Minjeen riuscì a trovare un momento di respiro solo quasi a fine ricevimento. Lo schermo del cellulare, che aveva custodito in una piccola borsetta, mostrava una decina di chiamate perse da parte di Jiho.
Leggendo il suo nome sul display il viso di Minjeen avvampò, portandola a guardarsi intorno per vedere se qualcuno stava notando il suo rossore.
Lo richiamò allontanandosi dalla musica.
-Minjeen... scusa per le chiamate.- disse il ragazzo.
-T-tranquillo.- fece lei trattenendo un sospiro.
-Come sta andando la giornata?-
-Bene. Tutto sommato mi sto divertendo, Taeyoun è stata come fino a qualche minuto fa. Perciò tutto bene.-
-Quando c'è Taeyoun nei dintorni stai sempre bene.-
-Si... lei é la mia migliore amica. Però... anche quando ci sei tu, sto sempre bene. - ammise lei sorridendo.
-Scusa, cosa hai detto? Credo sia andata via la linea per un attimo.- disse lui. Si sentivano dei rumori di interferenza in sottofondo e la voce di Jiho andava e veniva.
-No niente. Non si sente bene.-
-Va bene, é una sfortuna se non sono potuto esserci al matrimonio di tuo fratello. -
-Non preoccuparti, sono contenta anche solo che tu mi abbia chiamata, non devi sentirti in colpa te l'ho detto... è una cosa che dovevi fare.-
-Lo so, ma mi dispiace lo stesso. Sei la mia ragazza dopo tutto.-
Sentirsi chiamare così per poco non le fece perdere l'equilibrio. Minjeen soleva passeggiare avanti e indietro mentre parlava al telefono ed ora si ritrovava aggrappata ad una colonna per non rischiare di inciampare.
-Minjeen? Ci sei?-
Jiho parlava sempre con una calma e una compostezza tipiche di lui. Non si capiva mai con quale tono di voce dicesse qualcosa né i sentimenti che provava nel dirle.
Ma si era chiaramente riferito a Minjeen come la propria ragazza e questo la fece sobbalzare.
-Sì, sì, sono qui.- lo rassicurò la ragazza ricomponendosi.
-È il mio turno. Devo andare. A dopo.-
-A dopo.- rispose lei.
Jiho non era tipo da salutare la propria ragazza con tenere frasi di circostanza o romanticherie, ma le prometteva sempre che si sarebbero sentiti più tardi. Era questo che dimostrava il suo affetto più di qualsiasi altra frase fatta: Jiho si sarebbe sempre preso cura di Minjeen stando ore ad ascoltare la sua voce al telefono, o semplicemente facendole capire quanto lui fosse sempre pronto per lei.
Minjeen sorrise fra sé.
Taeyoun sopraggiunse dietro di lei sorridendole e alzando un sopracciglio compiaciuta.
-Beh, non mi dici nulla? Era il tuo 'ragazzo'- chiese Youn punzecchiando l'amica.
-È inquietante se lo chiami così! È pur sempre il tuo ex vicino di casa.-
Youn si mise a ridere notando l'imbarazzo crescente dell'amica.
-Ma se dico il suo nome diventi rossa come un peperone!-
-Parla per te...'Jackson caro, mia ragione di vita, come farei senza di te'- scherzò Minjeen facendole il verso.
Sembravano due bambine che si prendevano in giro le proprie scarpe, solo che si trattava delle persone più importanti per loro anziché di indumenti, ma le modalità erano le stesse.
-Tra l'altro... dopo aver assistito ad un matrimonio... ti ha per caso fatto capire 'qualcosa'? State insieme o no?- chiese Minjeen riferendosi a Jackson.
-È un matrimonio mica un'illuminazione del Buddha... non mi ha detto proprio nulla del genere.- sospirò Youn.
-Che delusione. Sarebbe meglio se non fosse un idol.-
-Non vorrei che fosse nulla di più e nulla di meno di quel che è.- spiegò Youn con sguardo sognante.Quella sera gli invitati pernottarono una notte in albergo.
-Sicuro che non ci siano problemi con la casa discografica?- chiese Youn preoccupata.
Jackson annuì rassicurandola.
-Certo, domani mattina partiremo e sarò a Seoul in meno di tre ore.-
I due ragazzi erano saliti al proprio piano, le loro camere erano affiancate, ciò rasserenò Youn, preoccupata per Jackson.
Sembrava così stanco. Prima di andare al matrimonio aveva provato le coreografie tutta la mattina per poi prendere un treno all'ultimo secondo, raggiungendola a Busan.
-Jackson aspetta, credo ti avere ancora il tuo cellulare in borsa.- lo avvertì la ragazza prima che Jackson potesse entrare nella propria camera.
-Ah, sì. Vengo.- disse.
L'aveva tenuto Youn in borsa poiché a Jackson dava fastidio nelle tasche dei pantaloni.
Mente Youn rovistava nella borsetta, scostando tubetti di rossetto, portafoglio e altri oggetti utili in cerca del cellulare di Jackson, il ragazzo si sedette un momento sul letto per riposarsi.
Si stropicciò gli occhi assonnati e cerchiati da spesse occhiaie e quando Youn si girò con in mano il telefono vittoriosa, trovò un un Jackson addormentato sul proprio letto.
Vedeva il suo ventre alzarsi ed abbassarsi regolarmente, mentre alcuni ciuffi di capelli liberatisi dalla lacca gli ricadevano sulla fronte.
Aveva i capelli castani in quel periodo e forse gli donavano ancor più dei capelli biondi con cui l'aveva visto per la prima volta alla casa discografica.
Non aveva avuto molte occasioni per osservare così da vicino il ragazzo di cui si era innamorata così perdutamente, perciò ne approfittò sporgendosi sopra il viso bellissimo del ragazzo, scrutandone i lineamenti.
Aveva le mascelle grandi, ma delicatamente curvate verso le orecchie, gli zigomi alti e leggermente pronunciati, le labbra rosee con il labbro superiore leggermente più sporgente di quello inferiore.
Con in dito gli spostò con attenzione un ciuffo di capelli scoprendogli gli occhi chiusi.
Quando decise di doverla smettere con la sua meticolosa osservazione, una mano la bloccò afferrandole il braccio e tirandola verso il letto.
Taeyoun precipitò a pochi centimetri dalla faccia di Jackson che la guardava dritto negli occhi. I loro corpi aderivano perfettamente.
-Ma allora eri sveglio!-
-Scherzetto!- esclamò lui facendole la linguaccia.
Youn cercò di distaccarsi, ma qualcosa la teneva incatenata a quello sguardo magnetico.
Jackson l'aveva immobilizzata con chissà quale arcano potere e lei non riusciva a tenere più il controllo di nessuno dei suoi muscoli.
-Youn, se ritorni a Seoul... vorrei ci vedessimo di più. Potresti venirmi a vedere provare e ti offrirei il gelato.- spiegò il ragazzo.
Nel mentre lo diceva cinse con un braccio Youn.
-Vuoi?- chiese lei.
Lui annuì.
-Si.- disse semplicemente.
Lei abbassò lo sguardo non riuscendo a trattenersi dal sorridere.
-Perché ?- chiese lui.
-Perché cosa?-
-Perché ridi?-
-Niente. Perché sono contenta che tu dica questo.- rispose.
'Insomma baciami' pensò la ragazza, troppo timida per chiederglielo sul serio.
Ma lui non si mosse, forse temeva di infastidirla, perché ogni volta che si avvicinava a lei, diventava così rigida che temeva di mandarla in frantumi se l'avesse baciata all'improvviso.
-Mi stai schiacciando.- disse semplicemente.
Lei si tirò subito su.Leon, in chissà quale città della Corea del Sud, stava compiendo uno dei numerosi incarichi che i suoi superiori gli commissionavano.
Sapeva di essere il migliore sul campo, ma da quando conosceva Taeyoun, sua figlia, tutto era cambiato.
Ogni volta che, ai margini di un tetto, o in cima ad un grattacielo, si ritrovava col dito suo grilletto e l'occhio premuto contro il mirino, vedeva il viso della ragazza.
Vedeva le sue guance rosee e si chiedeva se fossero sempre state così rotonde anche da piccola, si chiedeva se le sue mani affusolate fossero state paffute un tempo, e se aveva sempre tenuto i capelli così lunghi.
Taeyoun era diventata un motivo sufficiente per esitare, laddove in precedenza non aveva mai esitato.
Individuare, mirare, sparare.
Fino ad allora aveva sempre fatto la stessa routine, concludendo la missione ripulendo le prove e le sue armi con cura.
'Sei un cecchino.' Si ripeteva.
'Un assassino'.
'Il mio lavoro è... uccidere'.
Ma queste frasi sembravano vane e vuote da quando Youn era rientrata nella sua vita.
Il terrore che un giorno avrebbe scoperto la sua occupazione e lo avrebbe giudicato, lo bloccava. La paura che qualche suo nemico avrebbe scoperto la loro parentela e l'avrebbe usata per danneggiarlo. Erano tutti motivi sufficienti per farlo esitare. E troppo spesso esitare voleva dire fallire la missione.
'Soltanto uno' si riprometteva. Ne avrebbe ucciso soltanto un altro, e questa era l'unica promessa che lo faceva sparare, ma che allo stesso tempo non poteva promettere.
Il giorno in cui aveva scoperto di avere una figlia, il mondo era improvvisamente cambiato. Era come se gli fosse piombato addosso e fosse rinato da esso. Ora aveva una prospettiva molto più ampia, vedeva molte più cose in quadro più completo, sembrava come, nel momento in cui spostava l'occhio dal mirino alla realtà, si ritrovava in un mondo infinito, pieno di tantissimi altri dettagli confusi, dove l'obiettivo non era più l'unica cosa a incuriosirlo.
L'obiettivo di quella sera era una misteriosa figura femminile. Il suo nome in codice era Lucy, era la vedova di un mafioso coreano che le aveva lasciato in eredità praticamente tutti i propri traffici illegali e le sue ricchezze. Adesso era lei a gestire ogni cosa, quindi la famiglia di lui aveva ingaggiato Leon per potersi riprendere il proprio monopolio sulla zona.
Ma quando finalmente la donna gli fu a tiro, qualcosa gli fece tremare la mano e il colpo la mancò di striscio, sfiorandole la nuca e facendole ricadere una lunga chioma corvina dallo chignon.
La donna allarmata venne circondata dalle guardie del corpo. Leon aveva fallito. Uccidere era sempre stato così facile per lui, ma mai così difficile come in quel momento.
Ciò che lo aveva distratto era stata una piccola bambina che la donna teneva per mano.
Sapere della parentela delle sue 'missioni' non gli era mai interessato, ma ora era tutto diverso.
Fallire una missione, come membro di 'loro', significava dover chiedere un perdono non proprio facile da ottenere.Vi presento l'aspetto del padre di Youn. Ho sempre sognato di usare lui come personaggio 😍
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My Declared Love [Jackson Wang]
FanfictionATTENZIONE: Questa storia è il seguito di MUL [Jackson Wang] leggete prima MUL se non lo avete ancora fatto! Continuano le vicende che legano Taeyoun a Jackson... il Mae la sta cercando, suo padre è di nuovo sparito e un uomo misterioso di nome Nir...