Ljena
Ad un certo punto una donna mi ha slegato e intimandomi con voce dura di non azzardarmi a scappare mi ha condotto ad una latrina, poi mi ha fatto mangiare qualcosa e mi ha rilegato. E da allora aspetto un qualcosa, un cenno di vita. Non so quanto tempo sia passato da quando sono qua, forse saranno tre giorni. Sento dei passi fuori dalla porta, ormai il mio udito si è sviluppato a tal punto che sento anche i topi zampettare all’altro capo della stanza. Non appena sento la chiave girare nella toppa di quella che ho capito essere la porta principale della cella mi maledico per aver tanto desiderato che arrivasse qualcuno. So già chi entrerà, Morglock, e ormai il suo viso, il suo nome, il suono della sua voce li associo ad un miscuglio intricato di emozioni, nel quale sono presenti odio, amore, disprezzo, rimpianto e paura. Sì, paura. Non posso farne a meno. Con lui c’è una donna dagli occhi azzurri e tristi che non ho mai visto. Vorrei ci fosse Sorian con me, o forse no. Il sollievo di vedere una faccia conosciuta è più o meno grande del tradimento che si prova quando un amico ti tortura? Oh, basta. Perché mi perdo dietro a questi pensieri inutili? “Cindy, saluta il tuo nuovo giocattolo.” Dice Morglock sorridendo. La donna mi guarda con occhi imploranti, sembra stia per piangere. “Ho detto saluta.” Ripete Morglock, questa volta con la voce tagliente come un rasoio. Cindy ansima, poi sussurra un ciao incomprensibile. “Vedi, questa ragazza che vedi qui è un miracolo” continua Morglock noncurante, rivolto a me. “Un vero miracolo. Possiede un elemento sconosciuto, è la sola a dominarlo. Lei domina l’elettricità. Non il fuoco, né la terra né l’acqua. Né tantomeno l’aria. L’elettricità. Fenomenale, vero? Direttamente dall’Inghilterra meridionale. E pensare che voleva restare nascosta, non essere conosciuta… secondo me tutti i talenti dovrebbero essere conosciuti. E poi nulla sfugge all’imperatore supremo del mondo. Così… sono andato da lei, le ho offerto il potere. E lei ha accettato. Vero Cindy?” le chiede, sollevandole il meno con una mano. Lei sembra disgustata da quel tocco, si vede che vorrebbe sottrarsi ma non si osa. Schiude la bocca in un lamento struggente. Morglock la lascia andare. “Veniamo a noi… ti unisci a me?” “Mai.” Replico. Lui si ispeziona le unghie della mano sinistra come se non gli importasse, e intanto mi dice: “Strano… molto strano. Di solito la gente risponde sì. Anche Cindy. Oh, all’inizio era un po’ titubante, proprio come te. Ma è bastato dirle che se non si fosse unita a me avremmo ucciso non solo lei e il suo doppio, ma anche una graziosa famigliola dove sono presenti due bambinetti molto piccoli, insignificanti quasi… io personalmente non li sopporto, specialmente quando piangono e si lamentano se minaccio di farli fuori, ma Cindy quando ancora non era il mio boia personale era una maestra… lei adora i bambini. Specialmente quando piangono o si lamentano. Non sopporterebbe la loro morte. È tutto ciò che teme, che serve a piegarla.” Improvvisamente mi fissa. “E tu cosa temi? Qual è l’unica cosa che potrebbe piegarti? No, non ti affrettare a rispondere. Lo scopriremo.” Continua a parlare ma io non lo sento, perché un’ondata di dolore allo stato puro mi trapassa il cervello. Urlo, mi contorco, mi mordo un labbro a sangue pur di non sentire più questo atroce dolore, e mi sembra che gli occhi mi stiano schizzando fuori dalle orbite, che la pelle mi si stia separando dalle ossa, sento che potrei morire e non so perché, nessuno ha fatto niente, cos’è che… Santski. Questa consapevolezza fa più male di qualsiasi dolore fisico. Cerco di liberarmi dai miei legacci, ma non ci riesco, voglio andarmene da qui, voglio andare da Santski, e neanche mi accorgo della risata di Morglock o delle lacrime dell’altra donna. Rinuncio ai tentativi di fuga, tanto sono inutili. Morglock mi guarda con divertimento. “Ma come siete carini, tu e Santski, così legati e inseparabili. Cindy, attacca.” La donna esita. “Cindy, obbedisci” ripete minaccioso. La donna piange, poi solleva lentamente una mano e io vedo come a rallentatore un raggio bianco, come un fulmine, sprigionarsi dal suo palmo teso prima che si abbatta su di me. Il dolore è impossibile da sopportare. Urlo con tutto il fiato che ho in gola, è cento volte peggio di ciò che ho provato prima, le lacrime mi sgorgano dagli occhi e mi sembra che lascino tracce infuocate sulla mia faccia, ogni centimetro della mia carne sembra vada a fuoco e vorrei morire, rantolo in cerca d’aria, non riesco a pensare a nient’altro che a questo terribile dolore, perché se c’è qualcosa che può piegarmi è questo, e Morglock lo sa, lo vedo da come mi guarda, e anche Cindy lo sa, mi guarda terrorizzata, come in preda ad un dolore atroce, un po’ come me, vorrei morire… “Molto bene. Veramente perfetto. Di nuovo.” No, non di nuovo, non potrei sopportarlo, non di nuovo, non ancora, sono come una piccola creatura rattrappita dalla paura, così spaventata dal dolore da pensare solo a se stessa e in questo momento l’unica cosa che m’importa è che questo dolore non torni… la donna alza una mano, con un altro fulmine pronto. E lo scaglia contro Morglock. Lui viene centrato in pieno, come a rallentatore lo vedo volare all’indietro e cadere, e nonostante quello che mi ha appena fatto vorrei urlare, vorrei piangere, vorrei che stesse bene. Si rialza. Sembra solo furioso, non ferito. “Stupida!” urla, la voce distorta dalla rabbia, poi alza anche lui una mano. Cindy si porta le mani alla gola, la artiglia, si graffia emettendo rantoli di dolore, poi una cascata di terra le fuoriesce dalla bocca come una fontanella, allora lei rovescia gli occhi e cade a terra, i capelli biondi sparsi per tutto il pavimento. Morta. Soffocata dalla terra che le ha invaso le vie respiratorie. E allora il grido che prima avevo trattenuto fuoriesce, un lungo “No!” di dolore e raccapriccio, cerco di muovermi impotente ma non ce la faccio. Morglock mi fissa imperscrutabile: “Sei fortunata. Ma non continuerai ad esserlo per molto.” Dice a voce bassa, poi esce dalla stanza lasciandomi lì con il cadavere della donna che involontariamente sento di aver ucciso.
Dopo non so quanto tempo il soldato che ha ucciso Giada, quello dei Tredici, entra nella stanza. Mi rivolge un sorriso inquietante, poi muove il corpo morto con un piede. La donna rotola su un fianco. “Che schifo” dice. “Non toccarla!” urlo. Lui si volta verso di me: “Certo che no. Non toccherei una piccola traditrice neanche con la suola di una scarpa. Ma non mi piace che mi venga detto ciò che devo fare.” Dopodiché si avvicina a me, mi fissa un secondo come sovrappensiero, poi solleva la mano e mi colpisce con un pugno. Dritto in faccia. “Questo è per il mio naso” borbotta. Sento il sangue colarmi pigro sul viso. Il soldato solleva di nuovo il braccio. Mi colpisce nuovamente, e questa volta sento le ossa del mio naso scricchiolare prima di rompersi. Sento il dolore esplodermi in volto mentre il sangue caldo mi finisce in gola, impedendomi il respiro: tossisco, annaspo, per un secondo mi sembra di svenire poi ricomincio a respirare. Il soldato ride. “Questo perché non mi va che tu mi dica cosa fare” mi informa. Mi colpisce ancora. “Questo perché mi ha veramente dato fastidio il tuo moralismo verso la morte della tua amichetta.” E ancora: “Questo perché per ordine del capo non posso ucciderti, e beh, mi da molto fastidio. E ne do la colpa a te.” ancora un colpo, spero sia l’ultimo o non riuscirò più a trattenere le grida di dolore che mi risalgono la gola: non voglio urlare, sento che divertirei soltanto questo mostro. “Questo perché è veramente divertente vedere il tuo sangue, devo dirlo.” Alza ancora una volta il braccio. “Di che segno sei?” gli chiedo. Lui si blocca, basito. “Dell’acqua” ringhia. “Cosa ti interessa?” “Anche Giada era del segno dell’acqua” sussurro. Lui sembra stupito, poi arrabbiato. Solleva ancora una volta il braccio. “Questo perché non sopporto chi tenta di farmi pentire dell’omicidio di quella insulsa ragazzina solo perché era del mio segno” ringhia. Serro gli occhi fortissimo, preparandomi al dolore. Che non arriva. Socchiudo gli occhi, l’uomo sembra fiutare qualcosa nell’aria. “Devo andare” sibila. “Ma tornerò presto, non dubitarne. Non ho ancora finito con te. Mi diverte la tua paura, molto. Ah, la prossima volta cerca di resistere un po’ di più, altrimenti sei quasi noiosa!” dopodiché se ne va portandosi via il cadavere, lasciandomi sola a riflettere col sangue che mi gocciola sul viso e un grandissimo dolore non solo dove sono stata colpita.
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Double
FantasyUna normale lezione. Una fuga disperata. Un'incantesimo sbagliato. Una misteriosa apparizione. È così che si incontrano Francesco, un normale ragazzo che frequenta il liceo, e Ljena e Santski, una maga e un Mutaforma, legati indissolubilmente, prove...