Capitolo 33.

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QUATTRO SETTIMANE DOPO.

''Allora, come stiamo oggi?'' Il solito dottore entrò nella mia stanza, ed io molto più agile riuscii a sollevarmi, sedendomi con la schiena poggiata contro un cuscino. Gli strinsi la mano, e mi aggiustai i capelli con la frangia lateralmente. Non li tagliavo da troppo tempo, e non uscivo da qui da un mese e passa. 

''Molto meglio di ieri'' e l'uomo sorrise, guardando la mia scheda medica. Staccò la penna dal suo camice e scribacchiò qualcosa su di essa. Poi mi osservò. ''Mi farete uscire da qui dentro?'' Domandai, mentre un'infermiera mi porgeva una tazza di caffè ed io la ringraziai con il sorriso più felice e sereno del mondo. 

''Si Tomlinson, oggi uscirai di qui'' disse il Dottore, ed io tentai di trattenere le grida da dietro la tazza ed il fumo. ''Però ci dovrà essere sempre qualcuno con te'' continuò, riposando al suo posto la penna e mettendosi la scheda medica sotto il braccio. I suoi occhi neri mi osservavano dagli occhiali spessi, e mi sentii lievemente in soggezione.

''Mi- vuole dirmi qualcosa?'' Chiesi, battendo le palpebre dolcemente. A pensarci bene, sentivo i miei arti ancora leggermente pesanti, ma perlomeno riuscivo a parlare senza prendere un respiro profondo ogni due secondi. 

''Il riccio, non è qui?'' Chiese guardandosi attorno, ed io osservai la sedia vuota, sentendo un principio d'ansia accrescere all'altezza del mio stomaco, mentre il vento mi scompigliava i capelli e smuoveva i fiori nel vaso.

Quei fiori.

Quei fiori che Harry mi aveva portato una settimana fa, l'ultima volta che lo vidi, e non sembrava felice, non leggevo alcuna espressione sul suo viso, come i primi giorni che trascorsi con lui. Harry era tormentato da qualcosa, ma non capivo cosa. Avevo la paura tremenda che gli fosse successo qualcosa, perchè nessuno me ne parlava, nessuno rispondeva alle mie domande.

Ed i petali cadevano sempre più velocemente sul mobile di legno, dove una nostra foto era appoggiata.

''Allora?'' Domandò ancora il Dottore, ed io saltai sul posto, staccando per pochi secondi gli occhi da quella foto. ''Hai perso la lingua?''

''No- non lo vedo da un po' anch'io'' ammisi, stringendo le labbra in una linea dura, mentre il camice mi solleticava la pelle non scaldata dal suo corpo da troppo tempo, da un'infinità di attimi che non riuscivo più a controllare. 

Il mio desiderio di lui era incontrollabile, mi mancava Harry e lo aspettavo come un bambino aspetta la vigilia di Natale.

''Magari ora che si è assicurato che tu stai bene si è preso qualche giorno di riposo, non credi?'' 

''Magari, si'' abbassai il capi verso il basso, osservando i miei piedi ondeggiare nell'aria, mentre il peso aggravava alle mie spalle.

C'era qualcosa che non andava.

''Hum- tra poco arriva Niall, torno a casa con lui'' dissi, mentre l'uomo continuava a fissarmi dall'alto.

''Certo, ti faccio portare una sedia a rotelle così non ti affatichi troppo'' rispose, ed io sbuffai una risatina alzando gli occhi verso l'alto, ma quando la sua espressione non cambiò, mi preoccupai.

''E'- è serio?''

''Certo, il tuo corpo è stato fermo per troppo tempo, fare le cose alla svelta è rischioso''

''E' proprio necessario?'' Aggrottai le sopracciglia disperatamente, mentre osservavo la ragazza spingere la sedia nella stanza. 

''Si, è necessario- vitale!'' Esclamò, ed io fissai l'oggetto con una strana ansia ed angoscia. Non mi piaceva, mi metteva a disagio con quelle ruote enormi. ''Ora aspetta l'arrivo del tuo amico, così te ne andrai da questo posto'' 

Lost Boy.|| Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora