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Ljena

Cerchiamo l’altra uscita del tunnel, quella che io stavo per imboccare. Finalmente la troviamo. Tutsi ci ha lasciato del cibo lì vicino, e degli zaini. Io e Francesco mangiamo qualcosa in silenzio, in una piccola insenatura del terreno dietro a qualche albero, al riparo da occhi indiscreti. Sanno chi siamo, dove siamo, probabilmente i mandati di cattura contro di me si sono addirittura moltiplicati, e ce n’è anche qualcuno per Francesco. “Credi che… insomma, credi che Tutsi sia morta?” chiedo. “Sì… insomma, sono suonati gli allarmi, ci stavano per catturare e poi noi siamo spariti. L’unica Ribelle, o ex Ribelle nota in città dev’essere Tutsi. Non ci devono aver messo molto per fare due più due, non ti pare? Probabilmente le sono entrati in casa e hanno scoperto il tunnel… e poi… beh, non credo che lei sia stata entusiasta di farlo allagare.” Distolgo lo sguardo. “Ci ha salvati… è morta per noi.” “Credo che se avesse potuto scegliere come morire, avrebbe scelto così. Per la causa. Per… beh, per noi.” “Io invece credo che avrebbe scelto di morire di vecchiaia, con suo marito. O magari non avrebbe affatto scelto di morire.” Rispondo secca. Più di quanto volessi. “Scusa” provo a rimediare “È che non posso fare a meno di sentirmi responsabile.” “Anche io… e le mie giustificazioni non stavano molto in piedi, in effetti.” Sbarro gli occhi. Un pensiero orribile mi ha colpito. “Francesco! E se entrando in casa di Tutsi le guardie avessero visto il foglio? Quello dove erano scritti i nostri messaggi?” sbarra gli occhi anche lui. “Allora vuol dire che…” “Che ora sanno dove siamo diretti. E cercheranno di fermarci.” Concludo. Francesco impreca, picchiando un pugno contro il tronco di un albero. Piccole ferite gli si aprono sulle nocche. “Ehi, fai piano!” “E che è così frustrante! Sono stati più furbi di noi.” Evita di rinfacciarmi che con un piano forse niente di tutto questo sarebbe successo, e gliene sono grata. “Dobbiamo batterli sul tempo.” “Come?” dice lui, arrabbiato. “Teletrasportandoci. Forse arriveremo prima di loro. È impossibile trasportarsi direttamente nei territori degli Immortali, ma forse posso farci arrivare abbastanza vicini.” Una volta io e gli altri apprendisti eravamo andati in visita a quei territori. Faceva un gran freddo, e ad un certo punto io e Morglock avevamo scoperto una conca nel ghiaccio vicina ai limiti del territorio… spero solo che non se lo ricordi anche lui. “Vieni qua.” Dico a Francesco. “E ti avviso: farà molto freddo.” Prendo il mio zaino, lui fa lo stesso col suo poi mi prende per mano. Mi concentro, faccio un respiro profondo, focalizzo l’attenzione sull’immagine del luogo nel quale voglio arrivare. Mi concentro sul freddo, il ghiaccio, il vento, l’odore della neve… ad un certo punto mi sembra di essere lì. Allora chiudo gli occhi, e do inizio alla magia. Dopo uno schiocco sonoro apro gli occhi, e vengo investita da raffiche ghiacciate.


Francesco

Uno schiocco, come quando si stappano le orecchie. Poi… un freddo polare! Non ero preparato! Apro gli occhi e mi vedo costretto a richiuderli per colpa delle gelide raffiche. Mi si sta congelando la faccia. “Ma che freddo fa?” urlo, anche se Ljena è di fianco a me. “Cosa?” urla lei di rimando. “HO DETTO, CHE FREDDO FA?!” urlo ancora più forte. “POTREBBE ESSERE PEGGIO! QUI NELLA CONCA SIAMO RIPARATI!” “COME?! NON È UMANAMENTE POSSIBILE!” “ASPETTA!” grida lei, poi pronuncia qualche parola e l’aria attorno a noi si scalda notevolmente. Anche il vento e la neve calano. “Uh, così va decisamente meglio.” Dico, buttando fuori il fiato. Lei ride. “Menomale che mi ricordavo il posto. Ci ero venuta con Morglock quando…” la sua voce sfuma. Il disagio è notevole. “Ehi, non è il caso che me lo racconti. Pensa piuttosto che siamo soli” “Già, è vero. Senti, c’è una piccola cosa che dovrei dirti…” non so perché ma il suo tono mi preoccupa. “Cosa? Avanti, dimmi.” “Probabilmente non è niente… può capitare…” borbotta lei. La scrollo piano prendendola per le spalle e per un attimo il tepore attorno a noi svanisce. Per fortuna rinasce subito. “Ljena! Vuoi dirmi di cosa si tratta?” “Sì, ecco… Non tutti i maghi che crearono l’incantesimo nella sofferenza trovarono la conoscenza. Alcuni trovarono solo altro dolore. Il territorio degli Immortali è protetto da alcuni guardiani Immortali, che… insomma, sono potentissimi, saggissimi, vecchissimi, eccetera, ma sono anche delle gran canaglie. Temono noi maghi e ci odiano. E tutto perché sono senza doppio, quindi odiano chi ne possiede. In più non hanno magia, quindi ci temono. Non so bene come si porranno nei nostri confronti, in effetti. L’ultima volta che sono stata qui sono stati molto maleducati, ma solo perché c’erano i quattro rappresentanti con noi. Probabilmente sarebbero stati peggio, altrimenti. Capiscono solo la potenza, la rispettano, la temono. E… sì, sono un bel po’ sadici. Ma non pericolosi. Quello no. Credo di poterli tenere abbastanza sotto controllo.” Alzo gli occhi al cielo. Ma qualcosa di semplice non c’è mai? “Fantastico. E la buona notizia?” ci pensa un po’ su. “All’interno del loro territorio l’aria è riscaldata.” Mi riferisce poi, sghignazzando. “Oh beh, almeno quello… dai, andiamo. Altrimenti mi passa la voglia di incontrare questi simpaticoni.” Mi alzo ed esco dalla sfera di calore, per poco non vengo ricacciato indietro dalla forza del vento. Nota per le prossime missioni suicide: portarsi dietro i paraorecchie. Menomale che ho ascoltato mia mamma questa mattina quando mi ha detto di prendere la giacca… chissà che ore saranno nel mio mondo? Mi staranno cercando? O non si sono accorti di niente? Magari il tempo qui passa più veloce… o magari sto facendo impazzire tutti quanti d’ansia. Comunque, tornare indietro non si può. E non sono pentito di ciò che ho fatto. Faccio un passo e improvvisamente mi ritrovo in un tepore piacevole. Ljena mi segue subito dopo. “Ci siamo: questa è la Cupola.” “La che?” “La Cupola. È dove vivono gli Immortali.” Scruto il paesaggio: non vedo niente, solo una grande distesa bianca di ghiaccio. “Ma io non vedo niente!” lei ride. “Vedrai, vedrai. Ora seguimi. E non fiatare, se non interpellato. Potrebbero offendersi.” La seguo piano, cercando di non far rumore. Dopo aver camminato un po’ lei si ferma. È di fronte ad un pilastro di ghiaccio. “Ljena, ma cosa…?” “Sssh! Non parlare!” sussurra. Poi dopo aver fissato per un po’ di tempo quel pilastro, sibila, o forse grida, nello stesso misterioso tono con cui, sembrano passati secoli, aveva chiamato Santski nella mia classe: “Svegliati, vecchio dolente.” Con un sussulto mi rendo conto che il pilastro è un uomo seduto su un seggio, talmente immobile da essersi congelato sulla sedia. È ricoperto da un sottile strato di ghiaccio. Improvvisamente quello apre gli occhi, che sono completamente bianchi. Gira la testa verso di noi, con una lentezza estenuante, spezzando il ghiaccio sul suo collo. Apre la bocca con uno scatto, e la sua voce sembra provenire dalle profondità della terra: “Chi osa parlare a me, svegliarmi dal mio sonno? Io sono il guardiano della Cupola degli Immortali da millenni, e da millenni assolvo con cura il mio compito. Nessun mortale ha mai oltrepassato la mia via. E mai questo succederà. La via è segreta, e segreta rimarrà. Non potete passare.” Ljena a quel punto si erge in tutta la sua altezza, e una furia terribile le compare negli occhi. È spaventosa. No, è potente. Molto potente. Allarga le braccia, e sulle sue mani compare una luce azzurrina. “Io sono Ljena, occupante del seggio dell’aria nel consiglio imperiale, la più potente fra i maghi dell’aria. Fammi passare, o sarò costretta a reclamare come mio diritto il Sahal.” Il vecchio ride maligno, e la sua risata sembra il rumore di tanti piccoli sassi su una superficie ghiacciata. Fa rizzare i capelli in testa. “Il tuo doppio non è con te. Non hai potere!” la luce sulle mani di Ljena si fa più vivida. Lei la indirizza verso il vecchio, che si ritrae sul suo trono. “Sono potente quanto basta. Facci passare, guardiano, e non mi vedrò costretta a sfidarti. Ho abbastanza potere per distruggerti.” Il vecchio si ritrae sulla sedia, spaventato. Sembra fragile e indifeso, e vorrei dire a Ljena di smetterla di terrorizzarlo, ma lei mi fulmina con un’occhiataccia. “Stanne fuori” dice la sua espressione. Il guardiano inizia a gemere, a singhiozzare. “Voi maghi siete spietati” piagnucola. “Non fate sconti a nessuno, neanche ad un povero vecchio.” Mi fa sempre più pena, sembra quasi un bambino, ma Ljena rimane impassibile. “Dopotutto, quando mai voi avete fatto degli sconti a noi?” dice, e nella sua voce c’è un po’ di disgusto. Il vecchio si ritrae ancora di più. “E va bene, passate. E non tornate mai più!” dopodiché una parte della banchisa sprofonda sottoterra, e mostra una scala. Ljena inizia a scendere, e io la seguo. Scendiamo in silenzio. Dopo un po’ le chiedo: “Perché sei stata così sadica? Era un povero vecchietto indifeso” lei fa un verso strano, a metà fra uno sbuffo e una risata. “Povero vecchietto indifeso? No, quella è solo l’immagine che ha voluto mostrarci per farci provare pietà. In realtà è una carogna. Ci vuole molta forza di volontà per sfidarne uno. Se avessi vacillato soltanto un attimo, ci avrebbe ucciso. Tutti e due.” “Ma sembrava così inerme di fronte a noi…” “Era solo un’illusione. In realtà mi stava sfidando telepaticamente, cercando di entrarmi nella mente e convincendomi ad arrendermi. Ho dovuto dimostrargli che ero più potente di lui, e non è stato facile. Ho dovuto mostrargli la mia autorità.” Rimango in silenzio un attimo. Poi una domanda mi sale spontanea: “Cos’è un Sahal?” “È un duello magico in piena regola. Solo l’imperatore o un membro del consiglio può aprirne uno. Sai, no, quando qualcuno ha una disputa con qualcun altro, qualcosa di molto grave, allora chiede al consiglio di poter aprire un Sahal. Se viene aperto, allora i due contendenti combattono fino a che uno dei due non si arrende… o muore.” “Però. E non hai avuto paura che il guardiano ti battesse?” “No, ho usato quel mio diritto apposta. I guardiani e gli Immortali non possono sostenere un duello, perché non hanno magia. Di solito l’idea di tenerne uno li terrorizza. “ “Direi che il trucco ha funzionato.” “Eh già… guarda, siamo arrivati.” Mi guardo intorno: siamo in una sala circolare abbastanza ampia, sorretta da alcune colonne. E assolutamente vuota. Al centro arde un braciere, perciò non siamo al buio. Ma potrei giurare che oltre a noi non c’è nessuno. “Ehm… dobbiamo suonare un campanello o roba del genere?” Ljena mi guarda stupita. “No!” il mio nervosismo aumenta, mi sento osservato anche se non posso immaginare da chi dato che siamo soli. Ne sono assolutamente sicuro! “Ma allora dove sono tutti quanti? Insomma, siamo soli qui! Giusto?” “Ma no! Ci sono gli Immortali qua con noi. Salutali.” “Ma io non vedo…” “Salutali!” mi sento molto idiota, eppure farfuglio un saluto. “Ciao, cioè, salve, Immortali, signori. Insomma, buongiorno, cioè…” sobbalzo quando sento una risata. Mi guardo intorno, ma non capisco da dove venga. “Salve anche a te, Francesco Moreschi del mondo degli umani, e a te, Ljena del segno dell’Aria.” Soffoco a malapena un grido quando mi accorgo che a parlare è stata una colonna. Mi giro di scatto e le vedo sorridere. Tutte quante. Sono nove in tutto. Sono gli Immortali. Osservo le colonne con maggiore attenzione e mi accorgo che hanno fattezze umane, mani piedi e volti scolpiti nella roccia, lunghe barbe, occhi che mi seguono con lo sguardo e bocche che sorridono. No, loro sono la pietra! Sono così immobili che sembrano statue, e sorreggono il soffitto di quella stanza. Loro seguono il mio sguardo e si rivolgono a me direttamente: “Noi siamo la pietra. Siamo eterni come lei. Per poter sopravvivere per sempre siamo diventati a poco a poco colonne, e sorreggiamo il soffitto di questo tempio. E del mondo.” “Tempio di cosa?” “Tempio della magia. E del mondo. Senza l’una non può esistere l’altro, e senza l’altro non può essere l’una. Questo braciere che vedi qui simboleggia la fiamma ardente della pace; ma ora si sta spegnendo.” È vero: le fiamme sono ridotte ormai ad un pugno di braci. “Quando si spegnerà noi ci raffredderemo, fino a diventare solo pietra. E a quel punto non potremo più scrivere il Libro dei Saperi, che andranno persi. La storia ricadrà nell’oblio e il mondo si spegnerà.” “Oh…” sussurro. Non so cos’altro dire. Ma gli Immortali sembrano non aspettarsi una risposta, e si rivolgono a Ljena. “Vedo che sei sola. Dov’è il tuo doppio?” lei con un sussulto sembra riscuotersi da profondi pensieri. “È per questo motivo che siamo qui. È stato catturato da un mago molto potente.” La sua voce ha un’esitazione. “Lo stesso che ha gettato il mondo in uno stato di guerra. E non sappiamo come batterlo. Non abbiamo un potere abbastanza grande.” Gli Immortali stanno un attimo in silenzio, sembrano riflettere. Poi riprendono a parlare. “Vediamo molto più di questo in tutta questa storia. Tanto amore, e tanta disperazione. E due esseri in particolare si nutrono di disperazione.” “Non capisco…” sussurra Ljena. Angosciata. Impaurita. Ma determinata. “Enchiroos e Pleanius. Due forze primordiali del cosmo. Sai quali sono le altre cinque?” trattengo bruscamente il respiro. Credo di aver capito. “Intendi dire la Luna, il Sole, le Stelle, i Pianeti e la Volta Celeste?” “Bravo, Francesco. Sì, proprio loro. Nel giorno della creazione del mondo, sei esseri si trovavano sulla terra. Erano Aaru, oppure Sole, Melinor, anche chiamata Luna, Sethel, la prima Stella, Mulind, il primo Pianeta, e Toran, padre di tutti, la Volta Celeste. C’era poi Winix, la dolce. Essa era il Mattino, l’Aurora, l’Alba. Era adorata e amata da tutti, era la pace, l’armonia. Ma su di lei gravava una terribile profezia: avrebbe combattuto i suoi fratelli e avrebbe cercato di sconfiggerli, di prendere il potere. E avrebbe causato la distruzione. I cinque esseri non potevano accettare una cosa simile. Decisero di ucciderla.” Rabbrividisco di orrore. Come si può  uccidere una creatura solo per quello che potrebbe fare? Gli Immortali sembrano leggermi nella mente. “Fu la soluzione migliore, non quella perfetta. E i cinque esseri primordiali non erano perfetti. Secondo la profezia Winix avrebbe distrutto tutto, e ciò non poteva accadere. Fu crudele, ma necessario. Aaru, Melinor, Sethel, Mulind e Toran uccisero Winix, e dal primo omicidio della storia nacquero due forze primordiali: Enchiroos dal corpo, Pleanius dallo spirito. Così come i cinque rappresentavano ciò che c’è di buono nell’animo umano, così i due rappresentavano ciò che c’è di cattivo: vendetta, odio, morte. Combatterono contro i cinque, e per un po’ sembrò che la profezia si sarebbe avverata. Ma ciò non accadde. Con uno sforzo che quasi consumò le loro vite, i cinque relegarono i due spiriti nelle profondità della terra, credendo che mai più avrebbero potuto risalire. Dopodiché si ritirarono nel cielo, si trasformarono in astri, dormienti, cercando di recuperare il potere e la forza perduta. E così è stato fino a oggi.” Ljena sussulta. “Fino ad oggi? Ma quindi… si sono svegliati?” loro non rispondono alla domanda, ne pongono invece un’altra. “Sapevate perché Morglock sparì la notte in cui gli venne negato il permesso di avere un altro doppio? Vagò in lungo e in largo, senza fermarsi, senza sapere neanche lui dove era diretto. Arrivò in una foresta in Albania, molto isolata da tutto e da tutti. Voleva suicidarsi.” Ljena emette un verso strano a metà fra un singhiozzo e un’esclamazione. Decido di cambiare discorso. “Si sono svegliati tutti? Sia gli spiriti buoni che quelli cattivi?” chiedo. “Non esistono male e bene. Sono solo due facce della stessa medaglia, due versioni di una stessa storia. Cosa intendi tu per buono? E cosa per cattivo?” questa volta sono io a rimanere muto. È un enigma. Guardo Ljena, è rimasta impassibile. Sembra non provare niente. “Perché ci avete raccontato questa storia? È forse associabile alla nostra?” gli Immortali sospirano. “Noi capiamo Morglock. Noi sappiamo cosa vuol dire essere senza un doppio. È comprensibile che volesse porre fine alla propria vita. Ma, vedete, non l’ha fatto.” Ma perché non rispondono mai alle nostre domande? Ljena riformula, e questa volta gli Immortali rispondono. “Anche nei tempi antichi era una lotta, fra chi voleva il potere e chi lo possedeva e si rifiutava di cederlo. Sì, il vostro Morglock è davvero molto simile ad Enchiroos e Pleanius. Sconfiggere lui sarà quasi altrettanto arduo.” “E come è possibile sconfiggerli?” “Solo cinque prima d’ora ci sono riusciti. Sole, Luna, Stella, Pianeta e Volta Celeste. Solo loro hanno il potere necessario.” “Ma loro dormono! Dormono da chissà quanto tempo!” “Questo lo sappiamo bene. Eppure tu padroneggi l’aria, sei abbastanza forte da farti carico del potere della Luna.” “E chi me lo darà questo potere?” “Potrebbe dartelo lei. C’è solo un modo per poterla evocare.” “E qual è? Dovete dirmi qual è!” sta diventando impaziente, trema un po’. All’improvviso sopra il braciere compare un libro, molto grosso e molto vecchio. Rimane lì, a fluttuare sopra le braci. “Leggendo le sue imprese nel Libro dei Saperi.” Mi lascio andare a un sospiro tremante. “Ma è tutto qui? Allora che aspettiamo?” Stranamente mi risponde Ljena. “Non… non è così semplice.” “Ma cosa vuoi dire?” “Una volta che si inizia a leggere il Libro, non si può più smettere. Fino a quando non lo si finisce.” Mi accorgo di star trattenendo il respiro. Lo lascio andare. “E quanto ci vorrà a leggerlo?” “Quanto c’è voluto a scriverlo.” Rispondono gli Immortali. Grazie dell’utile consiglio vorrei dire, ma mi trattengo. Gli Immortali, tuttavia, sembrano leggermi nella mente. Accidenti, forse lo fanno davvero. “Non siate così disperati. Vedete, una soluzione c’è. E la troverete. Ma non possiamo essere noi a dirvela.” “Grazie degli utili consigli” sbotta Ljena. È meno brava di me a trattenersi. Gli Immortali ridacchiano, poi emettono un sussurro lieve. Un secondo dopo ci ritroviamo sul ciglio di una strada sterrata, la luna brilla sopra di noi. Sembra quasi che stia ridendo, ma no, non può essere. È immobile, come sempre. E non si muoverà tanto presto.

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