2.

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Quando rinvenne, la prima cosa che fece fu di aprire gli occhi.

Che magnifica sensazione: finalmente non era più costretta a vedere solo buio e a sentire silenzio intorno a sé.

Si mise seduta e abbassò lo sguardo: era vestita con un maglione verde con cuori blu e una gonna. Poi si guardò le mani, quasi come se non le avesse mai viste prima di ora, e non poté credere ai suoi occhi di avere di nuovo il tatto, oltre a tutti gli altri sensi.
Iniziò a toccarsi i vestiti, e poi i capelli, corti e corvini, proprio come erano sempre piaciuti a lei. Si alzò, emozionata di essere tornata finalmente in possesso del suo corpo, e si mise a cercare subito uno specchio: dopo tutto questo tempo voleva assolutamente vedersi.

Ma proprio quando stava per sembrare tutto una benedizione divina, ecco che iniziò l'incubo. Guardandosi attorno, la ragazza riconobbe il posto come un ospedale, o per meglio dire, una camera mortuaria. Un luogo davvero silenzioso e lugubre.

«Allison»

La voce maschile sembrava lontana, fin troppo debole per sembrare reale. Eppure la ragazza si voltò nella direzione da cui pensava provenisse la voce.

«Allison io...non riesco a prendere il tuo dolore.»

Eccola di nuovo. La voce.
Questa volta più decisa, ma pur sempre debole. Come se fosse stanca.

La ragazza rimase ferma per qualche secondo.

Perché quella voce era così familiare? E anche quel posto, sebbene fosse sicura di non esserci mai stata, le era così comune.

Ma la domanda che la torturava di più era come quel ragazzo stanco e afflitto sapesse il suo nome.

E poi, perché stava piangendo?

«Allison no. Ti prego.»

La voce maschile era disperata, ma cercava comunque di essere forte, come se non volesse far vedere quanto realmente stesse male.

Allison decise di non farci caso.
Ora la sua attenzione era ricaduta su uno di quei frigoriferi mortuari per la conservazione dei cadaveri, semi aperta.

La ragazza si avvicinò lentamente e, appoggiando delicatamente la mano, aprì la piccola porticina: nessun cadavere.
In compenso, abbassandosi all'altezza della cella, vide un lungo tubo infinito.
Poi il nulla. Era completamente vuoto e buio. 

Allison rimase a fissare a lungo il corridoio.
Fino a quando, in modo molto impreciso, individuò un'ombra. Anzi, si corresse: era un ragazzo moro, che la fissava e cercava man mano di avvicinarsi a lei, ma con molta fatica.

Allison rimase lì. Ferma. Mentre il ragazzo continuava a ripetere il suo nome, disperato e cercando aiuto.
Lei, però, volle restare: dopotutto voleva aiutarlo ed era ancora più curiosa di sapere chi fosse.

Al decimo "Allison" però, l'intonazione iniziava a farsi più cattiva e crudele. Il ragazzo, nel mentre, si avvicinava sempre di più, a passo veloce e rapido, facendole quasi paura.

«Allison ascoltami!»

Il ragazzo iniziava a urlare, mentre la ragazza sentiva il suo battito cardiaco farsi sempre più accelerato.

Ma lei voleva sapere. Voleva capire chi fosse.

«SVEGLIATI ALLISON!» 

Il moro era vicinissimo ad Allison e, anche se la paura prese il sopravvento, per qualche secondo riuscì a vederlo da vicino.
Poi chiuse la piccola porta della cella e di colpo anche gli occhi.

Sentì il suo cuore fermarsi. Pensò di essere morta di nuovo.
E così credette, almeno fino a quando non aprì nuovamente gli occhi.

Argent || (What if) ScallisonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora