Allison si girava e rigirava tra le lenzuola.
Era notte inoltrata, e i ragazzi avevano preso la decisione di portarla in camera dell'Alpha e farla dormire sul suo letto.
Era inutile farla dormire sul divano, con il rischio che magari qualcuno, come Melissa, la vedesse. Inoltre non aveva nessun'altro posto in cui andare. O meglio, l'aveva, ma con il rischio di far prendere un'infarto a tutti coloro che l'avrebbero vista.Per ora avevano preso la decisione di non dire nulla a nessuno, e che l'avrebbero tenuta al sicuro, chiedendole informazioni al suo risveglio.
Ma, per ora, era più sicuro così: dovevano essere cauti e prudenti.«Mamma, tre chiamate il primo giorno mi sembra un po' esagerato.»
La voce soave risuonava all'interno della testa di Allison, gentile ma lo stesso tempo tesa.
Sapeva di essere al telefono con sua madre, e pensò a quanto dovesse aver sofferto per la sua morte, facendole desiderare di riabbracciarla molto presto.
Le sembrava di essere andata al cinema, come quando guardi curioso la vita del protagonista tramite dei flashback.
Solo che si trattava dei suoi ricordi e della sua vita.La mente vagava, girava e non aveva intenzione di fermarsi.
Il suo primo ricordo fu ancora quel primo giorno a Beacon Hills.
Riusciva a vedere un edificio grande e imponente davanti a lei. Ricordava di essere seduta su quella che di certo non si poteva definire panchina. E ricordò anche di aver un po' di timore nell'entrare: odiava iniziare in una nuova scuola, in una nuova città.
Purtroppo, però, era obbligata.
«Accidenti la penna.» disse, con la voce quasi disperata.
«Non mi dire che ho dimenticato la penna.»
Allison ricordò di aver cercato a lungo all'interno della sua borsa, ma era inutile.
L'aveva dimenticata.Ad un certo punto, alzando lo sguardo, notò una persona provenire verso di lei.
«Devo andare. Ti voglio bene.»
Le parole le uscirono quasi inconsciamente, per poi chiudere velocemente la chiamata.
Dopo aver messo il telefono in borsa, l'uomo di fronte a lei iniziò a parlare.
«Mi scusi per l'attesa.»
Ricordò di averle sorriso, ma non riuscì a vederlo in faccia. Il tutto intorno a lei era sfocato, perfino l'uomo. Era una sensazione sgradevole e confusa, ma era sempre meglio di niente.
Dopotutto lei voleva ricordare.
«Dunque, mi stava dicendo che non è cresciuta a San Francisco.» mormorò l'uomo, mentre entrambi stavano camminando verso l'edificio ormai non più visibile agli occhi della ragazza.
«No.» rispose, d'impulso.
«Io e la mia famiglia ci spostiamo continuamente.»
«Mi auguro che resterete a Beacon Hills per un po'.» aggiunse, infine, l'uomo.
Allison gli sorrise, per poi abbassare lo sguardo e guardarsi ciò che sembrava fossero le sue scarpe: voleva focalizzare un punto, per poi sperare di riuscire a captare qualche dettaglio importante intorno a se stessa.
Ma come alzò di nuovo la testa, la scena era cambiata.Ora si trovava all'interno di quella che doveva essere un'aula scolastica.
«Vi presento la nostra nuova studentessa Allison Argent.»
La voce dell'uomo le arrivò dritta al petto.
Riuscì a ricordare di essere un tantino tesa e impacciata, mentre continuava a girare sulle dita la sua sciarpa, cercando di non guardare negli occhi nessuno.
«Cercate di farla sentire a casa.» aggiunse l'uomo accanto a lei, interrompendola dai suoi pensieri.
Banchi, cattedra, lavagne e sedie fu tutto ciò che riuscì a mettere a fuoco, mentre la maggior parte delle cose e delle persone erano completamente bianche e inesistenti.
Tutti, tranne due, che riuscirono a catturare particolarmente la sua attenzione.
Erano due ragazzi: uno all'ultimo banco, verso l'estremità della finestra.
Ricordò che aveva i capelli molto corti, praticamente rasato, indifferente e sembrava molto annoiato. Gli ispirò subito simpatia, ma lo lasciò perdere poco dopo.
L'altro, invece, era una fila davanti a lui, spostato di più verso il centro.
Ricordò di non averlo visto bene, all'inizio, in faccia. Ma poi, quando velocemente aveva raggiunto il banco proprio dietro di lui, ricordò di averlo fissato interminabili secondi nelle sue grandi iridi marroni.
Lo sguardo era innocente, sembrava quasi un bambino: gli occhi grandi, la bocca semi aperta e i capelli ribelli e neri, che sembrava non sapesse come tenerli a posto. Per non parlare del senso di conforto che Allison riusciva a sentire semplicemente guardandolo.I due si continuarono a fissare, ma solo dopo la ragazza si accorse che il moro teneva in mano qualcosa di all'inizio non chiaro.
Man mano Allison riuscì a metterlo a fuoco, rendendosi conto dell'oggetto in questione.Una penna.
La mente iniziò ad esplodere, non riuscendo più a controllare quelle sensazioni di confusione e felicità che stava provando.
Tutto ad un tratto si sentì soffocare.
Sapeva che era arrivato il momento: aveva bisogno di svegliarsi, e al più presto.
Ma la curiosità la uccideva, perché lei voleva continuare. Voleva sapere.Purtroppo non ci riuscì.
L'ultima cosa che ricordò era il suo «Grazie» mormorato sinceramente e gentilmente.
Ricordò anche le mani che si sfiorarono in un tocco leggero e il suo sorriso. Quel bellissimo sorriso che per anni gli era mancato. E di cui ancora aveva bisogno.Poi ricordò un nome, pronunciato lentamente.
Un nome che, alla fine, la fece svegliare.Scott McCall.
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Argent || (What if) Scallison
FanficQualcuno è tornato. Qualcuno che non dovrebbe essere qui. Qualcuno che si dava per morto. Ma come è possibile? Come può una persona, morta sotto gli occhi dei suoi amici pochi anni prima, ripresentarsi come se nulla fosse? Eppure lei è qui. Propri...