~Capitolo quarantacinque~

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Jiho era rimasto solo. Si guardò i palmi delle mani aperte, inermi, sentendosi l'uomo più solo della terra. Minjeen se ne era andata, ed ora Seoul era diventata una città spenta per lui. Non riusciva nè a piangere nè a sentirsi arrabbiato, in fondo cos'aveva fatto per lei per avere il diritto di chiederle di restare e di rinunciare alla protezione della sua famiglia?

Era solo riuscito a mettere nei guai la ragazza, fin da quando l'aveva baciata in quello che un tempo era stato il suo appartamento, quello che condivideva con sua madre e suo padre.

Jiho strinse i denti ripensando alla morte della madre e al padre, che lo aveva deluso così tanto da non riuscire a pensare a lui con affetto.

Ma come poteva biasimarlo proprio lui? Lui che non era riuscito ad accantonare la vendetta e che aveva continuato a lavorare per un'organizzazione criminale.

La mafia coreana era stata come una specie di nuova famiglia, non pi marcia di quella in cui era nato, perciò alla fine la considerava la sua unica risposta.

Lui non era un bravo ragazzo, un ragazzo qualsiasi, come ne camminavano a centinaia per Seoul. Era il frutto di una strada sbagliata che aveva tuttavia abbracciato, forse perché non ne vedeva altre.

Quando Minjeen aveva lasciato la città, Jiho, al verde e spaventato dall'idea di poter condurre i guai nuovamente da lei, era rimasto in possesso di una sola cosa: il desiderio di vendicarsi di Zero.

Per cui gli sembrò essere l'unica risposta plausibile, non gli rimaneva nient'altro.

Inforcò un paio di occhiali da sole e uscì di casa. Ricordava la strada a stento, ma aiutato dalla carta geografica che aveva sul telefono, riuscì ad individuare l'appartamento di Niro.

Dove era stato portato ferito e dove era stato medicato giorni prima.

Niro gli aprì la porta mezzo addormentato. Era l'una del pomeriggio, eppure Niro stava ancora sonnecchiando.

Gli occhi mezzi chiusi e i capelli verde acido spettinati, Niro sembrava uscito da un frullatore.

Si sfregò gli occhi con le mani cercando di mettere a fuoco il ragazzo che aveva davanti.

-Chi diavolo sei?-

-Sono Woo Jiho. Posso entrare?-

-Non so chi cazzo sei.- rispose l'altro richiudendo la porta.

Ci vollero parecchi minuti prima che Niro ricordasse di Jiho.

-Ma cosa ti dice il cervello? Che ci fai qui?- lo accolse Niro.

-Non pensavo che la gente dorme ancora a quest'ora... mi dispiace.-

-Beh, potevi almeno portarmi un hamburger visto che è ora di pranzo.- suggerì Niro.

-Non sono qui per un pranzo di cortesia...-

-Guarda che non eri incluso nell'invito.-

Jiho lo guardò con un sopracciglio alzato, cercando di capire se Niro era solo sarcastico o era davvero uno stronzo.

-Guarda che scherzo.- riferì Niro per ammonirlo.

-O forse no...- aggiunse ridendo.

-Senti, ti devo parlare. È urgente.-

-Fremo dalla voglia.- commentò Niro addentando una fetta di pizza avanzata che trovò sulla cucina.

-Riguardo Taeyoun e anche Jiyun!-

-Ma non mi dire...-

-Ascoltami! Sono intenzionato a salvarle. Possiamo aiutarci a vicenda e trarne vantaggio entrambi.- Jiho sembrava quasi disperato.

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