~Capitolo ventotto~ speciale

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*attenzione* capitolo con temi piuttosto forti, a mio parere.

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Choi Jiwoon sedeva a gambe incrociate sul pavimento del salotto con la sua piccola sorellina in grembo.
-Avanti Jiyun! Fammi fare i compiti.-
La piccola di rifiutava ridendo e a quel sorriso, incorniciato da due guance paffute, Jiwoon non sapeva dire di no.
-Va bene finirò dopo.-
-Evviva!- esclamò la piccola che già cominciava ad arrampicarsi sulle spalle del fratello.
-Ehi piano, piccola scimmietta mi tiri i capelli.- protestò il ragazzo facendole il solletico.
Jiyun era una bambina instancabile, aveva sempre voglia di giocare e a stento riuscivano a farla addormentare la sera. Sembrava anche molto sveglia e intelligente per avere sei anni, e suo fratello maggiore l'adorava.
-Sono una scimmia!- diceva la piccola saltellando per casa e facendo il verso dell'animale in questione.
-E io che animale sono allora?- chiese il fratello assecondandola pazientemente.
-Un leone!- rispose lei.
-Sono un leone? Allora...-
-Adesso ti mangio!- concluse Jiwoon inseguendo la sorellina per farle il solletico.
In quel momento la porta di casa si aprì lentamente.
Il padre entrò in casa, fradicio, che si trascinava dietro un ombrello disfatto e inutilizzabile.
-Papá papà!- esclamò la bambina trotterellandogli incontro.
L'uomo le diede una leggera pacca sulla testa senza degnarla di uno sguardo.
-Caro... che succede?- intervenne la madre di Jiyun curandosi di richiudere la porta di ingresso che il marito aveva lasciato aperta.
-Non porto buone notizie...-
-Come?-
L'uomo guardò la donna che era diventata sua moglie e che gli aveva dato due figli con tristezza.
-Sono stato licenziato.-
La donna trasalì.
-Ma come...non può essere.-
-Ma é così.- l'uomo sembrava essersi innervosito improvvisamente.
Aveva i pugni serrati lungo i fianchi e l'espressione del suo viso sembrava essersi pietrificata.
Jiwoon, la cui sorella gli si stringeva accanto, guardò il padre con preoccupazione.
Il giorno dopo il ragazzo, quindicenne e senza alcuna esperienza lavorativa, si prodigò per trovare un lavoro cosicché da poter aiutare la famiglia.
Ma il compito si rivelò molto più difficile di quanto credesse.
Vivevano in un piccolo paese, che non aveva molte possibilità. Sembrava che nessuno cercasse nè un commesso nè un cameriere emergente. Così per ben cinque giorni Jiwoon tornò a casa a mani vuote.
-Jiwoon, potresti darmi una mano in casa al posto di tornare sempre così tardi. - lo rimproverò la madre.
Ma il ragazzo non trovò il coraggio di obiettare vedendo quanto la madre stesse soffrendo in quel periodo.
Passarono le settimane, Jiwoon spese ogni singolo pomeriggio per cercare lavoro. Smise completamente di dedicarsi alla scuola così i suoi voti lentamente calarono.
-Jiwoon, potresti almeno impegnarti a scuola. Sei una delusione.- fu il nuovo rimprovero della madre sempre più spossata e stanca.
Jiwoon non disse nulla, anzi cercò di impegnarsi ancora di più, voleva fare una sorpresa ai suoi genitori, portando loro il primo stipendio.
Smise di dormire e di mangiare, perché non riusciva più a trovare il tempo di andare a scuola e di cercare lavoro, eppure continuò a giocare con la sorellina.
Le settimane si trasformarono in mesi e l'attesa di un nuovo lavoro sembrava sempre più lunga e sfinente.
La famiglia dovette vendere l'auto e alcuni oggetti della loro casa per poter continuare a vivere. Ma sapevano che da un giorno all'altro non ce l'avrebbero più fatta.
Una sera il padre prese da parte la propria moglie e prendendole le mani tra le sue le confessò di avere molti debiti da saldare e che non sarebbero mai riusciti a sopravvivere se non avessero venduto la casa.
Jiwoon aveva ascoltato di nascondo ed ora si sentiva sempre più inutile e distrutto.
Finalmente però Jiwoon ebbe un'offerta di lavoro.
Non troppo lontano da casa avevano aperto una nuova panetteria e necessitava di personale.
Stranamente il proprietario non fece alcuna obiezione riguardo alla giovane età del ragazzo, anzi fu subito felice di accoglierlo tra i suoi dipendenti.
Jiwoon cominciò a lavorare e a guadagnare.
Ai genitori sembrò strana la somma che riusciva a portare a casa semplicemente lavorando come aiutante di un panettiere. Ma erano felici di poter finalmente vedere una luce nella loro sfortuna e così non se ne curarono.
Sempre più sovente il ragazzo portava una somma di denaro più sostanziosa rispetto alla norma.
-Figliolo, siamo orgogliosi di te continua così.-
Le frasi che gli venivano rivolte erano ora piene di complimenti e di stima.
A nessuno importava se Jiwoon aveva smesso di andare a scuola.
Una sua compagna di classe e amica cercò di convincerlo a tornare a scuola, ma il ragazzo proprio non voleva saperne.
-Eunji, ti ho già detto che non posso. Ti prego non cercarmi più.- la pregò.
-Non fare così, so che vuoi tornare a scuola Jiwoon. È importante che tu lo faccia o non potrai mai entrare in una buona università.-
-Ti ringrazio, ti preoccupi sempre per me. Ci penserò.-
Solo così dicendo la ragazza si tranquillizzava.
Ma Jiwoon non tornò più a scuola.
Eunji non smise di fargli visita per convincerlo ma ad ogni visita il ragazzo le appariva un po' meno il Jiwoon gentile e pacato di cui si era segretamente innamorata.
Più insisteva più lui la respingeva sempre più duramente.
-Quante volte devo ripetertelo? Non ci torno a scuola! Vattene!- le gridò il ragazzo.
La ragazza si permise di piangere solo dopo essersi allontanata a sufficienza.
Forse stava esagerando a chiedergli in modo così insistente e ossessivo di tornare a scuola. Ma era così preoccupata per lui. Jiwoon non era più lo stesso da quando lavorava in quella panetteria.
Passarono così tanti mesi i quali si trasformarono in anni, ormai Eunji si era arresa all'idea che il suo Jiwoon tornasse a scuola.
Ogni volta che lo incontrava le sembrava sempre più triste e freddo, come una statua inespressiva di marmo.
Era rimasta l'unica a prendersi cura di lui, ma sembrava che a lui non importasse. Lui non vedeva più nulla.
Che cosa gli stava succedendo?
-Jiwoon-si, ti ho portato delle mele. Fanno bene! -
-Jiwoon, ti ho cucito una sciarpa, ti terrà caldo.-
Non si arrese nemmeno per un giorno all'idea di poterlo salvare da quella situazione.
Una mattina, uscendo dalla panetteria dopo aver comprato del pane in più solo per poterlo vedere, sentì che il suo capo gli diceva una frase che le fece accapponare la pelle.
-Che ragazza deliziosa. Viene spesso a trovarti.-
Jiwoon non rispose, ed Eunji vide di sottecchi l'espressione addolorata del ragazzo.
Qualcosa le disse che era per colpa del panettiere che Jiwoon era cambiato.
Quindi si fece assumere come commessa della panetteria. Per poter indagare più a fondo.
Ormai le scuole erano finite e poteva avere un lavoro estivo.
Ogni sera dopo la chiusura, Eunji veniva mandata via, mentre Jiwoon si tratteneva alla panetteria.
La ragazza non riusciva a capirne il motivo.
Le sue amiche erano preoccupate per lei, ma lei era la ragazza più testarda di tutta la Corea. Era insistente, invadente ed eccessivamente allegra, ma allo stesso tempo era leale e altruista.
Cercò di convincere Jiwoon a licenziarsi, in tutti i modi, ma vedendo quanto questo tentativo fosse inutile, provò a parlare anche con il panettiere.
-Non licenzio i miei dipendenti senza motivo. - rideva l'uomo.
-Frena la tua lingua ragazzina se non vuoi che finisca male.-
Nonostante i tentativi di Eunji, non cambiò nulla. Le rare parole che si scambiavano lei è Jiwoon cessarono completamente. Ogni tipo di speranza di salvarlo svanì.
Il solo domandarsi cosa facesse Jiwoon dopo la chiusura del negozio insieme al proprietario, le
Faceva venire i brividi.
Pensare a Jiwoon la faceva soffrire, le veniva da piangere per la maggior parte del tempo. Non riuscì a trovare la dovuta attenzione nemmeno dai genitori del ragazzo.
Erano delle persone noncuranti a cui non importava nulla se il proprio figlio fosse diventato un vegetale, una statua di piombo, schiacciata da chissà quale segreto.
-Non so ancora come, ma riuscirò a portarlo via di qui. Fosse l'ultima cosa che faccio.-
-È una minaccia ragazzina? Non ti impicciare. Voi donne siete esseri disgustosi e maligni.-
La voce di quell'uomo le gelava il sangue nelle vene.
La ragazza tentò in tutti i modi di far chiudere la panetteria e si fece licenziare provandoci.
Ma nessuno poteva aiutare Jiwoon. Qualcosa in lui si era irrimediabilmente frantumato.

Eunji sarebbe ben presto diventata un'enorme scocciatura, e per il proprietario della panetteria le scocciature dovevano essere eliminate.
Fu per questo che una sera, tornando a casa con le cuffie delle orecchie, qualcuno la colpì con forza. E tutto il mondo divenne buio

Eunji si risvegliò legata ad un tavolo di legno. Sentiva un dolore lancinante alle tempie e qualcosa stringere forte i suoi polsi.
Non poteva muoversi se non scuotendosi.
Intorno a lei non vedeva altro che buio.
Si lecco le labbra secche sentendo un sapore familiare: farina.
Passarono le ore nel completo silenzio.
Jiwoon entrò nella stanza accendendo una luce che ondeggiava dal soffitto e proiettava una debole luce sul corpo disteso della ragazza.
-Ji-Jiwoon... dove sono?- chiese la ragazza piangendo.
Lui non rispose mentre la guardava paonazzo in viso.
-Ho freddo.- continuò la ragazza rabbrividendo.
Era vestita solo della sua biancheria intima.
La pelle della ragazza si era irrigidita per il freddo.
Jiwoon venne superato dal proprietario.
-Eccoci qui dunque.- disse l'uomo sogghignando.
-Perché sono qui? Cosa vuoi da me?- si lamentò la ragazza alzando la voce.
-Non ti dimenare così come un animale in gabbia. Facciamo subito.-
-C-cosa? Jiwoon aiutami. Liberami.-
Il ragazzo continuava a fissarla senza fare nulla.
-È un peccato.- parlò il panettiere prendendo un matterello dal cassetto.
-Se mi piacessero le donne ne avrei di certo approfittato.-
Eunji trasalì.
Guardò il viso spaventato, pallido e sudato di Jiwoon e in un momento capì tutto.
-Vuoi iniziare tu?- chiese l'uomo porgendo il matterello al ragazzo.
Il ragazzo scosse la testa abbassando lo sguardo e tentando di fare un passo indietro.
-Per oggi guarderai allora.-
L'uomo sembrò sfiorare il braccio del ragazzo con la spalla mentre si rigirava tra le mani il matterello e con disinvoltura fischiettava soddisfatto.
Jiwoon fissava il vuoto anche se la ragazza di fronte a lui cercò disperatamente un contatto visivo, un aiuto, un gesto che la potesse salvare.
Jiwoon guardava un punto lontano della sua mente in cui vedeva la sua amata sorellina Jiyun a cui stava insegnando ad andare sullo skateboard. La reggeva tenendola per le piccole mani, mentre sentiva la sua risata.
-Mi sto divertendo Jiwoon grazie!- esclamò la piccola stringendolo forte.
Qualcuno aveva scattato loro una foto. Era la mamma? No non era lei.
Eun... Eunji.

Jiwoon non tornò mai più ad essere quel ragazzo. Aveva creduto di essere buono, poiché solo per un ragazzo buono e gentile una bimba così tenera poteva provare quell'affetto fraterno senza eguali.
Tuttavia, Ad ogni colpo che gli risuonava in testa, qualcosa in lui defluiva via. Un ricordo, un'emozione, una speranza.
Non poteva scappare.

Tum tum tum.

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