18

15 1 0
                                    

Francesco


Entrano nella stanza, in successione, una donna con corti capelli biondi e gli occhi grigi, un uomo alto e grosso, capelli e occhi neri e un’orrenda cicatrice che gli sfigura la faccia, un bel ragazzo con i capelli marroni e due grandissimi occhi verdi, e una ragazza minuscola, dai capelli rossi. Sono tutti accompagnati dal loro doppio. Tutti quanti fanno una sorta di saluto militare al Capo, che risponde con un cenno. Si siedono tutti in cerchio attorno al trono. Io non sapendo cosa fare prendo posto tra Alia e l’uomo con la cicatrice. “Dichiaro il consiglio di guerra aperto.” Esclama il Capo. Tutti mi guardano interrogativi “Presentatevi.” Continua il Capo, poi inizia: “Krussan, del segno della terra. E Alfa, mio doppio. Capo dei Ribelli, nonché capitano del plotone nord.” Il suo doppio, un cervo che prima non avevo notato, essendo nascosto dietro il trono, bramisce. Prende la parola la donna dai capelli biondi. “Syflix, del segno del fuoco. E Gertrude, mio doppio. Capitano del plotone ovest.” Una civetta fischia da sopra la sua spalla. “Fedor, del segno dell’acqua.” Dice il gigante dai capelli neri e la cicatrice. Ha una voce cupa e cavernosa. “Insieme a Yor, mio doppio. Comandante del plotone est.” Yor, un geco, si arrampica sulla sua spalla. Prende la parola Alia. “Alia, del segno dell’acqua. Guaritore capo. Non ho un doppio.” Poi è il turno del ragazzo dai capelli marroni. “Han, del segno dell’aria.” Esordisce, sorridendo. “Insieme ad Evy. Capitano del plotone sud” un panda minore, evidentemente Evy, gli salta in grembo. Resta soltanto la ragazza dai capelli rossi, accompagnata da una farfalla coloratissima. “Sono Gen, del segno dell’aria. Comandante del plotone delle Vespe, le spie, nonché responsabile delle missioni in incognito. Accompagnata da Roxy.” Krussan mi fa un cenno. Devo presentarmi anche io? “Francesco. Non ho un doppio. E neanche un segno in realtà. Non ho poteri… almeno non come quelli che intendete voi. Cioè, no, non ho poteri.” Che figura da imbranato! Mi stanno guardando tutti in maniera interrogativa, come a chiedersi cosa voglio e che cosa ci faccio qui, ma soprattutto se ci sto col cervello. Arrossisco. Han decide di darmi una mano. “Come è morto?” chiede gentilmente. Dato che non sembro capire precisa: “Il tuo doppio intendo. Non per essere indiscreto” conclude precipitosamente. “Non importa. Il fatto è che non è morto. Non ne ho mai avuto uno. Vengo da un altro mondo.” La mia affermazione getta tutti quanti nello sconcerto. Si scambiano occhiate preoccupate, poi fissano lo sguardo sul Capo. “Il prigioniero, Francesco, ha una storia particolare da raccontare, che presenta molti punti interessanti. È stato in viaggio con Ljena. Ascoltiamolo.” Seppur titubante inizio il mio racconto, durante il quale tutti quanti si lanciano sguardi all’inizio increduli, poi via via più preoccupati. Alla fine del racconto nessuno parla. “C’è da fidarsi?” chiede poi Syflix, incerta. Krussan alza le spalle. “Io mi fido. Conosce alcuni tratti di mia sorella troppo bene per essere uno che mente. E poi alcune tracce del suo racconto sono facilmente verificabili: la tempesta magica, per esempio. Tutti l’abbiamo avvertita. Così come abbiamo avvertito la sua fine improvvisa.” “E le mie spie mi hanno riferito del trambusto nella città di Rostov, seguito da un calo di pressione” aggiunge Gen. Roxy annuisce, anche se non avrei mai immaginato di vedere una farfalla annuire. “Se il Capo si fida mi fido anche io.” Afferma Fedor. Alia annuisce. Dopo un attimo annuisce anche Han. Anche Syflix alla fine fa un cenno con la testa, ad indicare che si fida anche lei. “Bene.” Dice il Capo. “Abbiamo allora alcune cose sulle quali discutere. Francesco porta informazioni preziose.” Schiocca le dita, e Gen si precipita fuori dalla stanza, tornando poco dopo con le braccia cariche di carte, che posa a terra, al centro del cerchio formato da noi. “Secondo quanto dice Francesco, Ljena e Santski sono entrambi prigionieri di Morglock. Ljena da soli tre giorni, Santski da molti di più anche se non siamo capaci di stabilire esattamente quanti. Questo vuol dire che Morglock ha eliminato o fatto prigioniero ognuno degli otto oppositori aspiranti ai seggi che aveva. Questo ci offre una grandissima opportunità: quella dell’attacco.” Non capisco: se ormai non ha più nessuno che si oppone lui, perché dovremmo attaccare? Han è pensieroso: “Si… astuto, devo dire. Astuto. Quanto tempo abbiamo?” ora capisco ancora meno. Per fortuna Fedor giunge in mio aiuto: “Avete ragione: Morglock probabilmente non vuole soggiogare Ljena con la magia, tiene troppo a lei. Le proporrà quindi di comandare insieme a lei, con le buone o con le cattive maniere. Quando lei non cederà si arrabbierà moltissimo, sappiamo come sia incline agli scoppi di rabbia. Li vorrà morti, tutti e due. Probabilmente con un’esecuzione pubblica.” Syflix sorride, un sorriso astuto. “E durante l’esecuzione pubblica noi attaccheremo. Libereremo Santski e Ljena. Con quei due dalla nostra parte vinceremo.” Gen guarda prima me e poi Krussan, dubbiosa. “Siamo sicuri che non accetterà?” “La Ljena che conoscevo e che era mia sorella non si sarebbe mai arresa” dichiara Krussan. “No, non si arrenderà” completo io. “Perfetto. Volevo solo esserne sicura.” Han si rivolge ad Alia: “Quanto tempo abbiamo? Il mio plotone ha subito gravi perdite durante l’ultima spedizione, e come sai i feriti sono ancora tanti.” Lei ci riflette un attimo: “Allora… fammi pensare… non posso esserne sicura al cento percento, ma quando ha avuto a che fare con me ha deciso di uccidermi otto giorni dopo la mia cattura. Due ancora e ci sarebbe stata l’esecuzione. Dieci giorni. Non so se con lei resisterà di più, o di meno, visto quanto è coinvolto emotivamente. Le spie di Gen dovranno stare attente anche al minimo segnale.” Krussan emette un verso di disappunto. “Dieci giorni! È troppo poco!” lei alza le spalle, avvilita. “Non lo decido io. Prometto che io e i guaritori ci impegneremo al massimo per rimettere a posto i soldati, o almeno per fare in modo che siano in grado di tenere in mano una spada. Cercheremo di fare il miracolo.” Il Capo si rivolge ai capitani dei plotoni: “Quanti uomini può contare il plotone sud?” “In piena salute soltanto un centinaio, Capo. Quasi tutti col loro doppio.” risponde avvilito Han, con un’alzata di spalle. “Molti si trovano in infermeria.” “Una ventina di uomini dovrebbe essere in grado di combattere entro dieci giorni” aggiunge Alia. “Molto bene. E il plotone est?” “Circa seicento, più tutti i doppi. Non abbiamo subito gravi perdite, anche se due dei miei migliori soldati sono morti stamane, in preda alle febbri. Erano guerrieri valorosi.” Afferma Fedor, con aria truce. “Celebreremo i funerali domani stesso. Syflix, quanti uomini hai?” “Trecentotrenta, più o meno. Ne avrei di più, ma molti sono feriti. E non tutti hanno un doppio.” “Il plotone nord conta circa cinquecento soldati sani, più una cinquantina con ferite leggere. Doppi tutti vivi.” Krussan sembra farsi alcuni calcoli mentali, poi esclama: “Siamo troppo pochi! Circa tremila uomini non basteranno.” Si rivolge a Gen: “Quante sono le spie in totale?” “Ottocento. Più i doppi.” Risponde sicura. “Potrò disporre delle tue spie per l’attacco?” lei sembra a disagio. “Ma Capo, le mie spie non sono mai scese in battaglia…” “Questa non è una battaglia. Questa è la battaglia. Fra dieci giorni o vinceremo, oppure non ci saranno più Ribelli. Questa è la battaglia decisiva, non ci saranno parità. Solo una delle due fazioni vincerà, e non potremo essere noi se non avremo a disposizione tutti gli uomini necessari. Se perdiamo quella battaglia, sarà tutto perduto. Non ci saranno più spie, né plotoni. Posso contare sui tuoi uomini?” lei annuisce risoluta. “Le Vespe ti seguiranno in battaglia, Capo.” Anche Alia annuisce. “Una parte dei miei guaritori sarà impegnata nelle retrovie, per accogliere i feriti e rimetterli al più presto in grado di combattere. Il resto ti seguirà in battaglia.” Krussan annuisce. “Molto bene. Molto bene. Forse dopotutto ce la possiamo davvero fare.” Prende una mappa posata davanti a sé: “Alia, Gen, vi voglio qui alle tre e mezza. Dobbiamo discutere su alcune posizioni importanti. Syflix, Fedor, Han, raggiungeteci verso le cinque. Abbiamo delle strategie da mettere a punto.” Batte le mani. “Il consiglio di guerra è aggiornato. Informate i vostri uomini: che si preparino alla battaglia.”

Seguo nuovamente Alia perché mi conduca da qualche parte, e dopo poco tempo arriviamo fino alla stanza nella quale mi sono svegliato. “Questa sarà la tua stanza da oggi in poi. La mia è qua vicino. Sono quasi tutte occupate da soldati, ma non ti daranno fastidio. Per adesso stai qui, se vuoi fatti un giro per la Roccaforte, solo non perderti. Io devo andare dai malati” mi dice con aria di scusa, prima di sparire. Anche dopo che se ne va io continuo a pensare a lei: non posso fare a meno di chiedermi alcune cose sul suo conto: dov’è il suo doppio, per esempio? E perché il Capo ha chiesto a lei per sapere dopo quanto avrebbero ucciso Ljena? E soprattutto, non so se sia importante, ma perché ha i capelli completamente bianchi? Deve avere pressappoco la mia età. Resto nella stanza per un po’, senza niente da fare, quando irrompe un panda minore che si trasforma subito in una ragazza dai capelli fulvi e gli occhi a mandorla, che senza scusarsi per l’intrusione inizia subito a parlare. “Sai dov’è Alia? Han voleva parlargli” chiede. Nego. “Ma puoi trovarla all’ospedale, credo. Era andata là.” “Già, dovevo immaginarlo.” Commenta la ragazza, poi si concentra un attimo. “Ho detto ad Han di andare là. Vuole sapere qualcosa sulle condizioni dei feriti del plotone sud” mi informa poi. Resta in silenzio un altro po’. “Piacere, sono Evy. Il doppio di Han. Ci siamo visti al consiglio di guerra, ma lì ero un panda.” “Ah già, è vero. Io sono Francesco.” “Lo so.” Attende un altro po’, non accenna ad andarsene ma neanche a dire qualcosa. “Sei davvero di un altro mondo?” chiede poi tutto d’un fiato. Ecco perché è venuta qua allora. “Eh già. Ma non è tutta sta gran cosa, è solo molto diverso.” “Diverso come?” chiede. “Beh, innanzitutto nessuno ha un doppio. Siamo solo noi umani. E nessuno ha poteri. Di nessun genere.” “Ma dai? Neanche il potere sugli elementi?” “No, neanche quello.” “E davvero non avete un doppio? Vi dovete sentire sicuramente molto soli.” “Soli? No, non direi. Beh, qualcuno di solo c’è sempre… ma non credo sia quello che intendi tu. Siamo sempre molto impegnati a fare… cose.” “Qui da noi nessuno è solo. Tranne quelli a cui muore il proprio doppio.” Rabbrividisce. “Non posso neanche immaginarlo. Cioè, se morisse Han io… non so cosa farei. Non so neanche se sopravvivrei in effetti…” rabbrividisce di nuovo, e il suo sguardo si perde in lontananza. “Ehi, non devi pensarci troppo.” Cerco di rassicurarla. Mi guarda con una vena di compassione negli occhi. “Difficile non farlo. Siamo in guerra! Qui muore qualcuno ogni giorno, e non vedo perché… potrebbe succedere a chiunque.” Non commento. Evy evidentemente ha bisogno di qualcuno con cui parlare, altrimenti perché sarebbe venuta qui? “Credo che chi sopravviva alla morte del proprio doppio sia davvero coraggioso.” “Morglock è sopravvissuto alla morte del proprio doppio” le faccio notare io. Lei fa un gesto noncurante con la mano. “Lui non ispira molto la mia compassione in realtà. Se ne è anche fatto un altro, di doppio. Secondo me è una grandissima mancanza di rispetto verso Ramsey, il doppio che aveva prima. E non dimostra neanche un po’ del coraggio di chi invece sopporta la perdita da solo. Prendi Alia per esempio, lei…” la interrompo. “Alia cosa? Cos’è successo a lei e al suo doppio?” mi guarda un po’ intimorita, come chi sa di aver detto troppo. “Scusa, non volevo… cioè, io do per scontato che qui tutti sappiano, ma in effetti tu sei nuovo… e comunque se non te l’ha detto lei di sicuro non spetta a me il compito di… scusa, devo andare.” Conclude poi precipitosamente, lanciandosi fuori dalla porta. “Ehi aspetta!” cerco di urlare mentre le corro dietro. “Non puoi lasciarmi così a…” ma non c’è niente da fare. Si trasforma di nuovo in animale e scappa via. In meno di due secondi è sparita. Accidenti a lei! Ma cosa stava per dirmi? E per di più ora mi sono perso. Cammino un po’ a caso, incrociando un po’ di gente, ma nessuno di conosciuto. Ad un certo punto vengo quasi travolto da un cavallo, poi una pantera nera mi corre incontro ad una velocità sorprendente, prima di trasformarsi in un attimo in un ragazzo che mi grida contro. “Ehi, sta’ attento! Guarda dove vai!” mi tolgo precipitosamente dalla sua strada. Ad un certo punto mi sembra di scorgere Syflix fra la folla, ma forse è solo una mia impressione. Passo attraverso innumerevoli sale e corridoi, alcuni dei quali si affacciano su stanze, alcune aperte altre no. In una stanza immersa nella penombra scorgo un ragazzo piangere su un letto, invocando un nome. Una ragazza lì vicino gli tiene la mano, sussurrando piano: “Su, su. Non è colpa tua. Non è morta invano. Fa che il suo sacrificio non sia stato invano.” Ma causando ben poca consolazione. Me ne vado in fretta, turbato da quella visione. Vedo alcune persone fasciarsi piccole ferite superficiali, alcuni aiutati dai rispettivi doppi. Altri si allenano nei duelli in delle specie di palestre. Sferrano attacchi sia magici che con armi vere e proprie. Sono spaventosi. E io non ho idea di dove mi trovo. Continuo a camminare a caso, oltrepassando palestre, armerie, stanze private e alcune sale mensa, ma senza capire dove sono. Ad un certo punto vengo raggiunto da Han. “Ehi!” mi saluta. Questo ragazzo mi sta subito simpatico. Sembra non avere nessuna preoccupazione al mondo, tutto il contrario di Fedor, che sembra cupo e sospettoso, o di Syflix, che mi incute un certo timore. “Ciao” lo saluto anche io. Noto che è solo: Evy non è con lui. “Ti sei perso?” “Sì” ammetto. “Beh, non fa niente, accompagnami. Sto andando verso l’infermeria per trovare alcuni miei soldati e valutarne le condizioni” il suo sguardo si incupisce, ma è solo un attimo. “E tu perché sei in giro?” continua lui. “Volevi esplorare un po’?” “Beh… no. In realtà stavo… inseguendo il tuo doppio, e mi sono perso.” Ammetto con un certo imbarazzo. Lui scoppia in una fragorosa risata. “Evy? Si, mi ha raccontato tutto. Non sta mai zitta! Comunque” aggiunge, tornando serio “Credo che abbia ragione. Se Alia non vuole dirti ciò che la riguarda… beh, sappi che è doloroso. Io al suo posto non vorrei parlarne.” “Mmmh…” commento. “Così alle cinque voi e il Capo discuterete delle strategie?” dico, tanto per cambiar discorso. “Così pare… credo che il Capo ci parlerà di come disporre le forze. Con l’aiuto delle Vespe sapremo quali punti saranno meno osservati degli altri, e lì distribuiremo le forze in modo abbastanza omogeneo… cose così. La solita assemblea di routine.” Vengo colto da un’idea improvvisa. “Voglio combattere anche io” annuncio. Lui mi guarda con tanto d’occhi. “Cosa? Tu? Ma… sai combattere?” ecco, a questo non avevo pensato. “Ecco, in effetti, ora che mi ci fai pensare… no. Ma potrei imparare. Sono sicuro che potrei essere di aiuto in qualche modo. Anche se non so come, qualcosa potrei fare. Se imparassi a combattere, potrei arruolarmi nel tuo plotone?” ci pensa un attimo. “Certo, combattere non è una di quelle cose che si imparano in tre giorni. Neanche in dieci. Ma tu hai già dimostrato di sapertela cavare in qualsiasi situazione. Non dev’essere stato uno scherzo quel viaggio con Ljena. E un uomo in più non farebbe di certo male. In più tu sei meno vulnerabile di tutti noi. Non hai un doppio. Non hai nulla da perdere.” “Beh, questo non è proprio vero. Perdere la vita mi dispiacerebbe un po’.” Ridacchia. “Intendevo dire che non ti possono piegare in nessun modo. Resta il fatto che non sai combattere. Oggi ne farò parola al Capo. Se impari a combattere ti arruolerò nel mio plotone, stanne certo. Oh guarda, siamo arrivati.” Siamo infatti giunti davanti ad una sala più grande delle altre: su molti letti sono adagiati parecchi feriti, alcuni gravi altri meno, e intorno a loro si affaccendano numerosi medici. “Han!” rantola un uomo con una benda sudicia su un occhio e il torace fasciato. Han corre da lui e gli stringe una mano fra le sue. “Stanley! Non parlare, non affaticarti” gli intima. L’uomo non lo ascolta. “È inutile. Capitano, sto morendo…” Han lo interrompe. “Cosa dici, non pensarci, vedrai che domani sei di nuovo in piedi. Non morire…” “Perdonami se ti contraddico, non è da me farlo, ma sto proprio morendo… ma non importa.” Si ferma, colto da un improvviso attacco di tosse che sembra togliergli le energie. “È stato un onore combattere per te… lo sarà anche morire per te. Capitano.” dice quasi in un sussurro. Poi chiude gli occhi ed esala l’ultimo respiro. Han resta un attimo lì, con la mano dell’uomo che ormai si raffredda stretta fra le sue, poi la lascia andare e la adagia piano sul suo petto. Gli chiude gli occhi. Da un punto imprecisato della stanza si sente un urlo agghiacciante, poi una scimmia cade dal sostegno al quale era appesa. Han si rialza. Ha gli occhi cupi. “E così ne abbiamo perso un altro” sospira. “Succede sempre più di frequente, ormai. E ogni volta fa male, come se morisse un mio fratello. Vai. Se Alia non è qui sarà tornata alla sua stanza. Vai da lei. Basta che segui le indicazioni per la cucina e poi svolti a destra. Non ti perderai.” Annuisco e mi allontano, lasciandolo lì da solo, in mezzo al dolore, senza il tempo per disperarsi per la morte di uno dei suoi uomini, a portare ai suoi soldati un conforto che nemmeno lui prova. E ad ogni passo che faccio la decisione di combattere, di non lasciare questa armata sola, di dare il mio contributo in questa guerra si fa più grande.
Han ha ragione: non mi perdo e arrivo fino alla mia stanza. È vero, di fianco ce ne sono molte simili. In una di queste trovo Alia. “Ciao. Sono appena stato in infermeria.” “Ah si? Strano che non ci siamo incrociati.” Commenta distratta. Sta raccogliendo alcune cose da una borsa lanciata sul pavimento. Prendo coraggio a due mani e le chiedo, tutto d’un fiato: “Senti, ci sono alcune cose che ti vorrei chiedere.” “Scusa, ma sto andando al consiglio dal Capo, devo fare in fretta. Fai veloce se è tanto urgente” mi risponde, sempre senza smettere di fare quello che sta facendo. “Come è morto il tuo doppio? E perché il Capo chiede a te per avere informazioni sulle prigioni di Morglock?” si blocca tutto d’un tratto, con una mano sollevata a mezz’aria, poi sembra riscuotersi. “Scusa, devo proprio andare” mi dice, prima di imboccare l’uscita, ma io mi aspettavo questa mossa, e la supero, bloccando l’accesso alla porta. Spero che non faccia anche lei quel trucchetto di trasformarsi in un animale, altrimenti sarebbe piuttosto dura. “Se vuoi ti posso accompagnare fino a lì, potremmo parlare mentre camminiamo, la strada è lunga.” Le dico. E va bene, sono paranoico con questa storia, ma non so perché voglio sapere ogni dettaglio. E poi, tutti quanti potrebbero semplicemente dirmi “Eh no, non te lo dico” invece di fuggire via! Insomma, capirei! Lei scivola fino a terra, restando seduta lì con lo sguardo perso nel vuoto, i capelli completamente bianchi che le coprono una parte di viso. Resta in silenzio. Una ragazza bionda e minuta che non ho mai visto compare sulla soglia, dicendo: “Alia, vieni? Il Capo ci aspetta. Gen è già andata.” “No, Roxy. Di’ al capo che vengo più tardi.” Risponde Alia con voce atona. La ragazza, evidentemente Roxy il doppio di Gen in forma di ragazza, mi guarda sospettosa per qualche secondo, poi annuisce e sparisce in fretta. Mi siedo di fianco a lei. “Come si chiamava?” le chiedo a bassa voce. Dopo un secondo di silenzio mi risponde. “Si chiama… diamine, parlo di lui al presente come se fosse ancora vivo! Non riesco neanche ad accettare la sua morte!” sbotta poi, battendo un pugno per terra. “Si chiamava Charlie. Era una faina.” “Le eri molto affezionata?” le chiedo, rendendomi conto subito dopo dell’idiozia della domanda. Infatti lei mi guarda come se fossi stupido, arrabbiata. “Ci si affeziona ai peluche, ai giocattoli. Non era un giocattolo. Era il mio doppio.” Già, domanda sbagliata. Ma cosa posso dirle? Mi sembra come quando ero con Ljena e Santski, nel bosco, che cercavo di capire qualcosa senza farli star troppo male, cercando le domande giuste, attento a non sfiorare questo e quell’argomento, anche se non sapevo neanche quali erano gli argomenti, turbato dalle lacrime di Ljena senza sapere appieno cosa le avesse causate. Mamma mia, sembra una vita fa! Ma lei non sembra che si stia per mettersi a piangere. Sembra più che altro che voglia incenerirmi qui sul posto. “Come è morto?” le chiedo, e al diavolo la prudenza. Lei sembra valutare un attimo l’ipotesi di farmi fuori, poi sospira e abbandona i suoi istinti guerrieri. I suoi occhi azzurri si perdono nei ricordi. “È stato tre mesi fa… esatti. Oggi è il terzo mese che sono sola. Eravamo in missione in Norvegia, dove si pensava avvenisse qualcosa di poco chiaro. Traffici di uomini da trasformare in servi dell’imperatore. Io… noi… di solito non combattevamo. Ma quella non era una vera e propria missione di guerra, non avrebbe dovuto esserci da combattere. Era un lavoro da spie. Ma quasi tutte le spie erano impegnate a sorvegliare il palazzo imperiale, dovevano sorvegliare Morglock perché non si dirigesse altrove, così ci siamo offerti noi. Stava andando tutto bene… purtroppo era una trappola. Era tutto programmato. Appena arrivammo fummo attaccati, probabilmente si aspettavano tutte le Vespe al completo, invece eravamo solo in sei… non ce lo aspettavamo. Fummo massacrati. Morirono tutti, ad eccezione di… noi. Ci catturarono. Avevo… i capelli neri… e so che non è la cosa più importante ma…” tace un secondo. Vorrei non averle chiesto niente. Sembra stia per mettersi a piangere, invece il suo sguardo resta duro. “Ci portarono al palazzo imperiale attraverso un passaggio segreto che non conoscevamo. Nessuno se ne accorse, neanche le Vespe che erano lì di guardia. Tutto era stato programmato nei minimi dettagli. Ci rinchiusero in cella, e fu terribile, ma almeno eravamo insieme… e Charlie mi ripeteva “Stai calma, non preoccuparti, adesso troviamo il modo di andarcene, non ci faranno niente…” e invece non riuscivamo a compiere magie, eravamo rinchiusi in quella cella, e cercavamo di rassicurarci a vicenda, dicendoci che niente sarebbe accaduto… fino a quando non ce ne siamo convinti per davvero. Era da giorni che eravamo lì dentro. Poi è arrivato lui… ci hanno separato. Ci hanno portato via l’uno dall’altro. In due direzioni separate. In due celle diverse. Mi hanno inchiodato ad una specie di roccia e mi hanno fatto… cose terribili… torturato oltre l’immaginabile per avere… informazioni… e sentivo che le stesse cose le facevano a lui, a Charlie… Morglock era sempre al limite del mio campo visivo, accarezzando con aria noncurante una lama, e intanto mi chiedeva ogni possibile informazione… e così facevano con Charlie, ma non cedevamo perché riuscivamo ancora a confortarci a vicenda, a comunicare… ho provato ogni tipo immaginabile di dolore, ma nessuno è stato come quando hanno usato l’elettricità su di noi, e ho sentito le sue urla fortissimo, come se ce lo avessi accanto, e un attimo dopo ho capito che lui… che io sarei stata sola per sempre… che lui non c’era più… e non ci sarebbe stato mai più… mai più… era morto… e non sentivo più niente se non queste uniche due parole, mai più, mai più… e mi chiedevo come avrei fatto a sopravvivere, senza di lui… ed era un dolore così forte che era come se stessi cadendo, e mi sembrava di sfracellarmi al suolo ogni volta che mi rendevo conto che lui era morto… ce l’ho fatta solo grazie ad un pensiero: la vendetta. Ho meditato vendetta per tutte le torture successive, e non appena si convinsero della mia inutilità, quando decisero di mettermi a morte, quando erano così sicuri che non mi sarei mai ribellata, sono fuggita… non ce l’hanno fatta a prendermi. Subito fuori dalle mura della città mi hanno attaccato, ma è intervenuto Han con il suo plotone, e mi hanno salvato. Non avrei potuto vincere da sola. Io mi sono salvata, ma Charlie è rimasto lì. Non ho nemmeno mai visto il suo cadavere, e non so se davvero mi piacerebbe averlo visto. Forse mi avrebbe tolto le uniche forze che mi rimanevano. Non lo so. Non ha mai avuto un funerale.” Si alza e fa per andarsene. Si ferma in mezzo alla stanza e mi dice: “Sono l’unica persona ad essere uscita viva dalle prigioni fino ad ora. Conosco a memoria la pianta dell’edificio, i passaggi segreti, le celle. A volte le sogno ancora. Pensavo che Morglock fosse capace di tante cose, ma non di uccidere un qualsiasi doppio. Non dopo di quello che era successo a lui. Non sono mai più scesa in battaglia dopo della mia fuga, ma fra dieci giorni riprenderò a combattere. E non avrò pietà per nessuno.” Conclude. È sulla soglia quando le chiedo: “Cosa è successo ai tuoi capelli?” mi sorride in modo sarcastico, scoprendo i denti appuntiti come quelli di una faina. “Sul serio, vuoi davvero che ti narri ogni tortura che ho patito in quella prigione?” faccio segno di no con la testa. “Lo sospettavo.” Dice lei. Sembra che voglia andarsene, ma all’ultimo ci ripensa e mi chiede: “Sei assolutamente sicuro che Ljena non cederà alle torture?” “Assolutamente. Non cederà mai, e neanche Santski. Sono forti.” “Bene. Perché non ho voglia di combattere per una persona debole.” Conclude prima di andarsene per davvero.

Double Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora