Santski
Mentre Ljena dorme io penso a ciò che mi ha detto la Luna: i morti ci daranno delle risposte… molte anime verranno dannate… ma cosa vuol dire? Penso alla strana visione di Ljena sul tentato suicidio di Morglock, c’è qualcosa che non mi torna. Quelle volute di fumo nero. Cos’erano? Cosa possono significare in tutta questa faccenda? Anime dannate… Terrore ha un’anima dannata. È come i corvi che nella mia illusione mi hanno attaccato, è pazzo ed è la prigionia ad averlo reso tale. Basta guardarlo negli occhi, sono occhi ciechi, furiosi, tormentati. Anche Morglock è dannato. Da quando è morta Ramsey non è più tornato uguale a prima, ricordo quando si rinchiudeva in camera da solo: era un’ombra di se stesso. Ma ora non è più neanche quello, è come se fosse una persona diversa. I suoi occhi sono diversi. Voleva suicidarsi. Cosa gli ha fatto cambiare idea? Cosa ha fatto nascere in lui questa rabbia verso il mondo, a livello tale da voler distruggere tutto? Anime dannate… non sono i soli dannati… chi sono i dannati? Ho già sentito parlare di qualcuno che veniva nominato con questo aggettivo… i dannati… i dannati… sento che questa è la parola chiave. Il ricordo è sfuggente, non riesco ad acchiapparlo. Penso a ciò che gli Immortali hanno detto a Ljena e Francesco. Per un istante mi sembra di essere vicinissimo alla soluzione, ma poi questa sensazione scompare e io mi ritrovo ad inseguire un pensiero che ogni secondo si fa più distante. All’improvviso sento dei passi fuori dalla porta: balzo in piedi. Valuto se svegliare Ljena o no, poi aspetto di vedere cosa succederà. La porta si apre, ne compare Freston. “No, non svegliarla” mi dice. Si richiude la porta alle spalle. Lo guardo con diffidenza. “Dov’è Sorian?” gli chiedo. Lui esita un secondo, come se stesse valutando se dirmi la verità. “È… è nella nostra stanza. Sta molto male, sviene a intervalli regolari. Non riusciva a muovere un passo quando l’ho lasciato.” “E allora vai da lui!” esclamo abbandonando l’aria sospettosa. “Sta bene. Tranquillo. Lo sa che sono qui.” “Tu sei pazzo.” Gli dico. Alza le spalle. In quel momento noto che ha le braccia cosparse di cicatrici biancastre, la faccia martoriata. “Chi è stato a farti questo?!” gli chiedo. Lui di nuovo esita, alla fine opta per dirmi la verità. “In realtà è stato Sorian. E io ho ferito lui. Non abbiamo avuto scelta, è come se ci fossero entrati nella testa e io non volevo eppure non riuscivo a smettere, era come se qualcuno muovesse al posto mio i miei arti…” rabbrividisce, si stringe nelle braccia come se avesse freddo. “Perché?” “Perché ho tentato di aiutarti. Ma non importa. Non te ne faccio una colpa.” È dimagrito tantissimo, noto. “Perché sei qui?” gli chiedo. “Per salutarti per l’ultima volta. Per dirti che mi dispiace essere diventato ciò che sono diventato. Per dirti che mi faccio schifo da solo, ma non posso farci niente. Per dirti che vorrei salvarti, lo vorrei davvero, ma non posso. Per dirti che queste cose avrei voluto dirtele da quando sei stato fatto prigioniero, ma non ho mai avuto il coraggio per dirle.” Tace. “Per dirti che mi dispiace di tutto. Per dirti che mi manca ciò che ero, e che pensavo che avrei dato qualsiasi cosa pur di tornare ad esserlo, ma poi mi sono reso conto che c’è una cosa che potrei dare per tornare quello di prima, ed è l’unica che non posso dare: Sorian. Me stesso. Per dirti che ho una paura dannata della morte, e per questa paura ho lasciato che a morte ci andasse il mio migliore amico, e non mi perdonerò mai per questo. Per dirti che se potessi tornare indietro non accetterei mai quel posto alla Scuola, così magari eviterei tutto questo.” Sembra sopraffatto dalle proprie parole. “Io invece se potessi tornare indietro non c’è niente che non rifarei. Perché per me è stata una fortuna incontrarti, nonostante tutto, e nonostante questo io continuo a pensare a te come al mio migliore amico. Perché…” mi interrompe: “Lascia stare, non me lo merito.” “Invece sì. Te lo meriti più di chiunque altro. E non ti biasimo per quello che fai, probabilmente avrei fatto lo stesso.” “No, questo non è vero. Tu sei molto più coraggioso di me.” “Ti hanno piegato con delle torture. Non so cosa avrei fatto al posto tuo.” “Hanno torturato anche te, e tu non ti sei piegato. Ti ho sempre ammirato tantissimo, Santski, e non avrei mai pensato di meritarmi di essere ancora considerato il tuo migliore amico.” Ci abbracciamo per l’ultima volta, e per un secondo riesco a dimenticare tutto ciò che mi ha fatto, le tenaglie arroventate, il non essere venuto a salvarmi. Perché per un secondo è come se mi avesse salvato veramente. “Eravate speciali.” Mi dice. Poi si volta ed esce dalla stanza. Senza girarsi sussurra ancora: “Spero che non faccia troppo male. Che sia come addormentarsi.” Poi se ne va, chiudendosi dolcemente la porta alle spalle. Rimango così, a fissare una porta chiusa fino a che Ljena non si sveglia. “Successo qualcosa?” mi chiede. Nego con un cenno impercettibile del capo. Si alza e viene al mio fianco. “Ah no?” Gli comunico ciò che è successo senza bisogno di parlare. “Anche io ho visto Sorian. L’ho sognato.” “E che cosa ti ha detto?” “Più o meno le stesse cose che Freston ha detto a te.” “Spero non siano loro a condurci al patibolo. Che non siano loro ad ucciderci definitivamente.” “Non lo faranno.” Ljena ha ragione. Sentiamo uno sferragliare di chiavi poi la porta si apre facendo entrare un soldato triste, con il viso allungato. “È ora” dice, mentre uno struzzo fa capolino da sopra la sua spalla. Sembra quasi dispiaciuto. Ci ammanetta, noi non ci ribelliamo. Ci lasciamo condurre lungo tutti i corridoi fino all’aperto, rassegnati. In città non c’è nessuno. Sono tutti appena fuori le mura, dove è stato imbastito un rogo rudimentale. C’è un sacco di gente. Più di quanta avrei voluto. Di nuovo mi ritrovo a fissare gli sguardi della gente, c’è chi esprime solidarietà, chi paura, chi disprezzo, chi compiacimento. C’è chi ride, chi piange, chi non mi guarda negli occhi. Veniamo fatti salire sul rogo, legati ad un palo. Morglock pronuncia un discorso che non sento, mi sembra che i secondi si stiano dilatando. Stringo la mano di Ljena, che ricambia la stretta. Sono con te, vorrei dirle, ma non trovo le parole. “C’è qualcuno che si oppone?” sento gridare Morglock per la seconda volta nella mia vita. La folla è percorsa da un brusio. Per un secondo ci spero quasi, poi devo ricredermi: non c’è nessuno che si oppone. Moriremo davvero. Qualcuno, cerco di non guardare chi sia, fa per gettare la torcia sulla catasta di legna, ma qualcosa lo blocca. Perché dalla folla si leva un grido che mi fa ammutolire, poi ringraziare il cielo. “Io mi oppongo!” Guardo chi è che ha urlato e i ringraziamenti nella mia testa si arrestano di colpo: a parlare è Francesco.
Francesco
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Double
FantasyUna normale lezione. Una fuga disperata. Un'incantesimo sbagliato. Una misteriosa apparizione. È così che si incontrano Francesco, un normale ragazzo che frequenta il liceo, e Ljena e Santski, una maga e un Mutaforma, legati indissolubilmente, prove...