Capitolo 2.

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Mi pulsava la testa, mentre un sapore acre di vomito era sulla mia lingua. Percepivo il sudore freddo sull'attaccatura della nuca e una pesantezza al petto.

Aprii con lentezza gli occhi, sollevando le palpebre e sbattendole più volte, eliminando la secchezza dei bulbi. Respirai con la bocca, l'aria di quella stanza che sicuramente non mi apparteneva. Non ricordavo nulla, assolutamente nulla della sera prima.

Una mia mano strofinava le federe dei cuscini, mentre lentamente mi portavo a sedere e mi abituavo ai raggi solari forti, che colpivano il mio viso. Era probabilmente tarda mattina, avevo dormito parecchio. 

''Buongiorno, bell'addormentato'' sobbalzai spalancando gli occhi tutto assieme, procurandomi un mal di testa pungente.

''D-dove sono?'' Balbettai, toccandomi il petto privo di maglia, mentre lui era dinanzi a me, seduto ai piedi del letto. Ricci, ricci a cascata cadevano sulle spalle e attorno al viso, occhi verdi, labbra del colore dei petali secchi delle rose.

''Sei in albergo'' rispose semplicemente, sorridendo sornione.

''Non ricordo nulla..'' soffiai lentamente, accigliandomi subito dopo.

''Perchè diamine non ricordo nulla?'' Domandai, prestando attenzione al suo petto scoperto e alle clavicole sporgenti.

''Perchè ti ho drogato'' disse, lo disse con una semplicità ed una tranquillità disarmante. Lo disse come se avesse preannunciato un temporale, un 'sta piovendo' oppure 'fammi un caffè'. Questo bellissimo uomo, mi aveva drogato, ed io non ricordavo nulla.

''Puoi ripetere?'' Chiesi, rotolando lateralmente, poggiando i piedi sul pavimento, una moquette paragonabile ad una nuvola.

''Non potevi più restare a New York, Louis, ti stavano osservando'' disse, raggiungendomi e poggiando le mani sui suoi fianchi, intimidendomi. I muscoli erano flessi sotto la sua pelle candida, macchiata da turbine d'inchiostro nero.

''Come-come sai il mio-''

''-Io so tutto di te, perchè il mio compito è quello di proteggerti e di aiutarti'' si calò per pochi istanti verso il basso, porgendomi una maglietta, la quale afferrai titubante.

''Penso che ci sia un errore, non ti conosco'' alzai per poco gli occhi su di lui, da sotto le ciglia, mentre infilavo la maglia e mi scompigliavo i capelli. Non mi sentivo impaurito, era intimidatorio, si, ma non avevo paura.

''Mi hai conosciuto, nel tuo sogno'' affermò spingendomi una mano alla base della schiena, trascinandomi fuori dalla stanza. Strabuzzai gli occhi, lasciandomi trasportare.

''Quale sogno?'' Iniziavo ad essere particolarmente confuso, mentre un forte senso di vomito mi colpì in pieno. Non appena la porta del bagno venne spalancata, caddi in ginocchio dinanzi il water, rigettando l'anima.

''Quello che hai fatto prima di arrivare al bar'' rispose.

Respirai forte, pulendomi le labbra con un palmo della mano.

''Io non- non ricordo nulla di ieri..però il mio vuoto inizia da circa metà giornata? Insomma, sono stato licenziato giusto? E poi? Dovevo andare al bar, è lì che-'' mi bloccai, tirando l'aria tra i denti, inspirando. Immagini confuse mi arrivarono a cascata ed è lì, che iniziai a ricordare.

''Io ho parlato con Zayn, l'ho salutato e poi ci siamo conosciuti-tu..io- noi dovevamo tipo incontrarci? Non-''

''-Sai che in quel bar non ci sei mai entrato? Sono riuscito a stordirti fuori casa tua occhi blu, non hai molta forza in quelle braccine'' fece un sorriso sghembo, poggiando la parte di dietro delle cosce contro i bordi della vasca. Mi guardai le braccia abbastanza robuste, arrossendo poi di colpo.

Lost Boy.|| Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora