solo qualcuno da sbranare. E poi si avventavano su di me e cercavano di ammazzarmi, mi ferivano, ma il peggio non era quello, era che sapevo che sarei finito come loro, pazzo per la troppa prigionia, e sarei stato rinchiuso anche io in quella gabbia a sbranarmi con gli altri per poter fare un po’ di spazio, e in tutto questo Morglock rideva… e poi ero di nuovo in cella e arrivava Freston che mi diceva di essersi ribellato, di volermi aiutare a scappare, ed era bellissimo perché da quando sono qui la cosa che ho desiderato più ardentemente era che quei due si pentissero. Che ci aiutassero. Così io e lui fuggivamo insieme e stavamo per farcela, ma poi delle guardie hanno sorpreso e lui… lui… delle frecce l’hanno colpito, ed è caduto a terra e stava morendo, era tutto pieno di sangue e poi lui è morto, ed era morto per salvare me… ed è stato orribile… non solo perché era morto, ma perché quando l’illusione è svanita mi sono reso conto, tutto d’un tratto, che lui non era venuto a salvarmi, che non si era pentito, che nonostante tutto rimaneva comunque un uomo di Morglock… e poi hanno fatto entrare te. Eri ferita, ti avevano amputato la lingua. E ti ferivano ogni volta che mi rifiutavo di unirmi a loro. Eri tu, capisci? Mi hanno fatto vedere te e io non mi sono neanche accorto che invece non eri tu, che eri solo un’illusione, e non mi ero accorto che invece eri solo una copia… poi sei entrata nella mia cella e di nuovo non ti ho riconosciuta! Cosa mi hanno fatto per fare in modo che non riconoscessi più te, il mio doppio? Una parte di me?” parla come se stesse delirando, e so che dirgli che non importa, che va tutto bene, non servirà a niente. Perché non va tutto bene. Diamine, siamo prigionieri e fra due giorni ci uccideranno! Oh, e fra l’altro è il mio ex ragazzo a voler farci tutto questo. Non va tutto bene! Quindi faccio la sola cosa possibile da fare: inizio a raccontare. Della mia casa in fiamme, di come abbia visto la mia famiglia morire. Di come ero sospesa su quel baratro e pensavo che sarei veramente morta. Di Giada che era viva eppure non lo era, e di come l’avessi uccisa. Del soldato che ha ucciso Giada, di come si prendeva gioco di me. Di come ho assistito all’uccisione di quella donna col potere dei fulmini, perché voleva salvarmi. Pian piano anche lui inizia a raccontarmi delle altre torture, completando i miei racconti. Finalmente quella sensazione di disagio scompare. Riusciamo nuovamente a completarci a vicenda. “Si chiamava Cindy?” chiedo, riferendomi alla donna che è morta. Annuisce. “E ha colpito Morglock?” chiede lui. Annuisco. Rimaniamo un attimo in silenzio. “Fra due giorni ci ammazzano.” Commenta Santski. Mi avvicino a lui. “Pensi ne sia valsa la pena?” “Di cosa?” “Di tutto ciò che abbiamo fatto. La Scuola, la fuga nel bosco e nell’altro mondo. La cattura. La missione di salvataggio. La fuga da qui. La vita in generale.” “Assolutamente sì. Non mi sono pentito di niente.” “Neanche io” dico, ma non è vero e lui lo sa. Perché dopotutto non sono riuscita a salvare Morglock. “Mi ha parlato la Luna” mi dice poi lui, illuminandosi. “Ah sì? Racconta!” così ascolto tutto il suo racconto, di come la Luna lo ha salvato e ciò che gli ha detto. “I morti ci daranno le risposte? Non ti sembra un po’ che voglia dire che comunque moriremo?” “Ci ho pensato anche io… ma almeno avremo le risposte!” esclama. Ridacchio un po’, ma è una risata spenta e flebile che si spegne subito. “Almeno siamo insieme” “Già.” Ne convengo. Santski sospira. “Dormi, dai, se succede qualcosa ti sveglio” mi dice alzandosi. Vorrei ribattere che ha un aspetto peggiore del mio e che sembra uno zombie, ma le mie obbiezioni vengono soffocate da uno sbadiglio. Beh, forse non sarebbe un peccato dormire un po’.
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Double
FantasyUna normale lezione. Una fuga disperata. Un'incantesimo sbagliato. Una misteriosa apparizione. È così che si incontrano Francesco, un normale ragazzo che frequenta il liceo, e Ljena e Santski, una maga e un Mutaforma, legati indissolubilmente, prove...