~Capitolo ventitre~

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Jiho si fermò. Sentiva il respiro di Minjeen sulla propria pelle ed era così caldo e soave.
Senza pensarci aveva cominciato a sbottonarle la camicia e ora sotto di lui, poteva intravedere il reggiseno della ragazza.
-Aspetta.- mormorò Jiho raddrizzandosi.
Lei lo imitò mettendosi seduta.
-C-c'è qualche problema?- balbettò Min guardandosi la camicia aperta come per cercare qualcosa che non andava in lei.
-No è solo che... ero sconvolto è spaventato... ho temuto davvero di perderti...-
-Quindi?- lo guardò interrogativa.
-Min.- la guardò dritta negli occhi.
-Voglio davvero farlo con te. Ma non voglio farlo per sfogarmi o altro. Voglio trattarti con ogni riguardo.-
-Jiho... a me va bene così. Davvero...- cercò di spiegare.
Jiho le sorrise. Uno di quei suoi sorrisi fugaci e dolcissimi che lo illuminavano per un istante.
-La prossima volta ti renderò felice te lo prometto.-
-Jiho!- esclamò lei e lo abbracciò.
-Ti amo.- le sussurrò all'orecchio il ragazzo.

Dopo aver dormito per giorni, Jackson si riprese. Non si sentiva ancora pronto per alzarsi dal letto, eppure sentiva un gran bisogno di andar via da quella stanza di ospedale.
Non c'era nessuno con lui quando aprì gli occhi, ma intuiva dai mazzi di fiori sul comodino e il cestino pieno di bicchieri di caffè e di bibite in lattina che aveva ricevuto numerose visite.
Per tutto il tempo in cui aveva dormito gli era sembrato di sentire la voce di Youn che gli parlava, ma non ricordava assolutamente che cosa gli avesse detto.
Si girò intorno ispezionando l'ambiente.
C'era solo lui e un ragazzo appena entrato.
-Tu? Che ci fai qui?-
-Stai calmo, non sono qui per farti del male.- rispose il ragazzo.
-Stammi lontano.- gli ordinò Jackson.
L'altro sorrise.
-Voglio solo parlarti.-
-Che vuoi?-
-Voglio avvertirti.-
Hyungjae si avvicinò sedendosi sulla sedia accanto al letto.
-Il mio capo ti vuole morto. Cerca di non apparire in pubblico se puoi, nasconditi, non farti vedere e stai lontano da Taeyoun. Così vivrai.-
-Allora siete stati voi a...farmi questo!- disse toccandosi la spalla fasciata.
-Sta lontano da lei.- ripeté Hyungjae. Detto questo si alzò.
-Non posso.- ribatté Jackson.
-Come scusa?-
-Non posso starle lontano. Mi è difficile farlo anche solo per un attimo.-
Hyungjae lo guardò con attenzione.
-Allora morirai.- affermò Jae con durezza.
Jackson rise.
-Lo sanno tutti no? A volte l'amore uccide.-

Hong Kong non era mai stata così grande, così luminosa e solenne agli occhi di Youn, come in quel momento.
La ragazza spalancò gli occhi meravigliata nel momento in cui riconobbe la città in cui aveva vissuto la sua infanzia.
Aveva quasi dimenticato l' immensità dello skyline, e la luce del sole che accecante si rifletteva sui vetri dei grattacieli. Hong Kong calda, movimentata, piena di rumori e di suoni diversi che ricordavano a Youn un non so che di familiare, come se fosse finalmente tornata a casa solo in quel momento.
Durante il viaggio, la ragazza aveva rispolverato il suo cinese un po' arrugginito, preparandosi ad incontrare la famiglia.
Suo nonno materno non parlava per nulla il coreano, cosa che gli rendeva difficile interloquire con Taehyung, il fratello minore di Youn, il quale conosceva solo il coreano, e solo qualche piccola parola cinese.
Il bambino, non appena vide la sorella, le si buttò addosso con le braccia spalancate.
-Sorellona!-
Taeyoun tenne stretto il piccolo a sé.
-Taetae mi sei mancato così tanto!- gli disse riempiendolo di baci.
-Adesso sono grande! Non baciarmi così tanto!-
-Ah si? Allora vediamo se soffri ancora il solletico!- esclamò la ragazza e il bambino corse via ridendo.
-No ti prego!-
La mamma fermò Youn sulla porta.
L'abbracciò senza dire nulla, singhiozzando silenziosamente.
Dietro di lei comparve anche il nonno col suo sorriso quasi del tutto sdentato e con in braccio un piccolo neonato, che quasi spariva in mezzo alle enormi braccia dell'uomo.
-Youn sei cresciuta tantissimo!- la salutò il nonno in cinese.
Lei lo abbracciò, non l'ho vedeva così tanto, e vederlo così invecchiato, con le
rughe un po' più profonde e i capelli ancora più bianchi, le fece un po' male.
Per la prima volta potè vedere il faccino paffuto di Minho, il suo nuovo fratellino.
Taeyoun si riposò in quella che era stata la camera in cui dormiva con la mamma da bambina. Quella piccola e modesta casa era completamente diversa da quella dei nonni paterni in Corea.
Era piccola, umida e con il soffitto un po' troppo basso, eppure sembrava così bella agli occhi nostalgici di Taeyoun.
C'era ancora la lampada che Taeyoun usava per fare i compiti la sera, il vaso che aveva scheggiato giocando a palla in casa, il graffio sulla porta di quando aveva sbattuto con il triciclo. Nel cassetto della piccola cucina c'erano ancora i cucchiaini da gelato con i manici colorati che Youn usava per giocare con le bambole.
In un angolo del soggiorno, dietro un paravento con alcune rondini rossastre, era stato sistemato un piccolo altare con la foto della nonna.
Ad ogni costo Taeyoun avrebbe parlato alla madre del suo passato. Più di ogni altra cosa voleva sapere la storia dal punto di vista della donna che l'aveva cresciuta con amore. Davvero era scappata abbandonando la sua migliore amica?
La guardava preparare la cena con cura e dedizione, la sua mamma, così snella e longilinea, i capelli raccolti da una bacchetta e lo sguardo concentrato sulle verdure che stava tagliando: era una visione così bella e serena.
Ma poi le immagini di Chohee che moriva, del Mae infuriato, di suo padre costretto a far parte delle lanterne, la sommergevano di dubbi.
Il cuore cominciava a batterle fortissimo e lo sconforta l'assaliva.
-Mamma...-
-Dimmi tesoro?-
Conosceva quel viso a memoria, ma nonostante questo sembrava non sapesse proprio nulla di sua madre.
-Mamma tu e mio padre... vi siete conosciuti all'università vero?-
La mamma aggrottò la fronte.
-Perchè me lo chiedi, cara?-
-Perché sono curiosa di saperlo. Vorrei che mi raccontassi di lui, anzi. Vorrei che mi dicessi se lo amavi e perché.-
-Youn... io non credo che questo sia importante oramai. È passato così tanto tempo...- rispose eludendo la domanda e riprese a tagliare le verdure.
-Mamma... perché hai lasciato papà?-
La mamma si fermò nuovamente, questa volta sembrava essersi innervosita.
-Io non ho lasciato tuo padre. Ora basta con queste domande.-
-Mamma... perché non vuoi rispondermi? Se non l'hai lasciato tu allora perché vi siete separati?-
-Taeyoun, lascia perdere. Perché non vai dal nonno adesso?-
-Voglio sapere. Perché papà non è venuto con te? Perché hai deciso di crescermi da sola?-
-Adesso basta Taeyoun.-
-So che non vuoi rispondermi, però io... ho bisogno di sapere. Perché non ho potuto avere mio padre accanto?-
Fei la fulminò con lo sguardo.
-Va via adesso.-
-Non posso mamma.-
-Vattene!- le gridò.
Taeyoun ammutolì. Si sentì il cuore lacerarsi in due.
La mamma piangeva.
Taeyoun capì di aver oltrepassato un limite invalicabile. Si guardò intorno. La casa in cui era cresciuta, la famiglia a cui aveva voluto bene, le sembravano tutte cose fasulle.
Le parve di aver vissuto una vita in mezzo a mille maschere.
Persino Taehyung non le sembrava più suo fratello.
Per un attimo, non sapeva nemmeno lei quanto lungo, si sentiva esclusa e diversa.
Se non fosse nata, se non ci fosse stata lei, niente di tutto ciò sarebbe mai accaduto.
Lasciò sul tavolo il piccolo ritaglio di giornale che ritraeva Chohee e se ne andò dalla cucina.
Sentì la madre singhiozzare e le si strinse il cuore.

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